La sera dell’11 marzo del ’38 sono andato a dormire ed ero austriaco. Quando mi sono svegliato avevano fatto di me un tedesco. Anschluß. L’annessione di Hitler. Ero andato ai Mondiali del ’34 in Italia come portiere dell’Austria, quella mattina in cui mi svegliai senza patria mancavano tre mesi ai Il Wunderteam era Bican, Josef Bican, attaccante, l’uomo che ha segnato due gol più di Pelé. Li ha contati la rivista argentina El Gràfico, escludendo quelli delle amichevoli. Bican 759, Pelé 757. Da bambino giocava senza scarpe, per questo era diventato così bravo. Una volta sua madre invase il campo e picchiò con un ombrello l’avversario che gli aveva fatto fallo. Finì a giocare per la
Cecoslovacchia. Il Wunderteam era stato Hiden, Rudi Hiden, portiere. Il mio modello. Respingeva con i pugni e andava incontro agli attaccanti urlando, aveva fatto il fornaio. Poi giocò per la Francia. Il Wunderteam era Sindelar, Matthias Sindelar, attaccante. Che dico attaccante, fuoriclasse. Magro da fare spavento, trasparente, lo chiamavamo cartavelina. Anche per la sua eleganza, oltre che per la leggerezza. Non giocò mai per altri, neppure per la Germania che nel ’38 voleva imporglielo. Io per la Germania giocai. Hitler fece tenere un referendum il 10 aprile del ’38 per ratificare l’annessione, sette giorni prima a Vienna avevano organizzato la Anschlußspiele, la partita dell’annessione. Austria contro Germania, dopo saremmo stati convocati dall’altra parte. Un clima festoso, almeno in apparenza. Vennero in 60 mila al Prater per dire addio alla nostra squadra, ci era stato concesso di salutare per l’ultima volta il pubblico. Il nostro ct, Hugo Meisl, era morto 13 mesi prima. In campo ci guidava Sindelar, capitano. Un artista della finta, così lo chiamava Vittorio Pozzo, allenatore dell’Italia e giornalista. Rimasi a guardare, in porta andò Peter Platzer, del quale ero stato riserva già ai Mondiali. Platzer, Sesta, Schmaus; Wagner, Mock, Skoumal; Hahnemann, Stroh, Sindelar, Binder, Pesser. Questa fu l’ultima Austria, questo fu l’ultimo Wunderteam. Sindelar volle che rinunciassimo alla nostra solita maglia bianca, disse Oggi la mettiamo rossa. Non aveva simpatie per i nazisti. Tenne il braccio basso mentre noi lo alzavamo per il saluto a centrocampo, poi fu il padrone della partita. Scartava mezza Germania e davanti alla porta la buttava fuori. Si disse che fu la sua protesta. Fino al 62′, quando preferì ribellarsi facendo gol. Nove minuti dopo Sesta segnò il 2-0, Sindelar andò a esultare sotto la tribuna dei burocrati e dei militari tedeschi. Qualcuno vide un pugno chiuso. Nove mesi dopo, a 36 anni, lo trovarono morto in casa con la sua compagna italiana. Un incidente, dissero, chiudendo il caso in grande fretta. Diedero la colpa al cattivo funzionamento di un caminetto. Un dolore e un grande mistero. Il 5 giugno del ’38, lo stade de Gerland a Lione rimase chiuso. Si sarebbe dovuta giocare lì una delle partite del primo turno dei Mondiali del ’38. Svezia contro Austria. Ma l’Austria non c’era più. Partita cancellata. Passò la Svezia. Nove di noi erano stati convocati dalla nazionale tedesca:
Hahnemann, Mock, Neumer, Pesser, Schmaus, Skoumal, Stroh, Wagner e io. Sepp Herberger, lo stesso ct che nel ’54 avrebbe poi portato la Germania al titolo mondiale, mi schierò da titolare contro la Svizzera al Parco dei Principi. Il capitano era Mock, di Vienna, come me. Ma in Austria eravamo stati rivali: lui dell’Austria, io del Rapid. Finì 1-1, cinque giorni dopo la ripetemmo. Mock però rimase in panchina, la fascia da capitano finì sul braccio di Fritz Szepan. A molti non parve una scelta casuale. Szepan era di Gelsenkirchen, in Westfalia. Quando dopo l’Anschluß ci eravamo allenati per la prima volta insieme, austriaci e tedeschi, lui aveva reagito male a un’esibizione di palleggi messa in scena da Stroh a centrocampo. Noi di Vienna avevamo applaudito tutti, lui provò a ripetere lo stesso numero e alla fine calciò il pallone addosso a Stroh, chiudendo tutto con un insulto. E Herberger adesso gli dava la fascia da capitano. Perdemmo 4-2, ci davano favoriti per quel Mondiale, invece tornammo subito a casa. Senza sapere, molti di noi, quale luogo dovessimo chiamare casa. Heimat.Peter Platzer, durante la guerra, andò due volte a bussare alla porta di Silvio Piola con la divisa da ufficiale addosso, ma solo per abbracciarlo. Quanto a me, nel ’41 con il Rapid Vienna ho battuto lo Schalke 04 degli anni d’oro nella finale per il titolo. Recuperammo tre gol e vincemmo 4-3, parai di tutto. Gli unici di Vienna a essere stati campioni di Germania.Rudolf Raftl è morto nel settembre del 1994. Da austriaco.(Come per tutta la serie, i pensieri e le parole attribuite a Rudolf Raftl sono rielaborazioni di fantasia, ricostruite su fonti storiche e liberamente ispirate a fatti realmente accaduti)
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