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| “Marx and Heine on a Walk” painting by Alisa Poret, USSR, 1960 |
«La religione è il sospiro della creatura oppressa, il sentimento di un mondo senza cuore» – Marx scrive questa frase nel 1843, in un articolo di critica alla filosofia del diritto di Hegel; la frase, quantomai evocativa, si conclude con la celeberrima metafora della religione come oppio del popolo. Quel che molti non sanno, è che l’immagine non è farina del sacco di Marx, ma dell’amico poeta Heine, che in quel periodo frequentava a Parigi, da esule. Non solo: l’intenzione di Heine appare quasi opposta a quella di Marx (o, per la precisione,
all’interpretazione che se ne è per lo più data).Basti leggere il testo di Heine, che risale al 1840: «Il cielo fu inventato per uomini ai quali la terra non offre più nulla… Viva quest’invenzione! Viva una religione che all’umanità sofferente versò nell’amaro calice alcune dolci e narcotiche gocce, oppio spirituale, alcune gocce di amore, speranza e fede!».Ovviamente Marx, con afflato meno poetico, è più interessato ad una analisi socio-antropologica della religione, ad indagarne la funzione sociale ed, eventualmente, il suo farsi ostacolo dell’emancipazione. Appare cioè chiaro che a Marx – già qui incline al materialismo – interessi poco brandire la bandiera dell’ateismo, e molto di più fare analisi in vista di un’eventuale prassi (che non significa che Marx non fosse ateo, ma lo era a modo suo, per posizione più che per negazione).La domanda che possiamo farci oggi, in un’epoca in cui la religione (e il cielo esaltato da Heine) hanno perduto del tutto la loro funzione consolatoria, e d’altra parte non esiste più, almeno nell’immediato, alcuna fede o speranza più mondana di radicale trasformazione della società, così come fu il comunismo per oltre un secolo – è la seguente: quali altre costruzioni immaginarie o fedi hanno preso il loro posto, quali dèi o miti offrono ciò che la terra non sa più offrire?Non posso pensare che sia solo il denaro.

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