"All'intrasatta", direbbe Totò. Pino non te l'aspetti, ti stordisce. Pino era l'adolescenza ribelle, quando davvero il Sud somigliava all'Africa laica, che si liberava dall'oppressione coloniale. Le canzoni di Pino Daniele fiammeggiavano come un tramonto violento. Contenevano rabbia, passione, mestizia. Ed erano, soprattutto, numerose. "Terra mia", "Napule è". "
Poi, certo, il meglio l'aveva dato in quegli anni '70 ormai allo scarto (e allo sbando). Poi erano state belle canzoni, emozionanti pure, ma legate, inevitabilmente, a una storia diversa. Come tanti, come tutti. Ma Pino, e Napoli Centrale, e James Senese, e Tullio De Piscopo già con una sua vicenda, e gli sguardi seri e cupi nelle copertine in bianconero... restano impressi negli occhi e sul rigo musicale. Per me, era ancora una volta tramonto. Quello dell'estate '79, all'Arena di Milano, ancor semisconosciuto, durante un concerto gratuito (in coppia con Finardi, e quasi suo supporter) organizzato dall'Unità. Allora ci si credeva, e allora io credevo in Ilaria, amica d'una conclusione, amica d'un biennio in corsa. Amica smarrita. Pino lo ascoltammo sdraiate sul manto erboso e spelagno, ancor tiepido di stelle, e il mondo sembrava migliore.
© Daniela Tuscano
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