I muretti a secco trentini ( ma non solo ) dovrebbero essere "patrimonio dell'umanità"




APPROFONDIMENTI

Paesaggio: nasce un Comitato provinciale di tutela27 giugno 2016
Coldiretti: un agricoltore di montagna su due lascia. Il ministro Olivero annuncia la legge delega7 luglio 2016
Villa Lagarina: dieci chilometri di muri a secco11 ottobre 2016
Muri a secco, nuova figura professionale specifica: 15 diplomati "costruttori esperti"21 febbraio 2017
https://www.architetturaecosostenibile.it/architettura/del-paesaggio/muri-secco-tecniche-508/
https://it.wikipedia.org/wiki/Muro_a_secco
 in sardegna
http://www.sardegnautentica.it/murettiasecco
http://www.sardegnadigitallibrary.it/index.php?xsl=602&v=9&s=17&c=4461&na=1&n=24&c1=muretto+a+secco&p=1&f=24
http://www.sardegnacultura.it/j/v/258?s=19999&v=2&c=2478&t=7



I muretti a secco italiani sono candidati ad entrare tra i Beni essenziali dell'umanità Unesco nel 2019, in Trentino cresce l'attenzione all'argomento, un articolo di Giampaolo Visetti pubblicato  su repubblica   dì odierna   su ci porta alla scoperta di questa tecnica antica, e rispettosa dell'ambiente  

da  https://www.trentotoday.it/cronaca/  del  8  maggio  2017

Una tecnica antica, una conoscenza tramandata di padre in figlio, che non sta inn nessun libro. I muretti a secco italiani sono candidati ad essere riconosciuti tra i Beni essenziali dell'umanità dall'Unesco. La decisione sarà presa nel 2019, ma nel frattempo ci assiste ad un rinnovato interesse per queste particolarissime opere dell'ingegno umano, che modellano il paesaggio rurale creando un equilibrio perfetto con l'ambiente naturale, anche in Trentino.
Ad occuparsi del tema è il giornalista trentino Giampaolo Visetti inviato di Repubblica, con un interessante articolo pubblicato oggi sulle pagine onlline del quotidiano, nel quale si approfondisce il "caso di studio" della Valle di Cembra, in una terra, come il Trentino, in cui per la prima volta quella del costruttore di muretti a secco è diventata una professione riconosciuta, con il titolo di "maestro" rilasciato dall'Enaip, l'istituto professionale provinciale, che ha già consegnato il diploma a 18 artigiani specializzati.
Come  dice   la  chiusa  dell'articolo  di trentotoday  "I sassi sono come gli uomini, tutti possono essere buoni, basta saperli vedere: te lo dicono loso in quale posto devono stare" spiega Carmelo Brugnara, 71 anni, viticoltore cembrano, intervistato da Visetti. Il 24 e 25 giugno nella valle di Terragnolo si terrà un intero festival dedicato all'argomento, promosso dall'Accademia della Montagna del Trentino, in attesa della visita degli ispettori Unesco ai muretti a secco italiani, compresi quelli trentini.
Infatti   si  può leggere  nell' articolo su Repubblica.it,  che    per  sicurezza  riporto  intero  sotto











I ragazzi del muretto a secco: "Quei sassi sono opere d'arte"

La costruzione di un muretto a secco in Trentino


La candidatura lanciata da vari Paesi per tutelare una tecnica antica. E in Italia è boom di richieste per iscriversi ai corsi dove si insegna come salvarli: si creano posti di lavoro per muratori di alto livello

dal nostro inviato
GIAMPAOLO VISETTI



VAL DI CEMBRA - "I sassi sono come gli uomini. Tutti possono essere buoni. Basta saperli vedere: allora te lo dicono loro in quale posto devono stare". Carmelo Brugnara ha 71 anni e fa vino a "Maso Spedenàl", in val di Cembra. Da quasi sei decenni costruisce muri a secco per evitare che le vigne, aggrappate alla montagna trentina, vengano giù. Ha cominciato a tenere su il mondo da bambino perché è nato in un luogo "dove c'è sempre stato niente di tutto". "Per mangiare - dice - devi prima fare pulizia. Togli i sassi dalla terra e li metti in ordine per non perderla. La posizione delle cose: è questa, da sempre, che decide chi ce la fa e chi no". Non ha mai aperto un libro ma ha ascoltato molto suo padre, che prima guardava il suo. Così è andato a occhio e solo oggi si rende conto di aver costruito decine di chilometri di muri a secco, disegnando uno dei paesaggi rurali più straordinari del pianeta. È un'anonima ma irripetibile opera d'arte, cruciale sia per il paesaggio che per l'economia delle Alpi.
Non è un reperto da museo. I muretti costruiti con i sassi, dal Giappone alla Gran Bretagna, dall'Himalaya alle Ande, dopo i decenni dell'abbandono rivivono un'insperata stagione di consapevolezza collettiva. "All'improvviso - dice il regista Michele Trentini, che sabato prossimo presenterà il documentario "Uomini e pietre" - anche i ragazzi capiscono che la bellezza conta. Anzi: che è decisiva per il destino di ogni comunità". Cipro, Grecia, Italia, Francia, Svizzera e Spagna a fine aprile hanno candidato la "tecnica dei muretti a secco in agricoltura" a patrimonio immateriale dell'umanità tutelato dall'Unesco. Il sì italiano è teso a salvare i terrazzamenti e le millenarie barriere di divisione che segnano il profilo naturale del Paese: in Liguria e nel Salento, lungo la costiera di Amalfi e sull'Etna, a Pantelleria e in Toscana, su tutto l'arco alpino e nel cuore dell'Appennino. Questo tesoro sembrava consegnato alla rovina e alla nostalgia. Contadini, architetti, imprenditori, scienziati e promotori del turismo, lo rilanciano in tutto il mondo quale modello avanzato di uno sviluppo nuovo, capace di generare lavoro e ricchezza senza consumare la natura. La commissione Unesco visiterà i muretti a secco italiani fino all'anno prossimo, la decisione di accoglierli tra i beni essenziali della civiltà è fissata per il 2019.
"È un passaggio decisivo - dice il geografo Mauro Varotto, docente all'Università di Padova e anima italiana dell'Alleanza internazionale per i paesaggi terrazzati - che può garantire le risorse pubbliche per conservare l'eroica spina dorsale che unisce i popoli con una storia di miseria e di fatica". In Italia risultano censiti 170mila chilometri di muri a secco, quelli stimati sono oltre 300mila. Gli ettari di campi terrazzati sono altrettanti. La Grande Muraglia cinese, quasi totalmente ricostruita, è lunga 8mila chilometri. Il valore delle pietre accumulate e incastrate nei secoli per permettere agli uomini di coltivare la terra e di allevare gli animali, ossia di vivere, non sfugge più a nessuno. Esperti e appassionati di tutti i continenti ne hanno discusso in Cina, in Perù e in Italia, tra Padova e Venezia: il prossimo convegno internazionale dei paesaggi terrazzati si terrà nelle isole Canarie. Il problema è comune: evitare che una sapienza antica, trasmessa oralmente, muoia assieme ai suoi ultimi custodi. "Costruire un muro a secco - dice il progettista rurale Massimo Stoffella - è come generare una persona. Nasce qualcosa di vivo, per esistere gli occorre un'etica: può essere bello, ma se non ha sostanza prima o poi crolla. Durare impone equilibrio e per questo conta quello che c'è dietro: servono tutte le virtù, ma è il difetto a connotarlo nel tempo". A Terragnolo, ai piedi dell'altopiano di Asiago, il 24 giugno si terrà il primo Festival internazionale "Sassi e non solo". Sette squadre di sfideranno nella costruzione del muro a secco perfetto, donato poi ai contadini della Vallarsa. La competizione rivela il boom che sconvolge una missione edilizia che l'urbanizzazione, assieme alla civiltà industriale e al progresso tecnologico, sembravano aver emarginato. Migliaia di giovani, donne comprese, si innamorano dei muretti naturali in pietra, alzati senza malte e senza cemento, e chiedono di imparare a restaurarli. Nel resto d'Europa il titolo di "maestro di muri e pavimenti in pietra" è già riconosciuto. In Italia la prima scuola è stata aperta presso l'Enaip di Villazzano, in Trentino, e dopo due anni di corsi ha appena diplomato i primi 18 artigiani specializzati. L'iniziativa è dell'Accademia della Montagna e intercetta una crescente domanda di professionalità. "La crisi - dice la direttrice Iva Berasi - rivela opportunità salutari. Impone il recupero di un'agricoltura più sostenibile e di una vita più semplice. I muretti a secco ne diventano il simbolo. Rimarginano le ferite dell'abbandono e confermano il valore economico della bellezza.
Un Paese come l'Italia, fragile e fondato sulla qualità dell'arte e del cibo, si salva cominciando a rimettere in piedi i sassi che da sempre tengono tutto insieme". Centinaia, da tutte le regioni, le domande di giovani che vogliono frequentare la scuola trentina della pietra a secco, sette i corsi di secondo livello pronti a partire. Per le imprese edili offrire una competenza certificata significa allargare il mercato. Si creano posti di lavoro per muratori di alto livello e nemmeno alla nuova generazione dei contadini sfuggono le opportunità commerciali: uno ha chiamato "707" il suo vino di punta, per ricordare ai consumatori i chilometri di muri a secco che sostengono le sue colline, garanzia di rispetto e di passione. "La leva di un boom mondiale - dice il naturalista padovano Antonio Sarzo - è proprio l'emozione. Tra le pietre vivono animali e piante, filtra l'acqua. Le persone sentono di non pesare sulla terra, anzi di poterla aiutare con le loro mani. Lavorare o riposare in armonia con la natura è la sola strada verso un futuro buono". Per questo Carmelo Brugnara sogna di trasmettere al figlio barista il segreto per "tirare coi sassi un muretto che dura".Tra le
vigne di Ceola non pensa ai muri spinati che i leader globali vogliono alzare come monumenti alla paura che giustifica il loro potere. Quelli poi crollano. "Io sono un piccolo - dice - penso solo a pulire e a tenere su il posto in cui sto per accogliere tutti. Altrimenti resta da fare".


Quindi  viene  smentito   un luogo  comune   che  tale  tecnica   si   trovi solo  nel  sud  d'italia  .
Ho accennato    dai link   che  anche noi sardi  ne  abbiamo un esempio

  da   http://www.sardegnautentica.it/murettiasecco


muretti a secco caratterizzano il paesaggio rurale della Sardegna. Il fine del muro è la divisione in poderi; il paesaggio, così organizzato, è segnato dalla rete dei percorsi  camminus e andalas e dall'alternanza delle colture. Questa divisione nasce dall'applicazione di un sistema di regole le cui radici affondano nella Carta de Logu di epoca giudicale, le quali, pur essendosi evolute nel corso dei secoli, sono state osservate fino agli anni cinquanta del Novecento. Il metodo costruttivo in pietra a secco, assolve la doppia valenza di liberare le terre dalla presenza di pietre, rendendolo più adatto alle coltivazioni, e al sostegno della terra in prossimità di alberi e/o dei confini; si caratterizza storicamente per il metodo dell’autocostruzione, l’impiego di materiali lapidei di piccole dimensioni estratti in situ, la lavorazione minima dei materiali e la loro posa in opera senza leganti e connessioni. Il muro, essendo in pietra a secco, assume grande importanza in quanto, permettendo il drenaggio dell’acqua, mitiga lo spostamento della terra e ne determina l’assestamento.
La chiudenda realizzata con questo metodo costruttivo, si integra nell’habitat di specie animali e vegetali consolidatisi. Diventa al contempo una recinzione di pregio che qualifica ogni tratto della proprietà che cinge. Un lavoro di attenzione e di precisione che segue alla raccolta delle pietre dal fondo. Le pietre selezionate, vengono lavorate con la martellina e allineate secondo quanto disposto con una piccola fondazione. Il muro può variare nelle dimensioni per adattarsi alle esigenze particolari del fondo in cui insiste.

ancora presente in tutta  l'isola   come dice  uno dei pochi  artigiani  che ancora    li realizza  con le  vecchie tecniche  . Antica arte    che   nella  maggior  parte  dei casi   tale tecnica  è  snaturata  perchè le riparazioni  (  è una struttura  che  ha  bisogno di manutenzione  ) , nelle  fazioni  \ sobborghi  di paesi  soni   state modernizzate  .e le  nuove  costruzioni 

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