Se non eri milanese, non capivi Svampa. Ma, soprattutto, non potevi capire le vicende di Gavirago al Lambro, e infatti io non c'ho mai capito niente: né dove stesse Gavirago, né cosa diamine fosse "Una bella domenica" (a Gavirago al Lambro: cela va sans dire), andata in onda per diverse puntate fra il '75 e il '76. Parodia? cabaret? sit-com ante litteram? Tutto questo e molto di più, mescolato in uno scassatissimo frullatore e agitato durante l'uso. Risultato: una scoppiettante comicità, una nebbiolina di note così trascinanti da render colorata l'ambientazione di ringhiera, ma ancor di più, lo stesso, grigio schermo televisivo.
Non ci capivo una mazza, ma ridevo di gusto alle avventure di Nanni il milanese e Lino il calabro e delle rispettive mogli, che poi altre non erano che il Lino e il Nanni agghindati da femmine. E lì, lo scambio risultava fatale. Perché il Lino in parrucca bionda diventava una segaligna beatnik di periferia, mentre Nanni il meneghino, in chignon e gramaglie, perdeva di colpo la sua milanesità per trasformarsi in scura comare del Sud. Di nuovo, astrusi. Ma irresistibili.
Ero troppo giovane per i Gufi, recuperati in altra età, anche quelli un enigma, una Weimar sulle rive del Po (anzi, del Lambro). Ma per "Una bella domenica" c'ero e tutto diventava una favola al sapor di minestrone: dal Tognella stralunato e sfigatissimo, ma sempre pronto a riprovarci perché "se la se gira...", a Otello Profazio a quel profluvio vociericci scintillanti di Franca Mazzola alla lavandaia Katia Svizzero, nella vita compagna di Patruno, e su tutto Milano. In realtà, mescolato anche lui (in dialetto è maschile), perché Milano pervade ma non invade. Milano è anima, circostanza, laicità intesa come buon senso ed empatia (con "XI, non abrogare" Svampa entrava direttamente nel dibattito politico di quegli anni, pronunciandosi per il no all'abolizione del divorzio).
Anche Svampa diceva Padania - e Africa: non dimentichiamo infatti che i meridionali di allora sono gli extracomunitari attuali... -. Ma per qualche strana alchimia, nella "sua" Padania si sentivano a casa tutti. Cantava Brassens, e Brassens improvvisamente non poteva esser nato che lì, nella scighera, fra le stufe a cherosene. Nella Padania di Svampa l'unica a rimanere esclusa era l'esclusione. Con Svampa Milano diventava ciò che realmente era: Europa, mondo. Col coeur in man, fattivamente, storicamente. Senza patetismi. Con ironia svizzera (sì, Svampa era in grado di rendere ironica pure la Svizzera). Non potevi capirlo se non eri di qui. Ma anche qui non ti raccapezzavi: dovevi solo farti rapire per entrare nella dimensione del sogno, dell'arte. Cioè l'intelligenza liberata dalla razionalità. Svampa sva(m)porava, come la nebbia. Come una notte futurista.
© Daniela Tuscano
Nessun commento:
Posta un commento