Cagliari, storia di una coppia lesbica "Ecco com'è nata nostra figlia Angela"


Prima di riportare la  storia   di una famiglia gay  \  lesbica  o  "diversa"    se  si vuole seguire   l'ipocrita politicamente  corretto   e le difficoltà incontrate dalla coppia per realizzare il sogno della maternità
d'oggi    devo fare una premessa.
Non capisco  e mi lascia perplesso  il desiderio di maternità da parte delle  lesbiche  e   e  dei gay  , ma allo stesso tempo  mi chiedo   :  ma qualcuno pensa seriamente che due donne come genitori potrebbero non essere in grado di educare correttamente la bambina? Oppure di farla crescere felice? Allora nelle coppie etero dove un padre muore e la madre deve allevare un figlio piccolo non sarà in grado di allevare nel modo corretto il figlio perché manca la componente maschile? Allora secondo questa ratio obblighiamola a prender nuovamente subito marito per il bene del piccolo..... Io sinceramente non riesco a vedere tutto sto problema dell'educazione o della corretta crescita. L'importante   è che ci sia  amore ed affetto  e i bambini non crescano trascurati  ed abbandonati  , come spesso accade   nelle coppie  etero , dove  spesso  : <<  Tra questa gente senza più cuore, e questi soldi che non hanno odore \e queste strade senza più legge\e queste stalle senza più gregge\senza più padri da ricordare\e senza figli da rispettare. (...)  >> per parafrasare una famosa canzone di  Francesco De Gregori


  dall'unione sarda del 19\1\2014 


Una donna cagliaritana e la sua compagna raccontano: siamo una famiglia “illegale”«Così abbiamo fatto un figlio»Con la fecondazione eterologa a Madrid, vietata in Italia 
Il sogno di una coppia cagliaritana si è realizzato in una clinica di Madrid


Un neonato tra le braccia della mamma


Sandra, 37 anni, professionista cagliaritana, e Francesca, impiegata, vivono insieme da dieci anni. Il desiderio di avere un figlio è maturato quattro anni fa. Impossibile realizzarlo in Italia. La loro bambina, Angela, è nata nel 2011 grazie all'inseminazione intrauterina praticata in una clinica di Madrid. Sandra è rimasta incinta al secondo tentativo con l'inseminazione intrauterina, fatta in una clinica a Madrid, perché in Italia diventare madre con il seme di un donatore estraneo è vietato.Lo chiamano “turismo procreativo” e nonostante se ne parli poco registra numeri eclatanti. Per l'Osservatorio nazionale, ogni anno sono circa 4000 le persone che vanno a cercare di avere un figlio all'estero, con varie tecniche (legali) di fecondazione. In uno studio della rivista scientifica di Oxford, Human Reproduction , in Europa, il gruppo che varca maggiormente i propri confini alla ricerca di una soluzione all'infertilità, è quello italiano, il 31,8% del totale.Sandra, 37 anni, è una libera professionista cagliaritana, vive da dieci anni con la sua compagna, Francesca, poco più grande, impiegata. Nel 2009 decidono che vogliono diventare mamme ma non sanno come fare, non hanno esempi vicini (soltanto in seguito si avvicineranno alle Famiglie Arcobaleno, un'associazione ora molto attiva anche in Sardegna) e cominciano la loro ricerca su Internet.Provateci: di centri specializzati ce n'è un'infinità. In alcuni Paesi si possono scegliere le caratteristiche del donatore (Inghilterra, Belgio, Scandinavia), in altri l'anonimato è totale, sono i medici a decidere quale seme utilizzare e il segreto resta assoluto, salvo che il nascituro contragga una malattia grave o si trovi da grande coinvolto in un processo penale, per cui è necessario conoscere il suo patrimonio genetico. Le italiane di solito puntano sulla Spagna.Sandra e Francesca cercano una clinica in cui si parla italiano e trovano il sito fivmadrid.es . «Vent'anni di esperienza per differenti progetti familiari, per coppie eterosessuali, lesbiche e donne sole», dice l'home page. «Maternità a prezzi accessibili e finanziamento senza interessi», «trattamenti personalizzati, 1500 nel 2013, il 90 per cento andati a buon fine». Incuriosite, mandano una mail, spiegano la loro situazione, compilano una scheda e dopo due giorni ecco la gentile risposta.«Ci hanno subito richiesto una serie di visite ginecologiche, dosaggi ormonali, esami del sangue, poi siamo partite», raccontano.«Lì abbiamo incontrato un medico e una psicologa, ci hanno illustrato gli aspetti tecnici, spiegato che non è un percorso semplicissimo, non sempre si resta incinte subito, potrebbe anche non succedere. Ci hanno detto che si poteva fare la Fivet, cioè la fecondazione in vitro, oppure l'ovodonazione, la donazione di ovociti da parte di un'altra donna. O ancora la Iui, l'inseminazione intrauterina, la più semplice e per noi quella adatta». Una volta accettato, scatta un protocollo rigidissimo: documenti, consenso, certificati in cui si dichiara chi sarà la mamma biologica e (quando c'è) il nome del secondo genitore, uomo o donna, il sesso non importa. Sono tornate a casa, era febbraio del 2010. «Qui ci siamo affidate a un ginecologo, ci ha aiutato tanto ed è stato felice di farlo». Sandra ha iniziato a prendere gli ormoni prescritti, tramite dolorose iniezioni quotidiane in pancia, per due settimane, con l'obiettivo di far crescere i follicoli «e via fax mandavamo le ecografie a Madrid». Un giorno arriva la chiamata: la donna è pronta, è il momento giusto del ciclo, venite entro 36 ore. Prendono l'aereo, atterrano al Barajas , una corsa in taxi fino a Calle del Marqués de Urquijo 26, sede della Fiv, e in day hospital a Sandra, in 5 minuti, un medico introduce il seme con un tubicino. «Non sappiamo niente del donatore, se non che è un uomo sano. In alcuni Paesi c'è l'opzione aperta, il figlio a diciotto anni può chiedere il nome e andare a conoscerlo, noi abbiamo preferito quella chiusa». Una notte in hotel, quindi rientrano a Cagliari e aspettano. Dopo due settimane fanno un test di gravidanza che purtroppo risulta negativo.Allora si ricomincia. Iniezioni, ecografie, visite, e la nuova chiamata. Si vola di nuovo a Madrid, un'altra inseminazione, il ritorno a casa, dita incrociate, avrà funzionato?Finalmente la bella notizia: Sandra è incinta. Così porta avanti una normale e serena gravidanza qui.La clinica a questo punto ha esaurito la sua missione: vuole soltanto la prima ecografia e poi, se tutto fila liscio, una comunicazione finale: Angela è nata il 6 giugno 2011, peso 2,8 chilogrammi. «Quanto è costato? Quattromila euro, ogni volta, tutto compreso, anche viaggio e soggiorno. Complessivamente 8000 euro. Siamo state fortunate, già il secondo tentativo è andato a buon fine, non sempre è così facile». Oggi, due anni e mezzo dopo, Sandra, Francesca e Angela vivono a Cagliari, in una villa con un giardino e un cane. Niente cognomi, per proteggere la piccola. Sono una splendida famiglia, che non è riconosciuta dallo Stato italiano.

Cristina Cossu






ecco cosa succede  all'estero   , sempre  dall'unione sarda  

Cosa succede in Gran Bretagna e nei diversi Paesi d'Europa. Negli Usa anche la maternità surrogata
La Banca dove il seme si sceglie on line



In Harley Street, a due passi da Regent's Park, c'è la London Sperm Bank . Fondata nel 2010, la Banca del seme di Londra è il principale fornitore di sperma del Regno Unito, ha diecimila fiale in giacenza e aiuta «le coppie e le donne sole a realizzare il sogno di avere un bambino». Per poter usufruire dei servizi di questo speciale istituto bisogna essere un paziente registrato alla Women's Clinic oppure al Bridge Centre. Ogni ciclo di trattamento costa 850 sterline. A questo punto, si può sfogliare il catalogo on line e selezionare un donatore. Si può scegliere per razza - asiatico, nero, caucasico, sangue misto, orientale - colore degli occhi, dei capelli e della pelle, altezza, nazionalità, titolo di studio, occupazione, religione. Ad esempio: il donatore 1045, è sudafricano, ha gli occhi verdi, i capelli castano scuro, carnagione chiara, è alto 1 metro e 80, pesa 86 chili, ha due lauree, in Giurisprudenza e in studi sul Sud est asiatico, fa l'avvocato e la sua confessione è l'ebraismo. I suoi interessi e hobby sono: nuoto, sci, escursionismo, fotografia, viaggi e volontariato. Inoltre, è molto cordiale, loquace e socievole e, nel tempo libero, ama uscire con gli amici.
Non sono tantissime le italiane che approdano nella capitale inglese per una fecondazione eterologa, «a pesare è probabilmente il fattore linguistico». La metà preferita per le coppie e le single di casa nostra - registra l'Osservatorio sul turismo procreativo - è la Spagna, dove la legge consente sia la donazione di gameti che quella di embrioni e dove esistono grandi cliniche per la procreazione medicalmente assistita in cui tutti, centralinisti, medici, infermiere, parlano italiano. La seconda destinazione più frequentata è la Svizzera: qui è ammessa soltanto la donazione di seme alla donna sposata. Da un po' di tempo sta avendo successo anche la Repubblica Ceca, con una normativa analoga a quella spagnola, sempre “sicuro” il viaggio in Danimarca, dove si può usufruire sia della donazione del seme che di ovociti (non di embrioni), a prescindere dallo stato civile. In Belgio è consentito tutto, in Grecia pure ma è necessario essere coniugate. In Europa - spiegano all'Osservatorio - soltanto Italia e Turchia non ammettono l'eterologa.
La “maternità surrogata” (utero in affitto), vietata anche questa dalla nostra legge 40, si ha quando una donna si fa carico di una gravidanza, per conto di una coppia sterile, omosessuale o di un single, fino al parto. La fecondazione (in vitro) viene effettuata con seme e ovuli della coppia richiedente o, se necessario, di donatori e donatrici. L'embrione poi viene impiantato nell'utero della portatrice, che partorirà senza essere però riconosciuta come madre. La madre legale sarà solo quella che ha trasmesso i geni, anche se non ha partorito. I pionieri di questa pratica sono gli Stati Uniti - agenzie specializzate seguono l'intero percorso, dalla ricerca della “madre” alla burocrazia da affrontare quando nasce il bambino, con costi che variano dai 70 mila ai 165 mila dollari - ma si fa legalmente anche in Canada, Russia, Ucraina e India. Non si conoscono i numeri esatti del fenomeno dall'Italia (migliaia di persone, comunque) anche perché una volta che si torna in patria sorgono problemi legali di riconoscimento da parte dello Stato. È accaduto che una coppia sia stata accusata di “alterazione di stato di nascita”, reato punito con la reclusione fino a 15 anni. 

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