Per appprofondire la mai risposta
da ****@tiscali.it
Caro Beppe
Da lettore del tuoi sociale e del tuo blog devo farti un osservazione . Dici di non essere morboso o d'esserlo di meno , ma allora perchè condividi o parli di fatti di cronaca nera in particolare femminicidi o violenza di genere ? Meno se ne parla e meno spazio gli si da è meglio è troppi gesti emulativi .
Antonio T
Mi spiace Caro Antonio ma tu proponi di fare come Il fascismo e la Dc fino agli anni 50\60 con " scorie " fino al al 1978 . Il primo vietò di parlare di cronaca nera per motivi strettamente legati alla propaganda e al controllo dell'immagine del regime. Infatti La cronaca nera era vista come “disfattista” e potenzialmente corruttrice, quindi bandita dai giornali e dai mezzi di comunicazione.In sintesi, il fascismo non vietava la cronaca nera per proteggere le vittime o per motivi etici, ma per mantenere il controllo ideologico e impedire che la realtà mettesse in discussione la narrazione ufficiale. Se vuoi, posso mostrarti esempi di giornali dell’epoca o approfondire come funzionava la censura in altri ambiti. Infatti molti eventi di cronaca nera o casi come Omicidi e delitti efferati , Delitti familiari e passioni violente: omicidi tra coniugi, femminicidi o crimini sessuali venivano sistematicamente oscurati o descritti in modo edulcorato.Crimini contro bambini: casi di pedofilia o infanticidio erano considerati troppo destabilizzanti per l’opinione pubblica e quindi censurati. Inoltre Attentati e atti sovversivi Attentati contro Mussolini: come quello del 1926 da parte di Gino Lucetti, furono minimizzati o attribuiti a “squilibrati” per evitare di mostrare dissenso interno.Attività anarchiche o comuniste: ogni azione violenta o sabotaggio da parte di oppositori politici veniva nascosta o reinterpretata come “atti criminali comuni”. Crimini commessi da membri del regime cioè Abusi di potere, corruzione, violenze da parte di gerarchi fascisti: non solo censurati, ma spesso insabbiati con la complicità della stampa controllata dal MinCulPop.Violenza della milizia fascista (MVSN): pestaggi, intimidazioni e omicidi politici venivano giustificati come “azioni per la sicurezza nazionale”. Incidenti e disastriDisastri ferroviari, industriali o ambientali: venivano censurati per non mostrare inefficienze dello Stato.Epidemie o problemi sanitari: come la diffusione della tubercolosi o della malaria, venivano minimizzati per non incrinare la narrazione di progresso e benessere . La censura non si limitava a non pubblicare le notizie: spesso i giornali venivano costretti a riscrivere gli eventi in chiave propagandistica, oppure a sostituire le notizie di cronaca nera con articoli celebrativi del regime. eline fasciste: comunicati stampa non ufficiali inviati ai giornali con istruzioni precise su cosa pubblicare e cosa censurare. Questi ordini non erano negoziabili: i giornalisti dovevano attenersi scrupolosamente alle direttive del regime. Quindi fatti Delitti passionali : spesso riscritti come “incidenti” o “gesti di follia momentanea”.Crimini sessuali: completamente rimossi dalla stampa, considerati “immorali” e incompatibili con l’ideale fascista.Suicidi: censurati per non mostrare disagio sociale o depressione, che avrebbero contraddetto la narrazione di benessere.Omicidi politici: come quello di Giacomo Matteotti, inizialmente minimizzato e poi rimosso dalla discussione pubblica.
Con la Dc ( democrazia cristiana ) , invece si mantenne un controllo piuttosto rigido sulla comunicazione culturale e mediatica, soprattutto negli anni ’50 e ’70 . : Infatti nella DC ci fu una continuità con il passato fascista visto che molti funzionari del Minculpop, il ministero della propaganda fascista, rimasero al loro posto anche dopo il 1945. Cambiarono solo incarico o scrivania . Infatti La censura non fu abolita, ma riformulata: le opere teatrali, cinematografiche e letterarie dovevano ancora passare per una commissione di censura preventiva. Uno dei casi più ecclatante e più noto fu Il caso dello scrittore Vitaliano Brancati fu uno dei più colpiti dalla censura democristiana:La sua commedia La governante fu ostacolata perché considerata immorale e critica verso l’ipocrisia clericale.La DC venne definita da Brancati una “dittatura clericale”, capace di turbarsi al solo sentir nominare certe tematiche sessuali o sociali.Persino opere classiche come La Mandragola di Machiavelli furono vietate a teatro.L'esempio più clamoroso di cui ho memoria du Andreotti e il controllo su cinema e spettacolo Giulio Andreotti, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega allo Spettacolo, fu il vero regista della censura DC.Il suo progetto era quello di moralizzare il cinema italiano, colpendo film come Umberto D. di De Sica, accusato di “pessimismo sociale”. La DC non censurava direttamente per motivi politici si limitava accusare gli oppositori di culturame o essere comunista come oggi si fa con chi dissente accusandolo “ideologico”, “radical chic” o “di sinistra estrema”.Il termine “comunista” è meno usato, ma è stato sostituito da etichette equivalenti: “woke”, “globalista”, “intellettuale da salotto”, ecc. Il meccanismo è lo stesso: semplificare il dissenso, ridurlo a una caricatura e evitare il confronto reale. Infatti come il fascismo, ma lo intergrava per motivi morali e religiosi.Temi come sessualità, divorzio, aborto, critica alla Chiesa erano considerati tabù.La censura era spesso più sottile, ma non meno efficace: bastava negare i finanziamenti o ostacolare la distribuzione.In sintesi, la DC non replicò la censura fascista in modo identico, ma ne ereditò gli strumenti e li adattò a una visione conservatrice e cattolica della società. In sintesi, etichettare il dissenso è una forma di controllo culturale. Cambiano le parole, ma la logica resta: chi non si allinea, viene marginalizzato. Se vuoi, possiamo analizzare esempi recenti di questa dinamica nel dibattito politico italiano

Ora veniamo al succo della tua osservazione : << Meno se ne parla e men spazio gli si da è meglio è troppi gesti emulativi >> . Lo so che In Italia oggi non è più un tabù ( anche se resta moltyo forte tale convvinzione ) parlare di femminicidio e violenza di genere, ma il rischio di assuefazione mediatica è reale. Vediamo perché. Quin di non al silenzio , ma parlarne il giusto Infatti se ne parla troppo , e qui capisco ( anche se no concordo ) la tua scelta di non parlarne , 📢 ma non sempre meglio purtroppo . Infatti i dati del 2025 sono allarmanti: 130 femminicidi tra il 2024 e il primo trimestre del 2025, di cui 113 in ambito familiare o affettivo. L’Osservatorio Non Una Di Meno ha registrato 60 femminicidi solo nel 2025, con almeno 42 tentati femminicidi e 36 figli rimasti orfani.La copertura mediatica è aumentata, ma spesso è sensazionalistica, emotiva, e priva di analisi strutturale. Si racconta il fatto, ma non il contesto o se lo si fa si va a sviscerare morbosamente la vita privata della vittima . Il rischio di emulazione certo esiste, infatti hai toccato un punto cruciale, nei casi di femminicidio è reale e preoccupante. Non si tratta di allarmismo, ma di una dinamica psicologica e mediatica ben documentata.L’effetto emulazione (o copycat effect) si verifica quando un individuo, spesso fragile o disturbato, replica un crimine già noto, ispirandosi a ciò che ha visto o letto nei media. Questo accade: Quando il crimine è spettacolarizzato,quando l’aggressore viene umanizzato o giustificato.Quando si forniscono dettagli morbosi che possono diventare “modelli” per chi è incline alla violenza.
📺 Il ruolo dei media italiani .
Secondo Tag24: La ripetitività delle notizie sui femminicidi può alimentare l’effetto emulazione.Alcuni soggetti vulnerabili possono identificarsi con l’aggressore, soprattutto se la narrazione lo presenta come “disperato”, “innamorato”, “tradito”.Un esempio inquietante: un diciottenne ad Aosta ha minacciato la sua ex dicendo “Ti faccio fare la fine di Giulia”, riferendosi al caso Cecchettin.L’Osservatorio Non Una Di Meno evidenzia:Mentre gli omicidi generali diminuiscono, i femminicidi restano costanti da 30 anni.La narrazione mediatica spesso colpevolizza la vittima e assolve l’aggressore, creando empatia verso chi ha commesso il crimine.Questo può influenzare negativamente lettori già predisposti alla violenza. Ma il non parlarne significa peggiorare le cose e incanalare nelle persone un senso di tranquillità eccessivo e far si che tali fati siamo sminuti . come evitare l’emulazione allora ?Gli esperti suggeriscono:
- Non tacere sui femminicidi, ma raccontarli con responsabilità.
- Evitare dettagli macabri, titoli sensazionalistici, e giustificazioni psicologiche superficiali.
- Usare un linguaggio che condanni la violenza, dia centralità alla vittima, e contestualizzi il problema come sistemico.
In sintesi: parlarne sì, ma con etica e consapevolezza. Se vuoi, possiamo analizzare un articolo e riscriverlo insieme per vedere come cambia la percezione. Parlarne in eccesso ed usarlo come diversivo o per distrarre da temi scomodi si crea l'effetto opposto cioè dall'efetto emulativo si passa di Il rischio dell’assuefazione . Infatti q uando un fenomeno tragico diventa quotidiano, c’è il pericolo che venga normalizzato: “un altro caso”, “ancora una donna uccisa”.Le notizie si susseguono, ma non sempre generano indignazione o mobilitazione. Si rischia di perdere il senso della gravità del fatto in se . Infatti Alcuni media parlano di “raptus”, “gelosia”, “amore malato”, minimizzando la matrice patriarcale e sistemica della violenza.Altri , come la tua lettera , fano si che parlarne resta scomodo perchè parlare di femminicidio mette in crisi il modello culturale dominante: famiglia, ruoli di genere, potere maschile.Ecco che Alcuni ambienti politici e religiosi resistono a una lettura femminista o strutturale del problema.C’è chi accusa le attiviste ( gli attivisti purtroppo sono pochi perchè non tutti riesco a fare autocritica o mettere indiscussione il proprio maschio alfa ) sono accusare di “ideologizzare” o “strumentalizzare” la tragedia, cercando di depoliticizzare il tema.Quindi 💡 Cosa serve davvero? 1) Educazione affettiva e sessuale a 360 gradi nelle scuole, ancora osteggiata da molti. 2) Formazione obbligatoria per magistrati e giudici ( vedere come viene trattata la vittima durante i processi per vilolenza e stupro o certe setenze recenti ne ho parlato qui ) e forze dell’ordine .3) Leggi più efficaci e serie non all'azzeccagarbugli di Manzoniana Memoria , ma soprattutto applicate con rigore. Un cambiamento culturale quindi che non si limiti solo alla condanna, ma affronti le radici della violenza.In sintesi: non siamo assuefatt o almeno non dl tutto , ma siamo a rischio di diventarlo. Il fatto che se ne parli è positivo, ma serve una narrazione più consapevole, meno episodica e più strutturale.
Spero di aver risposto alla tua osservazione cordiali saluti
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