LAMENTO PER IL CIGNO UCCISO di © Daniela Tuscano

Sono reali per l'incedere lento, pingue. Paiono indifferenti, ma è bellezza senz'aggettivi, soprattutto senza vizio. Poi, una volta fuori del perimetro acquatico, tornano palmipedi: goffi, umorali. Hanno carattere, i cigni. Il carattere basta in natura, in quel mondo di spazi e non di tempo, dove si è soggetti soltanto alle stagioni, agli amori e ai climi. 
Ma il tempo esiste, per opera dell'uomo. Che gli ha dato un senso, il suo; e l'ha organizzato secondo i suoi desideri e capricci. Il tempo, non dà tempo. L'uomo, a differenza del cigno, sa di averne poco e vuol catturarlo, possederlo, talora giocarci. L'uomo ha percezione della propria fragilità e, a differenza del cigno, ragiona. Davanti a una libertà sconfinata può tacere, pregare e proteggere; e allora diventa la creatura più amabile e materna del pianeta. La natura da cui è uscito si riconcilia con lui. 
Ma può anche incrudelire, invidiare, possedere: e, in quel caso, non v'è limite alla sua ferocia. Può uccidere per malvagità, gioco o semplicemente noia. E lì il carattere non serve più. È anzi impedimento, affronto. Il cigno 

L'immagine può contenere: uccello, spazio all'aperto, acqua e natura
molestato da tre mocciosi danesi ha mostrato, a suo modo, sdegno e fierezza. S'è sentito privato della sua natura, sacra per il solo fatto d'esistere. Non era un sasso o un altro oggetto inanimato, ma un reale cigno, con un ruolo sulla terra. 
L'uomo libero e invidioso non riesce più a capirlo. Adopera i suoi frammenti di tempo per invadere lo spazio altrui. E non dà tregua. Tormenta, insegue e uccide. A sassate, a bastonate. Lapida la natura che lo travalica, quella placidezza innocente che continuerà a scorrere dopo di lui e, malgrado tutto, non si lascia sottomettere. 
Sì, quei giovani danesi hanno commesso un assassinio. In essi è già svanita ogni traccia d'innocenza. Meritano una punizione severa, che li rieduchi all'alfabeto della creazione. Ma, ancor di più, dell'altruità. L'uomo violento vince suicidandosi, ignorando d'essere un anello nel flusso vitale. L'ultimo, forse; ma non l'unico. E spegnerne un altro, sia pure un semplice cigno, compromette la sua stessa esistenza, il suo ruolo di custode, quel tempo che gli scivola via, implacabile e deserto, privo d'anima e di pietà.

© Daniela Tuscano

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