"Pensiero riflesso. La filosofia come la vedo io" di Cristian A. Porcino Ferrara è un'opera, per dir
così, sorridente. Rende giustizia a una disciplina troppo spesso associata alle aule scolastiche, al
sapere libresco e marmoreo. Invece la filosofia è esperienza vitale, consente di assaporare al meglio la nostra immanenza colorandola d'infinito. E non è appannaggio di pochi eruditi, bensì gioco,
piacere per tutti; in tal senso, il libro di Porcino potrebbe esser definito "socratico". Ne abbiamo
parlato col suo giovane autore.
Il libro di un filosofo sulla filosofia. Al giorno d'oggi, un'impresa rischiosa, persino
azzardata...
«Beh, a 34 anni posso pure permettermi di scrivere
un libro senza dover pensare necessariamente al tipo di pubblico che lo leggerà. Sono stanco
d’inseguire qualcuno. Volevo raccontare la filosofia così come l’ho percepita io. Credo che dietro
questa splendida disciplina ognuno di noi può facilmente trovare un terreno fertile per raccogliere
validi spunti riflessivi. Quando ho deciso di scrivere questo libro non mi sono posto il problema di
chi lo avrebbe successivamente pubblicato. È da un pezzo che non mi pongo più simili domande.
Non l’ho nemmeno proposto alle case editrici tradizionali».
In che senso? Ci spieghi meglio.
«In Italia siamo rimasti indietro culturalmente rispetto agli altri paesi europei e non solo. Il self- publishing, soltanto da noi, è considerato qualcosa da demonizzare a tutti i costi. Quello che la
gente non sa è che esiste una stragrande maggioranza di tipografi spacciati per editori pronti a
pubblicare qualunque ciarpame pur di incassare contribuiti di stampa o di distribuzione. A maggior
ragione in un contesto editoriale dove tutto appare come un sistema poco meritocratico, preferisco
investire personalmente sulla mia opera. Può apparire presuntuoso ma non è così. E poi non
rappresento nessuno a parte me stesso quindi non vedo perché desiderare degli editori a cui non
interessa la sostanza ma solo l’apparenza!».
Nel suo lavoro appare evidente la sua ostilità verso il mondo accademico...
«Io non sono ostile al mondo universitario perché in ogni facoltà esistono le cosiddette “mosche
bianche”; ciononostante bisogna tenere presente che in questi ambiti si va spesso avanti solo per
raccomandazione o per nepotismo. Ecco nel mio nuovo libro ho fotografato alcune situazioni di
professori disposti ad affossare l’opera di qualcuno, come ad esempio De Crescenzo o Sgalambro,
perché non appartenenti a nessun sistema corporativo. Il mondo accademico è legato troppo al
passato e proprio per questo non riesce a competere con le università straniere. Dobbiamo solo
pensare, per ritornare alla domanda di prima, che molti libri pubblicati dai professori cosa sono se
non autopubblicazioni con l’avallo dell’università? Spesso sono editati da cooperative universitarie
che tutelano il “pensiero” accademico locale. Testi inutili o studi che nulla aggiungono all’opera di
un dato autore. A parte la loro visibilità e uno stipendio di tutto rispetto, perché dovrei invidiarli?»
Sembra comunque lei prediliga gli spiriti eccentrici, quali De Crescenzo o Sgalambro.
«Diciamo che preferisco le personalità originali. Detto ciò gli incontri non li progetti ma ti capitano.
Proprio per questo nel testo li ho definiti “incontri straordinari”. A loro sono legati alcuni aneddoti
personali raccontati nel libro. De Crescenzo e Sgalambro sono due uomini del sud. Ognuno di loro
ama ed ha amato la filosofia in modo diverso. Il primo con ironia, il secondo con piglio critico.
Eppure nel testo non faccio parallelismi fra i due perché sarebbe assurdo farli. Li cito perché in
egual misura hanno contribuito alla mia formazione filosofica. Luciano De Crescenzo non si
definisce un filosofo pur essendolo, mentre Manlio Sgalambro lo era non solo per definizione
ma per costituzione. C’è da dire che anche Sgalambro ha sperimentato, grazie alla fattiva
collaborazione con Franco Battiato, altre realtà come la musica, il cinema, il concerto. Sperimentare
nuove forme di comunicazione non ti rende meno autorevole rispetto a chi da 30anni va vanti
sempre con la stessa solfa e pontifica dal suo scanno di Matusalemme. Chi ama la filosofia non si
può porre certe preclusioni mentali. L’idiozia è l’antitesi della filosofia!»
Lei non esita a mescolare cultura "alta" ed espressioni artistiche più schiettamente popolari,
come le canzoni moderne. Ho in mente due suoi precedenti saggi, I cantautori e la filosofia e
Chiedi di lui [con Daniela Tuscano], dedicato a Renato Zero. Del resto, è in buona compagnia:
già Pasolini dimostrò di non temere tali contaminazioni.
«Infatti la migliore alleata della filosofia è proprio la musica. Me ne occupo da anni, quando già
nel 2008 pubblicai I cantautori e la filosofia da Battiato a Zero (Edizioni Libreria Croce). Da quel
momento ho spesso accostato dei ragionamenti di stampo filosofico alle canzoni pop. Quindi anche
in questo libro non mancano dei riferimenti musicali. Troviamo un capitolo dedicato a Vasco Rossi
e ai sui ultimi album Vivere o niente e Sono Innocente; altri rivolti allo stesso Franco Battiato.
La filosofia non si trova solo in determinati contesti ma in ogni cosa, perché filosofia è sinonimo
di esistenza. All’interno del testo ci sono diversi capitoli dedicati al cinema come ad esempio il
genio di Woody Allen o il compianto Robin Williams, e molto altro ancora. Diciamo che è un
viaggio a 360 gradi all’interno della cultura intesa nel suo insieme. Perfino gli amanti del calcio
non rimarranno delusi, a loro e al grande campione Alessandro Del Piero ho dedicato un intero
capitolo».
Il libro è in vendita su amazon (cartaceo) e lulu.com (cartaceo ed eBook)
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