L'Africa di don Ottavio dove pulsa la vita vera
«Voi bianchi non potete capire» ridacchia don Ottavio, bianco per caso, nero per passione. Il suo pensiero va oltre le parole, la sua esperienza traduce le intenzioni dei fratelli africani. Perché nel Continente nero due ore sono sempre quattro, le cose fatte generalmente sono da rifare e soprattutto nulla è certo nella stagione delle piogge. E allora bisogna seguire il tempo, senza fretta, lasciare a casa l'operatività occidentale, lasciar fluire la vita, così come viene. Per questo mentre gli uomini bianchi, intrappolati nei tempi morti dell'uomo nero, continuano a preoccuparsi, Ottavio se la ride: un metro e mezzo di simpatia e cinismo, cammina con piede malfermo tra la nebbia di Aglientu. Era stanco e ha deciso di tornare a dir messa in Sardegna per quattro vecchiette litigiose. Ma è durata poco. Ha mandato una lettera al vescovo: mi ritiro. L'Africa per lui è stata una grande maestra di realismo. Ha visto donne e bambini morire di fame, tonnellate di aiuti passare di mano e perdersi tra le pieghe della burocrazia. Ha preso la malaria 18 volte, è sopravvissuto alla siccità, alla fame, all'indifferenza. Il mese scorso è ripartito per il Mozambico, da privato cittadino. Con la sua associazione raccoglie fondi in Gallura e li porta in Africa. Dove sa, dove serve. A piccoli passi, senza fretta.
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