L'atroce “spirito di Dachau” che non risparmiò i sardi


Lo storico Aldo Borghesi: molti di loro erano soldati sorpresi dopo l'armistizio



Un processo industriale, tecnologicamente avanzato e pianificato scientificamente. Una precisa volontà di annientamento che ebbe inizio nel 1933 con la costruzione del primo campo di concentramento, dedicato agli individui asociali, a Dachau. Fucina di formazione per le SS e scuola di violenza senza pietà, diede origine al cosiddetto “Spirito di Dachau”, poi esportato in tutti gli altri campi. Uno scenario di violenza e di morte al quale i sardi non furono estranei: in base ai dati raccolti e messi a disposizione dall'Associazione nazionale ex deportati nei campi nazisti a Dachau passarono 98 persone nate in Sardegna: 37 nella provincia di Sassari, 36 Cagliari, 19 Nuoro e 6 Oristano. 


Scorrendo l'elenco dei deportati a Dachau si va dai ventenni, come Emanuele Binno, matricola 116417, nato ad Abbasanta l'11 gennaio 1924, deportato da Trieste il 19 ottobre 1944, ai settantenni, come Antonio Letta, matricola 56628, nato a Serramanna il 16 marzo 1874 e deportato l'8 ottobre 1943. E si individuano altri due nomi sardi, dei quali non è noto il luogo di nascita: Eduardo Porcu, nato il 16 gennaio 1924 e Giovanni Cossu, del 10 febbraio 1923. Cossu fu catturato a Roma il 5 gennaio 1944, poco più che ventenne e giunse nel campo costruito a quindici chilometri da Monaco due giorni dopo. Venne liberato a Mathausen il 5 maggio 1945 dall'undicesima divisione corazzata dell'esercito degli Stati Uniti.Due storie, in particolare, emergono dalle ricerche dello storico Aldo Borghesi, dell'Istituto sardo per la Storia della Resistenza e dell'Autonomia. Quella di Bartolomeo Meloni, medaglia d'argento al valor militare, nato a Cagliari nel 1900 e laureato in ingegneria al Politecnico di Torino, militava nel Partito d'Azione e collaborava con la Resistenza partecipando al sabotaggio delle tradotte militari con le quali i tedeschi trasportano i soldati e i marinai italiani in Germania. Arrestato a Venezia nel dicembre 1943 arriva a Dachau due mesi dopo, dove muore il 10 Luglio 1944. E quella di Virgilio Bidotti, di Ilbono, che rivive nella testimonianza raccolta da Livio Loi, direttore del Centro Culturale del paese: «Fui catturato il 20 settembre 1943 a Verona, a dodici giorni dall'armistizio. L'ufficiale capo del mio battaglione rifiutò di collaborare con l'esercito nazista: il nostro commando di oltre 400 uomini fu perciò messo agli arresti e portato a Dachau. La nostra prigionia fu durissima: vestiti con una leggerissima divisa e con ai piedi un paio di zoccoli malconci, sia d'estate che d'inverno, quando la temperatura raggiungeva anche i 40 gradi sottozero, eravamo costretti a svegliarci alle 5 del mattino e a lavorare per dodici ore al giorno, sotto il costante controllo degli aguzzini nazisti, che non tolleravano che parlassimo tra di noi o che riposassimo anche solo per un istante». Bidotti è morto nel 2007.Ma quale fu il tributo pagato dalla Sardegna nel complesso? Come ha spiegato lo storico Aldo Borghesi, in un'intervista fatta da Walter Falgio per Radio Rai «i sardi passati per l'inferno concentrazionario nazista sono stati 250, in parte militari sorpresi dall'armistizio fuori dalla Sardegna e provenienti da quei 60-70 mila sardi che vivevano in continente per lavoro. Queste persone si spargono in tutto l'arcipelago di campi concentrazionari nazisti e non c'è campo di concentramento importante in cui non ci sia un sardo». La stessa trasmissione radiofonica, la cui registrazione è disponibile nell'archivio aperto Sardegna Digital Library,( http://www.sardegnadigitallibrary.it/index.php?xsl=626&s=17&v=9&c=4462&id=299869  ) contiene anche l'intervista a Modesto Melis, deportato nel campo di concentramento di Mauthausen, a dimostrazione dell'importanza degli archivi multimediali, per tenere viva la memoria

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