- http://ulisse-compagnidistrada.blogspot.com/2015/01/maria-grazia-calligaris-invece-di.html
- http://m.livesicilia.it/2011/09/28/viaggio-al-termine-del-carcere-duro_110127/
che dire di Antonino Marano, detenuto più longevo d'Italia in libertà dopo 49 anni ?Cosimo Strusi : << ...
tutto di traverso, ma niente veramente fuori posto. Com'è strana la
vita... in questo caso sarebbe bastata un po' di fortuna per vivere
tutta un'altra vita perchè la Natura buona di quest'uomo, benchè
quiescente per così tanto tempo, è veramente innegabile...>>
da
Antonino Marano, detenuto più longevo d'Italia in libertà dopo 49 anni: arrestato per furto, dietro le sbarre ha commesso due omicidi
Pubblicato:
Aggiornato:
Antonino Marano è il recluso più longevo d'Italia. Entra
in carcere da ragazzo nel 1965 per aver rubato melanzane, peperoni e
una moto e resta dietro le sbarre per 49 anni per reati commessi nel
penitenziario: due omicidi, due tentati omicidi e una condanna
all'ergastolo.
Oggi Marano, 70 anni, rilasciato dal Tribunale di
sorveglianza di Torino, si affaccia in un mondo che non riconosce, "non
ci sono più le botteghe e ai supermercati non trovo l'uscita, le bambine
di 5 anni ora sono donne di 50, molti ragazzi mi chiamano nonno",
racconta a La Stampa
Tutto
cominciò in provincia di Catania, dove Antonino Marano viveva con la
sua modestissima famiglia, padre bracciante e madre casalinga. E dove
alcuni furti da lui commessi "in continuazione", come
dichiara il giudice, gli valgono una condanna a quasi 11 anni. Si
tratta di melanzane, peperoni, una bicicletta e una Motom 48, una moto
che oggi è roba per collezionisti.
Dopo tre scarcerazioni, nel giugno 1971 ritorna in cella e qui imbocca un tunnel che termina adesso, mezzo secolo dopo.
Mezzo secolo in cui è stato coinvolto nelle risse, nelle vendette, nelle rivolte a colpi di coltello degli Anni '70-'80. Nell'ottobre del 1975 il primo delitto nel carcere di Catania "per difendere mio fratello da un accoltellamento", poi per due tentati omicidi nel marzo e nel giugno 1976, un altro delitto nel luglio dello stesso anno "contro un disgraziato che aveva violentato un ragazzino in cella tutta la notte".
Per
i giudici Marano resta un temibile 'killer delle carceri', ma negli
ultimi anni alcuni volontari si sono espressi per tirarlo fuori,
descrivendolo come un uomo sfortunato, con una ricchezza e una dignità
interiore inaspettate.
In tutti questi
anni, Marano si è messo a dipingere madonne e angeli, "perché mentre
pensavo di morire di dolore mi sono ricordato delle preghiere che facevo
da bambino. E sono stato ascoltato".
Ma non accontendandomi di queta articolo troppo sintetico ho approfondito ed ecco un articolo migliore preso da http://livesicilia.it/2009/03/25/
Chi è Antonio Marano, l'uomo "sepolto" all'Ucciardone Mercoledì 25 Marzo 2009 - 18:54
Doveva scontare 16 mesi, s'è presentato ai carabinieri. Il carcere doveva rieducarlo, ha ucciso e non è più uscito
Questa è la storia, di uno di noi, nato per caso nelle campagne di Mascali, in una casa fuori Catania, anno 1944. Antonino Marano è u minnjanu, il mediano di 5 figli, madre casalinga, padre bracciante, "che quando lui veniva da lavorare, e diceva a mia madre, 'Maria ho guadagnato poco', io mi prendevo una borsa e andavo in campagna a raccogliere verdura selvaggia, poi rubacchiavo qualche peperone, melanzana e pomodoro". Antonino a 18 anni prende e va a fare il manovale "e siccome il muratore che io lavoravo che noi in siciliano diciamo u mastru, faceva i lavori a Mascali e nei paesi vicini e anche più lontani, e dovevi essere sul posto di lavoro alle sei di mattina e io ci dovevo andare a piedi e non avevo niente per velocizzare il cammino, un giorno me ne sondo andato a rubare una bicicletta a Giarre e poi, lo ammetto, pure un Motom 48, e così mi sono spianato la strada alla mia rovina, però il male che ho fatto alla società libera sono stati solo questo: i peperoni, la bicicletta e il Motom". A 19 anni si sposa fa due figli e dopo qualche mese "mi hanno arrestato per il Motom, che poi quando il processo per i peperoni, la bicicletta e il Motom è finito, mi hanno fatto il cumulo (delle pene, ndr)e mi hanno sistemato per 11 anni". Questa è la storia di uno di noi che nel 1966 viene definitivamente arrestato, che si affaccia fuori dal carcere nell'ottobre 1971 e riabbraccia la moglie giusto il tempo di fare la terza figlia. Gli restano da scontare 16 mesi da una parte, 3 anni 4 mesi e 27 giorni da un'altra. Si presenta ai carabinieri di Giarre, spiega che ha un appuntamento con la galera, entra in carcere per scontare gli ultimi 16 mesi. E da allora non è uscito più. Da Catania viene trasferito a Pianosa, poi a Termini Imerese, poi di nuovo a Pianosa e di nuovo a Catania. Qui uccide un detenuto che lo aveva aggredito a coltellate mentre andava a colloquio dalla moglie e si prende 27 anni. Qui, nell'ottobre 1976, scoppia una rivolta, due detenuti vengono uccisi, qualche pentito lo tira di mezzo, viene indiziato, prosciolto e trasferito a Porto Azzurro. Poi ad Alghero, scoppia l'emergenza terrorismo e finisce coi Br all'Asinara. Poi Palmi. Altra emergenza (e nuovi pentiti, questa volta Br) spingono Marano verso altri 6 anni di carcere da scontare a Pianosa. Altra emergenza, questa volta di camorra, Marano finisce a Napoli, addirittura nel processo Enzo Tortora. Dopo 7 mesi è assolto, fine delle emergenze? Nel 1984 Marano capisce perché, tra un Motom 48 e un'aggressione finita male per l'aggressore, il carcere sarà la sua tomba. Gli succede questo: qualunque sia il crimine che viene commesso, in carcere o fuori - giacché non era mai più uscito di galera dal giorno in cui si presentò ai carabinieri di Giarre per scontare i 16 mesi "che così mi tolgo il pensiero e ritorno libero di tutto" - Antonino Marano viene chiamato in correo dal pentitismo, sia esso di camorra, mafia o terrorismo. Epaminonda lo tira dentro in un'infinità di fattacci, assaggia le "migliori" carceri del Nord, esce assolto da tutti i processi. Tranne uno, "il sentito dire dal sentito dire" lo carica di un ergastolo. La classifica delle prigioni italiane Marano stila la lista delle sue
prigioni: "Ho fatto un'analisi dei miei 40 anni di galera, il miglior carcere dei 'normali' è Favignana, il peggiore è Sassari; il peggiore degli speciali era l'Asinara, il migliore Voghera". Dove Marano approda, nel 1988, e dove "nonostante quegli 8 anni di isolamento da cani, la Regione ci faceva vivere e per me fu la migliore galera che ho fatto e, credimi, per quel lavoro che mi faceva fare in carcere la Nuova Spes (società creata dalla Regione Lombardia, ndr) mi sentivo realizzato che mandavo quel milione al mese a quella povera sventurata di mia moglie". Emergenze finite? Volete scherzare? Dopo gli omicidi Falcone e Borsellino arriva il 41 bis. E chi ci mettono al 41 bis? Nel 1998 la speranza è una classica rondine che non fa primavera. Marano viene chiamato in direzione del carcere, a Voghera: "Caro Nino, sai cosa c'è di nuovo? Ti declassifichiamo, basta con il 41 bis, basta con lo speciale, ancora poco e conoscerai anche tu la semilibertà". E invece sequestrano Soffiantini, altra emergenza. Voi direte, e che c'entra Marano? Che c'entra uno che chiamano "il killer delle carceri"? Per questo Marano Antonino detto Nino, è ancora oggi sepolto a Palermo, carcere dell'Ucciardone, sezione massima sicurezza. Il figlio imbianchino che sta a Friburgo, Svizzera, a Capodanno s'è fatto 2.000 chilometri per fargli conoscere i nipotini, ma non l'ha potuto vedere. Disse il magistrato di sorveglianza: "Marano Antonino, detto Nino, è ancora sotto osservazione". Non fu concesso all'osservato nemmeno il saluto al fratello morente di cancro, un passaggio al suo funerale, un commiato sulla bara del padre, una prece sul feretro di un altro fratello.
tratto dal sito www.casadellamore.it
Questa è la storia, di uno di noi, nato per caso nelle campagne di Mascali, in una casa fuori Catania, anno 1944. Antonino Marano è u minnjanu, il mediano di 5 figli, madre casalinga, padre bracciante, "che quando lui veniva da lavorare, e diceva a mia madre, 'Maria ho guadagnato poco', io mi prendevo una borsa e andavo in campagna a raccogliere verdura selvaggia, poi rubacchiavo qualche peperone, melanzana e pomodoro". Antonino a 18 anni prende e va a fare il manovale "e siccome il muratore che io lavoravo che noi in siciliano diciamo u mastru, faceva i lavori a Mascali e nei paesi vicini e anche più lontani, e dovevi essere sul posto di lavoro alle sei di mattina e io ci dovevo andare a piedi e non avevo niente per velocizzare il cammino, un giorno me ne sondo andato a rubare una bicicletta a Giarre e poi, lo ammetto, pure un Motom 48, e così mi sono spianato la strada alla mia rovina, però il male che ho fatto alla società libera sono stati solo questo: i peperoni, la bicicletta e il Motom". A 19 anni si sposa fa due figli e dopo qualche mese "mi hanno arrestato per il Motom, che poi quando il processo per i peperoni, la bicicletta e il Motom è finito, mi hanno fatto il cumulo (delle pene, ndr)e mi hanno sistemato per 11 anni". Questa è la storia di uno di noi che nel 1966 viene definitivamente arrestato, che si affaccia fuori dal carcere nell'ottobre 1971 e riabbraccia la moglie giusto il tempo di fare la terza figlia. Gli restano da scontare 16 mesi da una parte, 3 anni 4 mesi e 27 giorni da un'altra. Si presenta ai carabinieri di Giarre, spiega che ha un appuntamento con la galera, entra in carcere per scontare gli ultimi 16 mesi. E da allora non è uscito più. Da Catania viene trasferito a Pianosa, poi a Termini Imerese, poi di nuovo a Pianosa e di nuovo a Catania. Qui uccide un detenuto che lo aveva aggredito a coltellate mentre andava a colloquio dalla moglie e si prende 27 anni. Qui, nell'ottobre 1976, scoppia una rivolta, due detenuti vengono uccisi, qualche pentito lo tira di mezzo, viene indiziato, prosciolto e trasferito a Porto Azzurro. Poi ad Alghero, scoppia l'emergenza terrorismo e finisce coi Br all'Asinara. Poi Palmi. Altra emergenza (e nuovi pentiti, questa volta Br) spingono Marano verso altri 6 anni di carcere da scontare a Pianosa. Altra emergenza, questa volta di camorra, Marano finisce a Napoli, addirittura nel processo Enzo Tortora. Dopo 7 mesi è assolto, fine delle emergenze? Nel 1984 Marano capisce perché, tra un Motom 48 e un'aggressione finita male per l'aggressore, il carcere sarà la sua tomba. Gli succede questo: qualunque sia il crimine che viene commesso, in carcere o fuori - giacché non era mai più uscito di galera dal giorno in cui si presentò ai carabinieri di Giarre per scontare i 16 mesi "che così mi tolgo il pensiero e ritorno libero di tutto" - Antonino Marano viene chiamato in correo dal pentitismo, sia esso di camorra, mafia o terrorismo. Epaminonda lo tira dentro in un'infinità di fattacci, assaggia le "migliori" carceri del Nord, esce assolto da tutti i processi. Tranne uno, "il sentito dire dal sentito dire" lo carica di un ergastolo. La classifica delle prigioni italiane Marano stila la lista delle sue
prigioni: "Ho fatto un'analisi dei miei 40 anni di galera, il miglior carcere dei 'normali' è Favignana, il peggiore è Sassari; il peggiore degli speciali era l'Asinara, il migliore Voghera". Dove Marano approda, nel 1988, e dove "nonostante quegli 8 anni di isolamento da cani, la Regione ci faceva vivere e per me fu la migliore galera che ho fatto e, credimi, per quel lavoro che mi faceva fare in carcere la Nuova Spes (società creata dalla Regione Lombardia, ndr) mi sentivo realizzato che mandavo quel milione al mese a quella povera sventurata di mia moglie". Emergenze finite? Volete scherzare? Dopo gli omicidi Falcone e Borsellino arriva il 41 bis. E chi ci mettono al 41 bis? Nel 1998 la speranza è una classica rondine che non fa primavera. Marano viene chiamato in direzione del carcere, a Voghera: "Caro Nino, sai cosa c'è di nuovo? Ti declassifichiamo, basta con il 41 bis, basta con lo speciale, ancora poco e conoscerai anche tu la semilibertà". E invece sequestrano Soffiantini, altra emergenza. Voi direte, e che c'entra Marano? Che c'entra uno che chiamano "il killer delle carceri"? Per questo Marano Antonino detto Nino, è ancora oggi sepolto a Palermo, carcere dell'Ucciardone, sezione massima sicurezza. Il figlio imbianchino che sta a Friburgo, Svizzera, a Capodanno s'è fatto 2.000 chilometri per fargli conoscere i nipotini, ma non l'ha potuto vedere. Disse il magistrato di sorveglianza: "Marano Antonino, detto Nino, è ancora sotto osservazione". Non fu concesso all'osservato nemmeno il saluto al fratello morente di cancro, un passaggio al suo funerale, un commiato sulla bara del padre, una prece sul feretro di un altro fratello.
tratto dal sito www.casadellamore.it
Nessun commento:
Posta un commento