Non affiancherò a questo ritratto gioioso del piccolo Hassan la fotografia che lo mostra smunto e immobile su un tavolo freddo. Perché Hassan non ce l'ha fatta, come tanti, troppi che nascono oggi a Gaza.
Il vero Hassan è qui. Nella magnificenza esplosiva del suo sorriso, irrefrenabile malgrado le cannule nasali. Sembrano tagliargli il volto in due, e testimoniano che no, Hassan non si trovava nella comoda culla di casa, ma in un lettino d'ospedale. Il primo e l'ultimo della sua brevissima vita.
Eppure ecco, la vita. Hassan sapeva essere felice anche con quei cosi addosso. Poiché un bimbo è sempre un di più. Un troppo di bellezza, e Hassan era bello al punto da togliere il fiato.
Ma il sorriso, lo sguardo, l'incarnato, non lo rispecchiano appieno. Quella di Hassan era una bellezza leopardiana; cioè spirituale. Tutta rivolta all'alto.
È così per tutti i bambini. È la loro ostinata, piena naturalezza a renderli splendidi, pur se imperfetti e mancanti. «Definisci bambino», ha dichiarato sconsideratamente qualcuno che, all'evidenza, la sua infanzia l'ha dimenticata. Ma i bambini non si «definiscono». Impossibile circoscriverli. Il loro sorriso sconfigge qualsiasi guerra, perché resiste alle bombe, alle macerie, al cinismo, alla tracotanza dei potenti che, ai loro occhi, sono sempre nudi. Non s'illuda chi crede di spegnerlo: il solo ricordo di quell'eccesso, di quella forza gentile di cui sono ricchi tutti gli Hassan del mondo, attesta che la vera umanità è altrove, ed è Altra.
© Daniela Tuscano

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