Giugno è il mese in cui si
ricordano i moti di Stonewall e si susseguono nel mondo civilizzato le
manifestazioni in sostegno del movimento Lgbt. Purtroppo in questo mese si
verificano puntualmente anche episodi più o meno velati di razzismo.
Personalmente mi sono occupato di tale piaga sociale nel mio ultimo libro
Canzoni contro l'omofobia e la violenza sulle donne, e nonostante le numerose e
importanti battaglie civili le cose sembrano, ahimè, non essere mutate. Ogni
anno durante il periodo degli esami di maturità si riscontrano diversi episodi
di omofobia in diverse parti d'Italia. Negli ultimi anni alcuni maturandi si
sono imbattuti in commissari alquanto reticenti ad accettare e discutere tesine
sulla storia dell'omosessualità e non solo. Alcuni di questi commissari si sono
rifiutati perfino di ammettere opere letterarie o testi di canzoni che
tratta(va)no l'argomento. Non parlo certamente di opere erotiche o di
propaganda, ma di vera letteratura. Eppure le opere letterarie non hanno una
sessualità e non possono essere discriminate. Tali docenti umanamente
impreparati non riescono ancora oggi a comprendere l'essenza del loro lavoro e
dell'intero sistema scolastico. L'omofobia interiorizzata non è meno grave di
quella visibile.
La scuola è la sede adatta per
affrontare questi argomenti, e gli insegnanti non possono rinunciare alla loro
funzione di educatori. L'omosessualità, così come l'eterosessualità, non ha
nulla di segreto o di scandaloso, e dunque non capisco tale ritrosia nel
trattarla senza pregiudizi e fobie. Troppi anni di preconcetti, stereotipi e
modelli catodici fuorvianti hanno forse accresciuto in questi docenti un senso
di inadeguatezza e timore nell'affrontarla con la dovuta serietà. Ma nulla può
giustificare tali paure prive di qualsiasi fondamento. Gli studenti devono
sentirsi liberi di affrontare gli argomenti che toccano da vicino le loro
giovani esistenze. Se la scuola non si adeguerà a tali istanze formative dovrà
fare i conti con le informazioni distorte acquisite dai discenti attraverso
chat e siti internet non qualificati. Diceva Don Milani “Quando avete buttato
nel mondo d’oggi un ragazzo senza istruzione avete buttato in cielo un
passerotto senza ali”. Per esperienza personale posso aggiungere che
all'università sperimentai anch'io una certa resistenza a trattare l'argomento
omosessualità con professori allineati alle posizioni del Vaticano II (non mi
riferisco certamente al concilio ecumenico ma alla visione
"papacentrica" di Giovanni Paolo II). Rammento l'approfondimento del
corso di filosofia morale dal titolo "Uomo e donna in famiglia" con
un excursus storico tra le varie encicliche dei papi! Oppure ricordo un feroce
confronto con la docente di letteratura italiana che non voleva riconoscere la
straordinaria importanza dell'opera letteraria di Aldo Busi.
Per comprendere meglio il senso
di certe preclusioni mentali ho intervistato alcune persone in merito al
significato del termine pregiudizio. Eccovi, dunque, alcune opinioni raccolte.
Simona, studentessa di psicologia, mi ha risposto: "Il pregiudizio è un
meccanismo di difesa che attiviamo nel momento in cui la diversità dell'altro
ci spaventa". Alina, invece, definisce il pregiudizio come
"un'opinione certa ma errata su qualcuno. Per tirare avanti spesso
avvertiamo il bisogno di sicurezza e consideriamo le nostre opinioni, la nostra
morale come le migliori in assoluto. Così tutto quello che si discosta dal
nostro punto di vista lo rigettiamo per non farci condizionare". Il signor
Giovanni, benzinaio da quindici anni, afferma: "Il pregiudizio è un modo
negativo per avvicinarmi al mio prossimo". Flaminia gestisce una
panetteria in una zona periferica di Catania e mi dice: "Io credo che le
persone gay sono esattamente come me. Non bisogna giudicare nessuno in base ai
propri gusti sessuali, nazionalità o etnia. Quello che conta sono le azioni che
facciamo e di certo non dipendono dalle persone che amiamo o con cui facciamo
sesso".
La signora Mara è appena uscita
dalla messa del mattino e alla mia domanda risponde con fare scortese facendosi
un segno della croce. Evidentemente l'esempio inclusivo di Papa Francesco non
ha minimamente toccato la sua fede e il suo cuore.
Le opinioni da me raccolte
evidenziano che a parole manifestiamo di essere emancipati e civili, ma nei
fatti persiste ancora uno zoccolo duro d'ignoranza che non ci permette di
compiere un salto di qualità notevole.
Forse aveva ragione Albert
Einstein quando diceva: "È più facile spezzare un atomo che un
pregiudizio". Pertanto mi auguro l'avvento di una società culturalmente
evoluta in grado di oltrepassare gli steccati ideologici e annientare i
pregiudizi e i soliti stereotipi. Dopotutto "Non bisogna farsi mai ricattare
dalla stupidità altrui" (Umberto Eco).
Cristian Porcino
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