BORG-McENROE
Li ricordiamo, e li celebriamo ancora oggi, semplicemente perché sono stati unici nel loro genere. McEnroe più di Borg forse, ma non è questo il punto. Entrambi hanno alzato l’asticella, il livello del gioco. Lo svedese, per dire, probabilmente ha modificato il tennis molto di più dell’americano. Il suo modo di giocare è stato poi imitato, se vogliamo migliorato, da chi è venuto dopo di lui. Ma Nadal non avrebbe giocato così, non fosse nato un Borg in precedenza. Certi movimenti, certi gesti tecnici non esistevano, non erano immaginati prima del suo apparire in scena.
McEnroe, poi. Non parliamone nemmeno: i suoi colpi non erano conformi alle regole scolastiche. Introdusse una modalità di esecuzione del servizio rivoluzionaria, spalle alla rete: e perfezionò un’arma letale. Dicevano i maestri, in quegli anni: “Prova a servire come McEnroe e ti verrà la cervicale in due giorni”. Bene, pensate che quel servizio fu, per almeno 6-7 anni, il migliore al mondo. Ma non faceva solo quello: “Prova a eseguire il rovescio saltando sulla palla e colpendola in anticipo e tirerai oltre gli spalti del campo” concludevano i tecnici degli anni Settanta/Ottanta.
Quindi cosa faceva mai questo diavolo di un mancino americano? Eseguiva un tennis senza schema, imprevedibile, letteralmente “inventato” colpo dopo colpo e, particolare non secondario, senza avere mai avuto un preparatore atletico. Tocchettava, smistava, accelerava d’improvviso e piombava a rete per volleare impugnando la racchetta come un cucchiaino.
americano parlava tanto. Troppo per i puristi. Lo svedese non parlava mai. Troppo poco per il resto del mondo. Erano perfetti, nella loro rivalità. Si completavano meravigliosamente. Il silenzio di Borg era quasi più assordante delle sceneggiate dell’altro. Tutto questo sul piano del gioco. Ma la vera rivoluzione, quella di McEnroe, venne dal suo comportamento, dalla sua attitudine a stupire. L’onda lunga dei suoi gestacci atterrì i benpensanti, ma affascinò pubblico e riviste scandalistiche. Attraverso McEnroe esplose una nouvelle vague tennistica che attendeva solo di essere scoperta. Per la prima volta l’immagine del tennista non fu più quella di un candido, etereo attore, ma una rock star. Il tennis si spostò verso un pubblico nuovo, bramoso non solo di diritti e rovesci ma anche di pettegolezzi, risse, musica a palla, occhi neri e spintoni ai fotografi. Di questo Mac ne era pienamente consapevole. E quello show faceva comodo anche all’altro, a Borg. La testa china, il corpo ingobbito su quel rovescio a due mani per il quale oggi dovrebbe chiedere i diritti di copyright, quelle sue rotazioni impresse alle ultime palline bianche che si spelacchiavano a ogni colpo, prima di uscire dal mercato. Solo Panatta, imprevedibile guascone come McEnroe, lo faceva impazzire. Gli altri dovettero mettersi tutti in riga, subire le sue lezioni di regolarità, la geometria pura di Björn. Rotazioni impensabili in precedenza: colpiva la palla nella parte superiore, allargò virtualmente il campo da tennis. L’avversario era costretto a retrocedere di quattro metri buoni per recuperare un rimbalzo mai visto prima. Sembra che stiamo descrivendo un colpo di Rafa Nadal, vero? Eppure il tutto avveniva alla fine degli anni Settanta.E allora, vi chiederete giustamente, perché ricordiamo maggiormente McEnroe? Non potrebbe essere altrimenti: Borg alla fine dei giochi anestetizzava gli spettatori, Mac - oltre alla grande creatività – regalava siparietti con epiteti passati alla storia (“You cannot be serious!”, “Pack it up!”, “You’re pits of the world”) contro gli arbitri e il pubblico stesso.
Borg - McEnroe in campo a Wimbledon nella finale del 1980 |
Come possono quindi, i tennisti di oggi così politicamente corretti, reggere il confronto con quelle sfide crudeli, estenuanti, gli odi viscerali, esagerati, folli. Come possono regalare quelle scariche di adrenalina? Oggi noi veneriamo Federer, amiamo Nadal, rispettiamo Djokovic. Ma con un tipo come McEnroe le emozioni salivano a un livello superiore. “Quando raggiungi la vetta da giovanissimo poi una parte di te cerca costantemente di rivivere quelle emozioni travolgenti. Questo è il motivo per cui molti atleti finiscono male. Non riescono più a trovare quell’euforia assoluta ed avvertono un terribile vuoto. La mia vita al contrario, è piena di cose positive, lo è sempre di più, ma per quanto sia fantastica, a volte è difficile dimenticare quelle vittorie esaltanti. In quei momenti devo ricordare a me stesso che non avevo nessuno con cui condividerle. E ripenso a quanto fredda e solitaria fosse la vetta della montagna. Non è stato solo il talento, è stata anche la mia determinazione a portarmi dove ero arrivato. Poi quella ferocia è svanita”. Ecco, McEnroe ha saputo dare delle parole al fuoco interiore.Borg no. È entrato nel tennis in punta di piedi, ne è uscito improvvisamente dalla porta posteriore. Solo attraverso la sua vita privata abbiamo poi appreso che non era l’Iceman che il campo ci mostrava. Nascondeva tumulti interni, fragilità psicologiche inimmaginabili. I suoi amori, Loredana Bertè, persino le fallimentari iniziative imprenditoriali ci hanno detto che non lo avevamo capito. Oggi Borg è un signore di bell’aspetto, affascinante. Lo sguardo addolcito, finalmente in pace con se stesso. Ma il suo addio prematuro al tennis, a soli 26 anni, è assolutamente colpa di John McEnroe.
Non c’è bisogno di conferme, lo ha certificato Mac. “Quando vinsi il tie-break per 18-16 sentivo di aver vinto il match. Pensai che Borg si sarebbe demotivato. Ma la forza che lo animava era al di là della mia immaginazione”. Stiamo parlando della finale di Wimbledon 1980: vinse Borg, come il mondo sa. Quello che sfugge è la puntata successiva, gli US Open, con i due rivali di nuovo in finale: vinse John. “Quando a fine match ci stringemmo la mano vidi che era distrutto. Era come se per la prima volta si fosse veramente sentito sopraffatto da me”.
Quella sconfitta incrinò, irrimediabilmente, l’interno perfetto del meccanismo. In Bjorn Borg avvenne un cedimento. Lento, letale. Un’agonia che si concluse nell’unico luogo deputato che potesse offrire una nuova consacrazione: Wimbledon. Era il 1981.
Una sfida ricca ed emozionante come si può notare , sempre tratto da repubblica , del resoconto dei loro confronti e dele loro carriere
Quella sconfitta incrinò, irrimediabilmente, l’interno perfetto del meccanismo. In Bjorn Borg avvenne un cedimento. Lento, letale. Un’agonia che si concluse nell’unico luogo deputato che potesse offrire una nuova consacrazione: Wimbledon. Era il 1981.
Una sfida ricca ed emozionante come si può notare , sempre tratto da repubblica , del resoconto dei loro confronti e dele loro carriere
TUTTI I LORO CONFRONTI
14 scontri diretti, 7 vittorie ciascuno
Si comincia con una vittoria di McEnroe a casa Borg, Stoccolma 1978 e si chiude con una vittoria di McEnroe a casa di Mac, 1981
In tre anni non si sono mai incrociati sulla terra rossa; a Wimbledon, sull'erba, è pareggio: 1-1 (1980 Borg, 1981 McEnroe) sulle superfici dure, all'aperto, meglio McEnroe: 2-1 e l'americano ha avuto anche la meglio al chiuso non su cemento: 3-1 ma Borg pareggia i contri stravincendo i confronti al chiuso, su superfici dure: 4-1
Nelle sfide Slam vince McEnroe però: due volte agli US Open (1980 e 81) una volta a Wimbledon (1981) Borg ha vinto il match dell'80
Nome: Björn Rune Borg
Nato: Stoccolma, 6 giugno 1956
Nazionalità: Svezia
Altezza: 180 cm
Peso: 72 kg
Ha vinto 11 titoli del Grande Slam:
sei al Roland Garros e cinque consecutivi a Wimbledon.
È stato numero uno del mondo nella classifica ATP per
109 settimane dal 23 agosto 1977 al 2 agosto 1981
In percentuale ha vinto l’82.74% degli incontri disputati, e il 70% delle sfide contro i primi dieci della classifica
Si è ritirato a 26 anni
Nome: John Patrick McEnroe, Jr.
Nato: Wiesbaden, 16 febbraio 1959
Nazionalità: Stati Uniti
Altezza: 180 cm
Peso: 75 kg
7 titoli del Grande Slam in singolare:
4 US Open e 3 Wimbledon,
9 in doppio e 1 in doppio misto.
È stato numero 1 del mondo
per quattro anni di seguito dal 1981 al 1984.
Ha terminato la carriera con
77 vittorie nei tornei di singolare e 72 in quelli di doppio
McEnroe ha vinto per
cinque volte la Coppa Davis (nel 1978, 1979, 1981, 1982 e 1992)
Non ha mai giocato la finale degli Australian Open
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