10.1.14

Il latitante buono e la grazia del Presidente

il film  visto  ieri sera  



mi ha  ricordato la storia   che  leggerete sotto  quella de Il latitante buono e la grazia del Presidente

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Sessantuno anni, di cui 29 in latitanza. Passati a fare il pastore, come sempre aveva fatto. Questa l’incredibile storia di Chircheddu Calvisi, il “latitante buono”, e di quella sera di giugno del 1990 quando tornò a casa, dopo la grazia ricevuta dal presidente Cossiga. Un’emozione grande per una comunità intera suggellata dalle lacrime trattenute a stento del vecchio padre Arcangelo, della amatissima moglie Caterina, che mai si era arresa di fronte all’incredibile odissea giudiziaria, fatta di condanne, assoluzioni, processi clamorosamente riaperti (solo per la terza volta nel dopoguerra, si applicò l’articolo 554 che permetteva la revisione di una sentenza già passata in giudicato), e un paese, Bitti, che, nonostante la condanna per l’omicidio di Andrea Oronesu, aveva invece firmato convinto la sua assoluzione
Un paese dove Calvisi tornava ogni tanto, a vedere la primogenita, Lucia Angela, diventata medico. E il secondo figlio, nato poco dopo la fuga in montagna in quella gelida notte del 1957, Diego, pastore come lui. Disse in quei giorni il maresciallo Romundo, il sottufficiale che per vent’anni gli ha dato la caccia: «Sapevamo bene che Calvisi spesso veniva in paese. Noi cercavamo di incastrarlo. Ma era molto astuto. Evitava trappole e tranelli». Ma molti pensano che invece di incastrarlo non cercassero proprio. Perché Chircheddu era un “bandito” di quelli che non esistono più. Uno che si era dato alla latitanza per dimostrare il suo malessere contro un’accusa che riteneva ingiusta. Che prima di fuggire aveva giurato alla moglie «tornerò pulito». E che in latitanza mai aveva avuto a che fare con banditi, sequestri, atti di delinquenza di qualsiasi tipo. «Lavoravo, quando potevo – raccontò – facendo il pastore, magari sotto falso nome. Pensavo, tanto. E soffrivo. Ma non mi sono mai interessati i banditi, la vendetta. Non è cosa per me». Fu festa grande quelle sera a Bitti. Chircheddu era tornato. Graziato, caso unico, in latitanza dal “suo” Cossiga. Ultimo bandito buono di un mondo che non esiste ne esisterà mai più.

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