Su un veliero in viaggio verso l'integrazione ., Hicham Ben’Mbarek mussulmano riceve un cuore da trapiantarew da un cristiano



l'odio ed il terrore posso essere sconfitti e\o ridotti con il dialogo e il confronto fra religioni \ culti diversi .
Ed ecco due casi .
Il primo Il progetto dell’associazione Abracadabra con le Università di Sassari e di Siviglia
    Da  la  nuova  saregna del  15\1\2015



Migranti
Su un veliero in viaggio verso l'integrazione  Il progetto dell’associazione Abracadabra con le Università di Sassari e di Siviglia di Anna Sanna







SASSARI. Un viaggio in barca a vela, per ascoltare storie e raccontarle al mondo. Unire le due sponde del Mediterraneo oggi che sembrano sempre più distanti, estranee, per far tornare il Mare Nostrum davvero di tutti. Ancora di più adesso, dopo che i fatti di Parigi hanno risvegliato paure difficili da superare. Nostro come lo sono i beni comuni, un mare che accoglie e non più una barriera innalzata a dividere popoli e culture. A bordo blogger, scrittori, illustratori che navigheranno dalla Spagna alla Sicilia attraverso il Marocco, l’Algeria, la Tunisia, in una rotta reale e simbolica che vuole superare la diffidenza e trasformarsi in dialogo e incontro.
Il progetto si chiama “Integrazione clandestina” e nasce dall’idea di tre ragazzi sardi, Gabriele Di Pasquale, Giuseppina Deiosso e Alessandro Multinu, che hanno unito la passione per il sociale a quella per il mare coinvolgendo altre persone convinte come loro che l’integrazione passi attraverso la conoscenza reciproca.Protagonista una barca, “Iolanda”, che per due mesi, dal 15 giugno al 15 agosto solcherà il Mediterraneo percorrendo 1300 miglia da Siviglia a Mazara del Vallo, toccando Melilla, Algeri e Tunisi per costruire un’opera umana e letteraria a più mani. A realizzarla saranno europei e africani che lavoreranno fianco a fianco, nello spazio ristretto di una barca. Dove non si può sfuggire all’altro, ma è necessario confrontarsi per lavorare insieme. «L’obiettivo di Integrazione Clandestina è promuovere il dialogo tra Africa e Europa – spiega Maria Vittoria Pericu, tra gli organizzatori del progetto – un incontro alla pari tra uomini e donne che si declinerà in varie azioni, innanzitutto il viaggio e poi l’incontro con i nostri vicini africani nelle tappe marocchine, algerine e tunisine».
Promotrice di “Integrazione clandestina” è la cooperativa sociale di Sassari Abracadabra Onlus in collaborazione con partner europei e africani come l’Università di Sassari, l’Università di Siviglia e la Sevilla Acoge, network di associazioni del nord Africa e sud della Spagna. Già a dicembre sono partite le selezioni per l’equipaggio: otto disegnatori, blogger, scrittori che si alterneranno in ogni tratta a gruppi di due, un europeo e un africano. Ci si può candidare fino al 25 gennaio compilando il modulo di adesione sul sito on line www.clandestineintegration.org (che è insieme vetrina e blog del progetto) e inviando una propria fotografia con la scritta “Aiutami a partire #clandestineintegration”. Ce ne sono già molte sulla pagina Facebook “Clandestine integration”: per ora soprattutto europei, per questo la scadenza per i candidati africani sarà prorogata di qualche giorno.
Altro passaggio fondamentale perché Iolanda possa salpare è la raccolta fondi, che partirà il 2 febbraio attraverso il sito Produzioni dal basso. Il viaggio ha bisogno anche di sponsor e testimonial che possano aumentare la visibilità del progetto. E poi ci saranno gli ambasciatori, un europeo e un africano che si uniranno all’equipaggio per un mese. Il primo sarà Livio Senigalliesi, fotogiornalista di. fama internazionale che viaggerà per trenta giorni su “Iolanda” cedendo poi il posto all’ambasciatore africano. Accanto a quelli di mare poi, anche gli ambasciatori “di terra” – come il giornalista Jean-Léonard Touadi, originario del Congo ma da trent’anni in Italia – per favorire il dialogo con l’Africa durante gli attracchi, attraverso eventi e iniziative che coinvolgeranno le comunità locali. Dell’equipaggio, guidato dal capitano Mauro Mancini, faranno parte anche due antropologi dell’Università di Siviglia, uno europeo e l’altro africano, che lavoreranno a una ricerca etnografica legata al viaggio di “Iolanda”.
Blogger, scrittori e disegnatori racconteranno poi la loro esperienza in un libro che sarà presentato a dicembre a Cagliari, Sassari e in altre località della Sardegna. «Ci siamo resi conto che nell’esperienza quotidiana c’è la necessità di conoscersi, di comunicare, perché le diversità con l'altra sponda del Mediterraneo sono molto relative e soltanto un’esperienza concreta può aiutare ad andare oltre – conclude Maria Vittoria Pericu – vogliamo dimostrare che l’integrazione è possibile, e non va confusa con l’omologazione. Integrazione significa accettarsi, rispettarsi senza pensare che il proprio modo di vivere sia l’unico valido. Il nostro progetto nasce per dimostrare che il dialogo è possibile e costruttivo >>


La  seconda   preso  dalla bacheca  facebookiana della nostra  Daniela  Tuscano    che riporta  questo bellissimo articolo  di Il Tulipano - Il Web Magazine Indipendente scritto dal Popolo

Io musulmano, ma sono in vita grazie a un trapianto di cuore cristiano. Il terrore si combatte insiem
e





Il padre che ha donato il cuore di suo figlio e che gli ha salvato la vita non ha voluto sapere di quale religione o colore fosse: «Me l’ha dato e basta». Lo dice con commozione Hicham Ben’Mbarek, per tutti gli amici solo Ben, musulmano e fiorentino, arrivato dal Marocco quando era piccolo su un barcone:
 «Sono orgoglioso che dentro di me ora batta un cuore cristiano», dice mentre parla della sua storia. Una storia di integrazione, un lavoro come stilista, un figlio che porta il nome del suo migliore amico fiorentino, un altro in arrivo che si chiamerà Francesco e una compagna «che veste come le pare».

La storia
Il 1 gennaio 2011 Hicham sta giocando a pallone con la sua squadra amatoriale sul campo di Ponte a Greve: l’ultima corsa e poi stramazza al suolo. È il suo cuore, pochi giorni dopo la visita medico sportiva, che lo tradisce. Sette attacchi cardiaci e i battiti che schizzano a oltre trecento al minuto. La corsa al vicino ospedale di Torregalli, un salvataggio miracoloso e una diagnosi gravissima: miocardiopatia dilatativa. L’unico modo per salvare Hicham è un cuore nuovo, un trapianto che però sembra non arrivare. Sette mesi dopo, quando tutto sembra perduto, arriva la telefonata di Matteo, il suo migliore amico: «Hicham, mettiti il pigiama che dobbiamo correre all’ospedale di Siena: là c’è un cuore per te». Quello di un cattolico che ha salvato la vita ad un musulmano e che Ben ricorda sempre.

«Il terrore si combatte insieme»
Quando ha saputo della strage di Parigi Ben si è sentito triste e indifeso come tutti, ma è rimasto colpito anche dai commenti sui social network quelli che raccontano di come un atto terroristico possa far fare un passo indietro alla nostra società: «C’è chi dice che l’integrazione non è possibile e che non siamo tutti uguali. Credo invece che tutti insieme possiamo dimostrare che si può vivere in pace, che dobbiamo tutti impegnarci per dimenticare secoli di tensioni create in nome della religione ma che con la religione non c’entrano niente». Perché oltre all’orrore la strage di Parigi rischia di lasciare uno strascico di problemi a chi «vive tutti i giorni insieme, che veniamo da un Paese o da un altro, di una religione o di un’altra. Il terrore si combatte insieme, insegnando il rispetto e la tolleranza per il nostro futuro».

Redazione San Francesco 10/1/2015

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