28.8.17

L’agenzia di moda Iulia Barton porta in passerella persone con disabilità. «Così trasformiamo davvero la percezione su chi è costretto in carrozzina»

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http://laprovinciapavese.gelocal.it/pavia/cronaca/2017/08/27/

Sara, modella a rotelle per cambiare il mondo

L’agenzia di moda Iulia Barton porta in passerella persone con disabilità. «Così trasformiamo davvero la percezione su chi è costretto in carrozzina»


PAVIA. La bellezza non si trova solo nella perfezione. È la visione di Iulia Barton srl, prima agenzia di moda inclusiva che vuol fare la rivoluzione nel mondo delle modelle taglia 38 che sfilano per le grandi firme. Come? Portando sulle passerelle modelle e modelli in carrozzina, amputati, con cicatrici, persone con disabilità e non solo. Tra le modelle c’è anche Sara Riccobono, studentessa pavese che pochi giorni fa è stata ospite a La vita in Diretta con il collega Umberto D’Anchise per parlare del caso del cartello di insulti al disabile «colpevole» di aver chiamato i vigili di fronte a un’auto in sosta nel parcheggio disabili.


Sara Riccobono ha fatto il giro d'Italia in handbike e giocato a hockey, scrive, viaggia e lavora

Sara, 23 anni, è sulla sedia a rotelle a causa di una esplosa il 30 dicembre 2007 quando aveva 13 anni. Vuol fare la giornalista ed è iscritta a Scienze della comunicazione all’università di Pavia, collabora con la Uildm, l’Unione italiana per la lotta alla distrofia muscolare dove svolge il servizio civile, ha giocato a hockey e fatto il Giro d’Italia in handbike, è stata in collegio e da pochi giorni è andata a vivere da sola. «È il mio settimo trasloco - racconta - ho vissuto a Giussago, Milano, Bornasco, Siziano e Pavia».

Aspirante giornalista, attivista, modella. Cosa lega queste cose?


«Giulia Bartoccioni, la fondatrice, è la sorella di Fabrizio, che ha avuto un incidente in motorino ed è in carrozzina. Lui è il presidente dell’associazione Vertical che raccoglie fondi per la ricerca sulle lesioni midollari. Io ho partecipato a una sfilata di Modelle&Rotelle, evento di beneficenza per la ricerca. Quando Giulia ha deciso di creare quest’agenzia di moda inclusiva, con un obiettivo come quello di portare modelle professionali in sedia a rotelle o con amputazioni sulle principali passerelle internazionali, ho pensato fosse importante: spesso le persone con disabilità sono viste come “sfigate”, poverine, con una vita triste, senza legami affettivi, amici o fidanzati. Vederli sfilare e con abiti d’alta moda può davvero modificare la percezione: bisogna usare tutti i canali per veicolare questi messaggi».

Che come dimostra il caso dell’automobilista che insulta gli “handicappati” non sono ancora abbastanza diffusi.


«Questa persona oltre alla multa per avere occupato un posto per disabili, ora si è preso anche una bella sanzione morale da tanta gente. In tv mi hanno detto che ero pacata, ma agli insulti preferisco rispondere con messaggi costruttivi. Di barriere ce ne sono tante, architettoniche e culturali, come non darmi una mano per salire sul bus o entrare in un negozio per esempio. Ma anche le parole sono importanti: io preferisco “persone con disabilità” a “disabili”, perché così si mette davanti il fatto che siamo persone. Ovvio che se la signora ottantenne mi chiama handicappata non mi offendo, e ho amici che mi chiamano “rotellina” e mi prendono in giro. L’ironia aiuta un sacco».

Bisognerebbe iniziare a parlare ai piccoli?

«Io vado nelle scuole con la Uildm ed è bellissimo, i bimbi ci vedono arrivare in carrozzina e pensano: “Che bello, un passeggino gigante!”. Con quelli più grandi facciamo giochi per far capire che anche noi facciamo sport, cuciniamo, abbiamo fratelli e sorelle, passioni. L’ultima volta abbiamo chiesto: “Secondo voi una persona in carrozzina può andare in discoteca? Come balla?”. E loro hanno guardato Fabio e hanno detto: “Lui balla con le dita!”. Aiuta a vedere le cose da un’altra prospettiva».

Ora è andata a vivere da sola. Ma... come fa?


«Ho messo tutto al mio livello, occupando ogni spazio basso, ho riempito tutto di scatole e cassetti a rotelle. Ho amici tetraplegici che vivono soli, mi sono detta: io sono solo paraplegica, ce la posso fare. Difficile trovare una casa accessibile, senza gradini all’ingresso o per salire sull’ascensore.
Mia madre era preoccupata, il primo giorno abbiamo conosciuto i vicini di casa, parlavamo con due ed è uscita tutta la via. Mi hanno lasciato tutti i numeri di telefono, per qualsiasi evenienza, c’è praticamente tutta la via su Whatsapp. È difficile, ma sono fiduciosa».


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