mamma le turche di © Daniela Tuscano [ vietato alle donne ridere in turchia ]

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#kahkaha 

In fondo 'sto vicepremier turco, fino a ieri conosciuto ai meno, io lo capisco. Vorrebbe vietare alle donne di

ridere in pubblico (ma se evitassero pure in privato non sarebbe male, vero?). Ripeto, lo capisco. L'avete visto in faccia? Ha un ghigno così tristo, così goffamente onanistico. E tanto, tanto invidioso. La risata, si sa, è spontanea. Chi ride mostra i denti, esplode di gioia incontenibile. Chi ride, non sorride. Il riso è aperto, il sorriso velato. Nessun maschio si è spinto a vietare alle donne il sorriso; anzi, in molti casi glielo raccomanda. Perché il sorriso è grazia, pazienza, sottomissione e recita. Il sorriso si può simulare; ma la risata no, quella nasce dal di dentro, è l'irrompere dello spirito bambino nella vita adulta. E i bambini sono anarchici, così come il riso dissacra il potere e la gerarchia. Questo, il tetro vicepremier lo sa bene. E sa che il riso delle donne è impudente il doppio, perché sono belle e osano essere felici. Ma l'invidia del potere, quand'e' anch'essa così smaccata e nuda, non suscita nemmeno indignazione; al massimo, pietà. 

Sull'umorismo involontario Pirandello ha scritto pagine immortali. "Una risata vi seppellirà" è la classica profezia che si autoavvera.



 Ma, in un simile frangente, non sembra neppure il caso di scomodare la letteratura. Ci bastano un paio di foto. La risata solare d'una bella ragazza di Istanbul, scattata proprio in risposta alla sgangherata "fatwa" dell'imam mancato, e il sorriso, stavolta maschile, d'un fascinoso giovanottone nudo e disponibile. Esclamata l'una, sussurrato l'altro, entrambi forti e vitali. Robe turche, insomma, che il vice ingrugnato non può che sognare, rosicando.



© Daniela Tuscano

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