LEGGI ANCHE:
Parlano gli avvocati: «Il nucleo familiare non sussiste solo per la convivenza di persone»
se non ci pensa il parlamento cipensa la magistratura che ancora conserva qualche barlume di lucidità rispetto ad una politica immobile e retrograda che non vuole cambiare o
vedere come la legge ciriinà è stata modificata non permettendo al convivente etero o gay che sia d'addottare il figlio\a del partner .
Figlio di fatto, non di diritto: gli spetta il risarcimento
Sentenza rivoluzionaria a Lucca: diciottenne mai adottato dal compagno della madre, il giudice obbliga l’assicurazione a versargli l’indennizzo per la morte dell'uomo. Il tribunale amplia il concetto di famiglia allargata ai legami reali, oltre a quelli giuridici e di sanguedi Luca Tronchetti
Massimiliano Pellegrini e un'immagine dell'incidente in cui perse la vita
LUCCA. Questa volta le ragioni del cuore e quelle del diritto si conciliano. Le fa combaciare una sentenza rivoluzionaria, la primissima in Toscana e tra le prime in Italia: consente a un figlio non biologico (e non adottivo) di essere risarcito, al pari di un figlio naturale, con 200mila euro per la perdita del “padre di fatto”, morto in un incidente stradale. Una battaglia di civiltà promossa da una coppia di avvocati - Nicola Gori (foto) e Ilaria Ottolini - e che, dopo un percorso ad ostacoli, è recepita da una giovane e coraggiosa giudice del tribunale di Lucca, Alice Croci, 35 anni, da 18 mesi in servizio alla sezione civile. Si tratta di una sentenza basata su recentissimi pronunciamenti della Cassazione e in grado di fare giurisprudenza ampliando il concetto di famiglia: non più il legame “di sangue” che scaturisce dalla filiazione, ma il concetto di “famiglia allargata” o di “famiglia sociale”. In sostanza il riconoscimento giuridico della “congregazione legata all’affettività duratura e alla solidarietà familiare”.
L'avvocato Nicola Gori
SE NON È QUESTO UN PADRE
Determinante ai fini della storica sentenza - oltre alla mole di fotografie con i momenti trascorsi assieme in vacanza o nelle varie ricorrenze e alle decine di testimonianze raccolte dai due legali - un sms inviato il giorno precedente all’incidente mortale, dal padre non biologico al figlio “di fatto”. È la vigilia del diciottesimo compleanno e le parole sono toccanti, quelle di un padre al figlio, appunto: «Sei un ragazzo bravo e intelligente, ma da domani avrai qualche responsabilità in più soprattutto verso te stesso...io comunque ti darò sempre una mano».
Il legame affettivo, dunque, esiste. Dimostrarlo per la legge non è stato facile.
I FATTI
Il 22 marzo 2012 a Sesto Fiorentino, Massimiliano Pellegrini, 41 anni, originario di Chiesina Uzzanese e residente a Carraia, dipendente della Spe (concessionaria pubblicitaria), perde la vita in un incidente stradale. Il conducente di un bus turistico si distrae vedendo gli aerei atterrare a Peretola non si accorge della vettura di Pellegrini e tampona la sua Mini. L’urto è violentissimo e il pubblicitario muore qualche ora dopo. In ambito penale l’autista, imputato di omicidio colposo, patteggia la pena e si prende la piena responsabilità dell’incidente. La compagnia assicuratrice risarcisce esclusivamente i genitori della vittima in via stragiudiziale. Ma si oppone all’accoglimento della domanda di risarcimento della convivente more uxorio (come moglie) e del figlio diciottenne che la donna ha avuto da una precedente relazione e che porta il cognome della madre.
BATTAGLIA DI CIVILTÀ
La compagna della vittima non ha un lavoro fisso e cerca di tirare avanti facendo le pulizie in alcune case. Rischia pure lo sfratto: l’abitazione in cui vive, acquistata con un mutuo iniziato a pagare da poco dal compagno defunto, finirebbe alle banche. Ma i genitori del pubblicitario - che suo figlio chiama “nonni” e lei definisce “suoceri” - impiegano il risarcimento ottenuto per estinguere il mutuo. Nel 2013 inizia un procedimento civile, un’autentica battaglia che la donna conduce anche nel nome del figlio.
DOPPIO RICONOSCIMENTO
La causa viene assegnata nel 2016 al giudice di fresca nomina Alice Croci. Riconoscere le ragioni della compagna della vittima non è difficile: la coppia conviveva dal 1999, il legame era stabile e duraturo e assimilabile al rapporto coniugale e oltretutto, da testimonianze, avevano intenzione di sposarsi. Quindi il giudice non ha problemi ad accogliere la richiesta di risarcimento di 200mila euro e a condannare al pagamento l’assicurazione. Diversa invece la posizione del figlio maggiorenne della donna che aveva assunto il cognome materno. Tra lui e il pubblicitario non c’erano legami di sangue. E pronunciamenti di un tribunale civile legati a risarcimenti del danno per situazioni analoghe non c’erano mai stati. Invece il giudice in punta di diritt rivoluzione copernicana del diritto di famiglia.o ha affermato un principio che farà giurisprudenza: il riconoscimento del diritto al risarcimento per la perdita di un congiunto non corrisponde solo a quelli che rientrano nei parametri della famiglia nucleare, ma nella nuova accezione di famiglia devono essere ampliati alle nuove realtà costituite dalla famiglia allargata. Una rivoluzione copernicana del diritto di famiglia.
rivoluzione copernicana del diritto di famiglia.
Nessun commento:
Posta un commento