disegno di Tiziano Riverso
La chiamerò Luz, in omaggio a una mia cara amica, la peruviana che ha riconosciuto gli aguzzini di Rimini. Quelli che l'hanno presa, percossa, umiliata e stuprata. Vittima anch'essa d'una furia bestiale. Eppure, tendiamo a dimenticarla. Peggio: la mettiamo fra parentesi, come la sua vita precaria, scheggiata e oscura. Luz è una trans, una donna "di vita" - e qui, il vocabolo impiccolisce, si fa misero, quasi una fessura. Sarà. Noi non conosciamo i suoi attimi di gioia segreta, non sappiamo se lì, nel folto delle notti, abbia coltivato un sogno di variopinta pace, magari dei fiori in veranda, un languido occaso. Mi piace chiamarla Luz, luce, perché l'hanno relegata nel buio, ma senza lei, senza la sua sfrangiata sofferenza, gli assassini non avrebbero un volto. Ricorda ogni sguardo, ogni colpo, qualsiasi graffio, la volgarità dell'indifferenza, quel sentirsi reificata; e reclama giustizia. Sta collaborando con la giustizia. "Li voglio in cella a costo della vita", ripete, ad attestare che la sua non è un'esistenza approssimativa. Esige dignità. Proteggetela adesso, non restituitela alla strada, che non ha mai salvato nessuno. Malgrado gli annunci, infatti, i criminali sono ancora a piede libero. Proteggetela non solo perché vi è utile. Ma perché è una persona integra. Vende il corpo, forse; ma non si spreca. Forse, ha imparato pure ad amarsi. E nessuno ha il diritto di negare in modo così assoluto l'umanità altrui. Proteggete Luz, lo merita. E fermate, assolutamente fermate, chi con la sua efferatezza ha perduto il diritto a esser definito uomo.
© Daniela Tuscano
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