Lo so che da uomo è difficile dire qualcosa di scontato o che non sia sessista sul femminicidio
termine controverso: esiste ed è un fenomeno sociale ; non esiste è un invenzione femminile esiste solo l'omicido .
Io contro io il sto per il primo significato ) . infatti mi ritrovo nelle parole di Lorella Zanardo riportate in questa intervista rilasciata a GIULIA MENGOLINI su letteradonna.it del 26 maggio 2017 .
Ma non mi va di seguire il " consiglio suggerito fra i commenti di una discussione , con alcune donne dei miei contatti /( una ex ) fb in particolare Cristina, una discussione sulk caso Harvey Weinsten ed l'appendice italiana il caso Trevisan -Tornatore
sul mio invito sul fatto che le molestie e le violenze ( fenomenbi diversi certo ma da il condine fra una e l'altra è labilissimo vadano denuncitati subito onde evitare sofferrenze sia come questa
in cui Cinzia Viola, impiegata comunale a Carrara, venne molestata nel suo ufficio dall'allora autista del sindaco. Dopo quasi 20 anni attende l'ultima sentenza dalla Cassazione. Ecco il suo racconto (a cura di Tecla Biancolatte) - L'ARTICOLO
Ecco perché avevi detto certe cose vanno denunciate subito cara Cristina Ziccanu
Cristina Ziccanu non ricordo cosa avevo detto...
Giuseppe Scano ecco perchè , ho sbagliato scrivendo . intendevo dire ecco perchè certe cose vanno denunciate subito . Era una mia risposta
a quanto , tu cara Cristina Ziccanu, quando lo scrissi qui ( https://goo.gl/mM7cqh ) in commenti mi avevi detto : << ma che cavolo ne sai tu, uomo, quindi con un unico neurone nel cervello, cosa può provare e come si possa sentire una donna molestata? Come puoi determinare quando deve parlare? Che ne sai di vergogne, sensi di colpa? Qualcuno ti ha mai tastato il sedere in autobus per capire come ci si sente? E questo è solo un banale esempio! Forse la Trevisan mente, forse no, ma tu non puoi dire che bisogna denunciare subito. Quindi, caro Giuseppe, prima di sparare sfondoni pensa.>>
Basta con i porci veri o presunti alla Weinstein e le attrici ed attricette che pur di farsi pubblicità dopo vent anni denunciano. IL caso di michela trevisan contro giuseppe tornatore ..... continua https://goo.gl/rcwPek
Cristina Ziccanu confermo quanto detto!
Giuseppe Scano Cristina Ziccanu perchè ? volte soffre di più tenertvi tutto dentrop o quando e poi quando trovate il coraggio per denunciare vedere che le porcate siano prescritte o si finisce assolti per cavilli tipo mancanza di denuncia o denuncia tardiva ?
Ora poichè non trovo le parole parafrasando la canzone non trovo le parole di Maldestro
preferisco raccontare due storie : una recente " finita bene " ( sono sarcastico , per sdramattizzare , visto che molte d'esse vedere sul sito http://www.inquantodonna.it/ le storie tutti i femminici dal 2015 fin oggi finisco con la brutale ucccisione figli\e comprese o il deturpamento del loro corpo )
da http://bari.repubblica.it/cronaca/2017/11/24/news/
"Io, da aspirante carabiniera a psicologa in sedia a rotelle: la violenza del mio ex mi ha segnata"Filomena Di Gennaro, originaria della Puglia, fa la psicologa, è mamma di due gemellini e ha sposato l'uomo che l'ha salvata. Lo stalker fu condannato a 11 anni e otto mesi: soltanto uno l'ha passato in carcere
Filomena Di Gennaro (ansa)
Dodici anni fa Filomena Di Gennaro si immaginava già maresciallo. Era riuscita a entrare nella Scuola dei carabinieri e il futuro sembrava costruirsi secondo le sue aspettative. La sua vita, invece, ha preso una direzione diversa: fa la psicologa, è mamma di due gemellini ed è sposata con l'uomo che l'ha salvata. È costretta a muoversi su una sedie a rotelle perché il suo ex fidanzato non voleva rassegnarsi alla scelta che aveva fatto, lontana da lui e dal loro paese in Puglia, e le ha sparato a bruciapelo due colpi di pistola: uno si è fermato a tre millimetri dalla aorta, un altro ha lesionato il midollo spinale dopo aver danneggiato un polmone.
Parla della sua storia agli studenti della Sapienza, a Roma, durante un incontro organizzato dalla polizia di Stato, con tono asciutto e professionale. L'ha raccontata tante volte, come avvertimento per le altre donne. Si commuove però, e non è la sola, quando ammette: "Ho avuto io l'ergastolo perché ho dovuto rinunciare al mio sogno". Il giorno che la sua vita cambiò era il 13 gennaio 2006. Stava uscendo dalla Scuola quando ricevette la telefonata del suo ex. L'ennesima volta a ragionare del perché non potevano stare più insieme. Aveva fatto 360 chilometri in macchina per vederla: lei non avrebbe voluto, ma lui la convinse. In fondo gli voleva bene, non aveva niente da temere.
Evidentemente all'esterno non era questa l'impressione, perché il suo comandante si insospettì. Le chiese dove abitasse: l'avrebbe tenuta d'occhio.
Filomena accettò così di vedere il suo ex e di salire in auto. La discussione si scaldò, lui voleva sposarla. La ragazza uscì e aprì il portone di casa, ma non fece in tempo a richiuderlo. Lui le stava addosso, aveva una pistola. Le sparò un primo colpo e lei a terra in una pozza di sangue chiedeva pietà. Ma lui sparò ancora: "O mia o di nessun
altro".
La voleva morta. Quindi un terzo colpo. Ma non era per lei. Quando si è svegliata dopo due giorni di coma, ha saputo che il suo comandante aveva atterrato l'aggressore prima che potesse finirla. Lo stalker è stato poi condannato a 11 anni e otto mesi: soltanto uno l'ha passato in carcere. Lui pure ora si è rifatto una vita. E quando si avvicinano le feste e va a trovare i suoi parenti in Puglia, Filomena spera di non incontrarlo per strada
una del passato quella di Beatrice Cenci ( , 6 febbraio 1577 – 11 settembre 1599 ) da
Rappresentazione di Beatrice Cenci in una fotografia di Julia Margaret Cameron tratta da https://it.wikipedia.org/wiki/Beatrice_Cenci |
BEATRICE CENCI: LA TRAGICA VICENDA DI UN'EROINA SFORTUNATA
L'11 settembre 1599, in una giornata calda e afosa, sulla piazza di ponte Sant'Angelo vengono messi a morte Beatrice Cenci, la matrigna Lucrezia, suo fratello Giacomo.Questa la conclusione di un caso criminale destinato a dare vita a un vero e proprio mito che ispirerà la fantasia di artisti come Stendhal, Shelley e Dumas, Guido Reni, Caravaggio, Delaroche e Moravia, oltre a molti registi del cinema. Nell'oscuro caso, infatti, sono intervenuti numerosi elementi destinati a turbare le menti e a dare adito ad accese discussioni: la giovanissima età della ragazza, le violenze subite da parte del padre, le controversie giuridiche, gli intrighi politici per questioni di eredità. La Cenci, poco più che ventenne al momento della condanna, diventa così ben presto il simbolo della ribellione giovanile contro la tirannia dei genitori e delle istituzioni, emblema della bellezza ammaliatrice, dell'innocenza calpestata, dell'indipendenza e dell'orgoglio femminile contro l'oppressione.
Beatrice, figlia di Francesco Cenci, uno degli uomini più ricchi di Roma, ma altrettanto dissoluto e violento, era cresciuta nell'antico palazzo Cenci, di fronte all'Isola Tiberina, nell'area del vecchio ghetto. Bella, appassionata, vitale, forse troppo agli occhi del tirannico padre, che la rinchiude insieme alla seconda moglie Lucrezia nella fortezza di Petrella Salto, vicino a Rieti.
Esasperata dalle continue fustigazioni che il genitore continua a perpetrarle, la Cenci, con l'aiuto del suo carceriere detto Catalano, lo fa trucidare, simulando un incidente. All'alba del 9 settembre 1598, il cadavere di Francesco Cenci viene trovato con la testa spaccata nell'orto sottostante il balcone della rocca.
L'uomo viene seppellito con una cerimonia sbrigativa, il caso potrebbe dunque dirsi chiuso. Ma molte voci gridano al delitto e si apre quindi un'inchiesta per "fama", cioè per i sospetti ormai diffusi tra la gente. L'indagine fa emergere una serie di inquietanti circostanze. In particolare, le lenzuola e il materasso di Francesco completamente intrisi di sangue fanno pensare che l'uomo sia in realtà morto altrove. Il primo ad essere arrestato e condotto nella stanza della tortura è il Catalano che, alla vista degli strumenti per il supplizio, confessa tutto per filo e per segno.
Racconta della reclusione delle due donne e delle fustigazioni patite dalla giovane, della cattiveria del padre e quindi del piano. Un "delitto perfetto" risoltosi poi in un completo disastro, perchè l'oppio non basterà ad addormentare Francesco e sarà necessario un tempo considerevole e un notevole spargimento di sangue per uccidere l'uomo, rendendo così poco credibile la simulazione di un incidente. La confessione conduce all'arresto presso Castel Sant'Angelo di Beatrice, ma anche della sua matrigna e dei suoi fratelli, imprudentemente informati del piano omicida.
Beatrice e il fratello Giacomo continuano a negare, non possono essere torturati in quanto appartenenti alla nobiltà e sono sicuri di cavarsela in qualche modo. Non confessa neppure Lucrezia, confidando su appoggi importanti.
Papa Clemente VIII emetterà l'atto decisivo nell'agosto 1599, emanando un motu proprio con il quale autorizza il tribunale a torturare anche la famiglia Cenci. Il fratello Giacomo, sottoposto alla tortura della corda , confessa. Poco tempo dopo il fratellino Bernardo, minore d'età, racconta tutto. Lucrezia, torturata, ma per rispetto senza essere denudata e depilata come vorrebbe l'uso, alla fine cede agli inquisitori. Il 10 agosto Beatrice è appesa, anche lei vestita, alla corda e a quel punto lacerata dal dolore si arrende: "Oimè, oimè, o Madonna santissima ajutame. Calateme che voglio dire la verità". Il processo e la successiva condanna a morte, malgrado le molte attenuanti e la simpatia dell'opinione pubblica, furono determinati dall'interesse di papa Clemente VIII ad appropriarsi dei beni della famiglia Cenci.
Alle nove e trenta dell'11 settembre 1599 i condannati sono condotti al patibolo sulla piazza di ponte Sant'Angelo. L'unico a salvarsi, a causa della tenera età, è Bernardo. Lucrezia è decapitata per prima, subito dopo tocca a Beatrice. Il fratello Giacomo subisce la pena più atroce, prima stordito con un colpo di mazza e infine scannato e squartato.
Un'immensa folla di romani accorre sul posto, commossa dalla giovinezza e dal coraggio della fanciulla nel salire di fronte al boia. In mezzo a loro, c'è sicuramente anche Caravaggio, insieme ad Artemisia Gentileschi. Non è certamente un caso che entrambi gli artisti abbiano poi dipinto, a breve distanza di tempo, due versioni di Giuditta che decapita Oloferne, riportando sulla tela il gesto omicida con una crudezza e un'effusione di sangue che non possono non presupporre uno studio dal vero.
L'uomo viene seppellito con una cerimonia sbrigativa, il caso potrebbe dunque dirsi chiuso. Ma molte voci gridano al delitto e si apre quindi un'inchiesta per "fama", cioè per i sospetti ormai diffusi tra la gente. L'indagine fa emergere una serie di inquietanti circostanze. In particolare, le lenzuola e il materasso di Francesco completamente intrisi di sangue fanno pensare che l'uomo sia in realtà morto altrove. Il primo ad essere arrestato e condotto nella stanza della tortura è il Catalano che, alla vista degli strumenti per il supplizio, confessa tutto per filo e per segno.
Racconta della reclusione delle due donne e delle fustigazioni patite dalla giovane, della cattiveria del padre e quindi del piano. Un "delitto perfetto" risoltosi poi in un completo disastro, perchè l'oppio non basterà ad addormentare Francesco e sarà necessario un tempo considerevole e un notevole spargimento di sangue per uccidere l'uomo, rendendo così poco credibile la simulazione di un incidente. La confessione conduce all'arresto presso Castel Sant'Angelo di Beatrice, ma anche della sua matrigna e dei suoi fratelli, imprudentemente informati del piano omicida.
Beatrice e il fratello Giacomo continuano a negare, non possono essere torturati in quanto appartenenti alla nobiltà e sono sicuri di cavarsela in qualche modo. Non confessa neppure Lucrezia, confidando su appoggi importanti.
Papa Clemente VIII emetterà l'atto decisivo nell'agosto 1599, emanando un motu proprio con il quale autorizza il tribunale a torturare anche la famiglia Cenci. Il fratello Giacomo, sottoposto alla tortura della corda , confessa. Poco tempo dopo il fratellino Bernardo, minore d'età, racconta tutto. Lucrezia, torturata, ma per rispetto senza essere denudata e depilata come vorrebbe l'uso, alla fine cede agli inquisitori. Il 10 agosto Beatrice è appesa, anche lei vestita, alla corda e a quel punto lacerata dal dolore si arrende: "Oimè, oimè, o Madonna santissima ajutame. Calateme che voglio dire la verità". Il processo e la successiva condanna a morte, malgrado le molte attenuanti e la simpatia dell'opinione pubblica, furono determinati dall'interesse di papa Clemente VIII ad appropriarsi dei beni della famiglia Cenci.
Alle nove e trenta dell'11 settembre 1599 i condannati sono condotti al patibolo sulla piazza di ponte Sant'Angelo. L'unico a salvarsi, a causa della tenera età, è Bernardo. Lucrezia è decapitata per prima, subito dopo tocca a Beatrice. Il fratello Giacomo subisce la pena più atroce, prima stordito con un colpo di mazza e infine scannato e squartato.
Un'immensa folla di romani accorre sul posto, commossa dalla giovinezza e dal coraggio della fanciulla nel salire di fronte al boia. In mezzo a loro, c'è sicuramente anche Caravaggio, insieme ad Artemisia Gentileschi. Non è certamente un caso che entrambi gli artisti abbiano poi dipinto, a breve distanza di tempo, due versioni di Giuditta che decapita Oloferne, riportando sulla tela il gesto omicida con una crudezza e un'effusione di sangue che non possono non presupporre uno studio dal vero.
poichè due parole sono poche ed una troppo cponcludo qui questo mio post su tale giornata
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