Il ginecologo Andrea Borini: qui molti divieti e troppa confusione sulla normativa In fuga all'estero per procreare Ogni anno 4000 pazienti partono per avere un bambino

il caso   delle  due  donne  che  sono andate all'estero per  avere una bambina  da  me  racconto qui in un preccdente post è come  dico  nel titolo e  come dice  all'unione sarda  del 20\1\2014  ( vedere sotto articolo )   Il responsabile dell'Osservatorio sul turismo procreativo spiega che molte persone vanno fuori anche per pratiche che si possono fare qui con la mutua.

«La fuga all'estero per cercare di avere figli è un fenomeno di massa. Il boom, all'indomani dell'entrata in vigore delle restrizioni della legge 40, poi l'assestamento. Ma ancora oggi, nonostante alcuni divieti siano caduti grazie ai giudici, il 50 per cento dei pazienti che va fuori - sono circa 4000 l'anno - cerca trattamenti ammessi anche in Italia».
Andrea Borini, ginecologo, è responsabile dell'Osservatorio sul turismo procreativo e direttore dei Centri Tecnobios, specializzati nella diagnosi e cura della sterilità e nelle tecniche di fecondazione assistita, con sede principale a Bologna.
Si espatria perché qui ci sono troppi impedimenti?
«All'inizio, dal 2005 in poi, sì, ora invece la migrazione è dovuta anche al fatto che c'è la convinzione che l'eccellenza sia altrove, e che si può risparmiare. Molta confusione e ignoranza circondano la legge. Così, anche chi potrebbe restare a casa - dove ci si può rivolgere a un ospedale pubblico, a una struttura convenzionata, oppure a una privata - pensa di essere obbligato a varcare i confini. Capita spesso a chi ha necessità di una diagnosi pre-impianto, perché colpito da gravi malattie genetiche, oppure a chi vuole congelare tutti gli embrioni prodotti con un ciclo di stimolazione. Manca l'informazione, non si sa cosa si può fare e cosa no».
Cosa è vietato in Italia?
«La fecondazione eterologa, cioè quella con il seme o l'ovulo estraneo alla coppia, e la donazione di embrione. Oltre all'utero in affitto».
Cosa si può fare, invece?
«Tutto il resto, o quasi, grazie a una serie di sentenze che hanno allentato le limitazioni. Ma ad aprile la Corte costituzionale è chiamata di nuovo a pronunciarsi, speriamo bene. Anche la Corte di Strasburgo ha stabilito che la “40” viola la convenzione europea sui diritti umani».
È ottimista?
«La nostra Costituzione dice che tutti siamo uguali davanti alla legge. Il divieto della eterologa è incompatibile con i principi di non discriminazione tra coppie sterili e fertili, priva le prime della possibilità di autodeterminare e realizzare il proprio progetto familiare. Non solo, il fattore economico oggi determina la possibilità di procreare, oltre alla natura stessa. Mettere al mondo un figlio è un dato positivo in ogni società e se io sono sterile, perché non ho spermatozoi, devo poter tentare di ovviare al problema. La donazione è una terapia, quindi devo poterla fare. Così accade ovunque. Quindi, per rispondere alla domanda, in parte sono ottimista».
Perché in parte?
«Perché in Italia su questi temi c'è sempre la tendenza a porre ostacoli, a impedire che concretamente le cose si possano fare in modo semplice. Dappertutto le donne che donano ovociti hanno un rimborso, ed è corretto, in quanto devono comunque sottoporsi una sorta di piccola operazione. Sono sicuro che se un giorno da noi questo sarà concesso, imporranno la gratuità, oppure la parentela. Ricordo che avevano messo un limite al numero degli embrioni. Assurdo».
Qual è la meta preferita dalle italiane?
«La Spagna, Madrid e Barcellona sono le città d'elezione soprattutto per l'eterologa. La legislazione spagnola permette infatti sia la donazione di gameti, sia quella di embrioni. Poi, soprattutto per chi abita al nord, ci sono Lugano, Bellinzona e Locarno, dove si va per l'omologa».
Parliamo di utero in affitto.
«La maternità surrogata sarà difficilissimo che passi. Crea molte paure e fantasmi. Ma penso che sia un'altra vergogna tutta italiana. Chi l'ha fatta rischia addirittura di finire in galera, come è successo a una coppia di Brescia. Siccome non esiste un tribunale che ci dica con chi dobbiamo accoppiarci, dovremmo essere liberi di autodeterminarci. Se la natura, che spesso è cattiva, non ti ha dato un utero “sano”, perché impedire la ricerca di un altro utero? La medicina è fatta per questo, per trovare soluzioni ai problemi. Se uno ha la polmonite si cura, no?
Magari si vuole anche evitare che ci siano mamme e papà troppo anziani?
«Certo, ma si può discutere e ragionare, stabilire limiti di età. I divieti tout court creano istinti guasti e alimentano il “contrabbando”. Il turismo sanitario non è mai indice di progresso, significa che una società non risponde adeguatamente ai bisogni dei suoi cittadini. È un fenomeno di cui non si può certo andare fieri: i politici dovrebbero invertire questa tendenza all'esodo, importando turismo sanitario piuttosto che esportarlo».
Cristina Cossu

 e  sempre secondo  il giornale  (  di centro destra    vicino a  berlusconi N.B )  è una legge  iniqua  che ancora  resiste ( infatti  per motivi  ideologici  e pro vaticano   non sono  stati  fatti i decreti attuativi   nonostante  sia  stata  smantellata   a colpi di sentenze    )  . Infatti   << La 40 del 2004 modificata da diverse sentenze. Famiglie Arcobaleno: mancano le misure minime >>
La legge italiana 40 del 2004 vieta «il ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo». Cioè: l'utilizzo «a fini procreativi di gameti di soggetti estranei alla coppia richiedente». Dice inoltre: possono accedere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita «coppie di maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi, in età potenzialmente fertile, entrambi viventi». La norma è stata combattuta fin dall'inizio, prima di tutto per ragioni mediche, poi sociali. Già pochi mesi dopo l'entrata in vigore, i Radicali e l'associazione Luca Coscioni avevano lanciato una raccolta di firme per un referendum abrogativo totale, poi trasformato in quattro quesiti referendari, confluiti nella consultazione del giugno 2005, con esito negativo per mancato raggiungimento del quorum. Da allora, in sostanza la legge è stata in buona parte cambiata a colpi di sentenze, in tutto una ventina, la prima proprio del 2004, del Tribunale di Cagliari (il giudice consentì una riduzione embrionaria per possibili rischi, in caso di gravidanza plurima, alla donna che ne aveva fatto richiesta), un'altra del 2007, sempre a Cagliari, sulle linee guida: si consentì la diagnosi preimpianto, per conoscere lo stato di salute dell'embrione. Insomma, un traguardo dopo l'altro, la “40” resiste a metà, ma questo basta a far sì che migliaia di coppie italiane vadano all'estero a fare non soltanto quello che qui è illegale e lì diffusissimo e normale, ma anche a tentare tecniche ammesse nel nostro Paese, perché - spiega uno studio dell'Osservatorio nazionale sulla procreazione assistita, «i pazienti hanno difficoltà a reperire informazioni chiare sulle legge e le modifiche avvenute in seguito alle numerose sentenze, e c'è scarsa fiducia nelle possibilità di ricevere “a casa” trattamenti adeguati».E se i problemi esistono per le coppie eterosessuali, sono ovviamente amplificati per quelle omosessuali. La politica non è capace neppure di trovare un accordo-base sulle unioni di fatto, se ne infischia del paese reale, «in materia di diritti civili, siamo il fanalino di coda non solo nell'Ue ma nel mondo», dice Ivan Scalfarotto, deputato del Pd.«Siamo preoccupati, abbiamo appreso che è in preparazione un disegno di legge volto a regolamentare le unioni di fatto, incluse quelle omosessuali, escludendo però esplicitamente la possibilità di adottare il figlio del partner qualora non abbia già un altro genitore», dice Giuseppina La Delfa, presidente di Famiglie Arcobaleno, «ma non abbiamo idea di quali siano le reali intenzioni dei parlamentari, siamo nel buio totale, vogliamo ricordare che l'opzione per una “civil partnership” che includa questo tipo di adozione, è una misura minima se si vuole garantire tutele giuridiche e legami affettivi ai bambini nati entro moltissime delle nostre famiglie». L'associazione dei genitori omosessuali ha 783 soci, 290 uomini, 493 donne, 252 bimbi (197 con genitori mamme, 52 con genitori papà). Gli aspiranti genitori sono 449, i genitori con figli provenienti da precedenti relazione eterosessuali sono il 5 per cento, il 9 per cento dei soci sono persone sole. In Sardegna gli iscritti sono sette: due coppie di donne, una di uomini e un babbo single. (cr. co.)



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