Giornata della donna, nel lavoro e nel diritto al voto affondano le radici dell’emancipazione




ha  perfettamente  ragione     l'articolo riportato sotto. L'8 marzo     fa parte  del  calendario    civile  italiano  .


 di Luca Casarotti*


Rappresentanza politica, occupazione, uguaglianza. Sono i capisaldi su cui si sono basate e si basano le rivendicazioni femminili. Dal movimento operaio del primo ’900 alla Resistenza e alla Costituzione repubblicana. Fino a oggi, con gli scioperi dell’8 marzo


Rappresentanza politica, occupazione, uguaglianza. Sono i capisaldi su cui si sono basate e si basano le rivendicazioni femminili. Dal movimento operaio del primo ’900 alla Resistenza e alla Costituzione repubblicana. Fino a oggi, con gli scioperi dell’8 marzo
Nel 1977 Bianca Guidetti Serra pubblica “Compagne”, un libro che avrebbe fatto epoca, come l’anno in cui è uscito. Avvocata, partigiana (a lei Primo Levi ha indirizzato l’unico biglietto spedito dalla prigionia), militante della sinistra comunista, Guidetti Serra mette in pagina, con una cura speciale per la varietà del parlato, le interviste che da qualche tempo va raccogliendo tra le donne torinesi che hanno fatto la Resistenza. Donne diverse, ma tutte accomunate dall’aver variamente vissuto il partigianato e dalla consapevolezza che a determinarne la scelta antifascista siano state due fondamentali rivendicazioni: il lavoro e il diritto di voto.
Dignità della vita attraverso il lavoro, dunque, e rappresentanza politica: era questa l’impostazione della questione femminile in seno al movimento operaio primo-novecentesco, come la si legge negli atti dei congressi della seconda Internazionale e nella cui storia è la genesi stessa dell’8 marzo. L’8 marzo 1917, appunto, a Mosca un’imponente manifestazione per i diritti delle donne aveva anticipato la Rivoluzione d’ottobre.
La Costituzione italiana nomina la condizione della donna in tre punti. Rispetto al principio d’eguaglianza, che non ammette distinzioni di sesso: affermazione tanto importante da venire al primo posto, nel catalogo delle discriminazioni bandite dall’articolo 3. Rispetto ai diritti del lavoratore riconosciuti all’articolo 36, che il 37 precisa essere diritti anche della donna lavoratrice. Rispetto all’elettorato, attivo e passivo, e alla capacità di ricoprire gli uffici pubblici, da garantire in condizione di parità a donne e uomini (articoli 48, 51 e 117).
Ancora una volta: dignità della vita attraverso il lavoro e partecipazione alla cosa pubblica nel segno dell’uguaglianza sostanziale. Prova, da un lato, che la temperie raccontata nel libro di Guidetti Serra ha un corrispettivo nella Carta fondamentale, nel momento in cui l’antifascismo è chiamato a farsi esperienza costituente. E prova, dall’altro, che la società che esprime la Costituzione è innervata da quelle disuguaglianze: non ci sarebbe stato altrimenti bisogno di nominarle, di auspicarne il superamento fin dal patto fondativo dello Stato nuovo.
Settantacinque anni dopo, alcune organizzazioni del movimento operaio hanno cambiato pelle, non solo in Italia: talvolta hanno disconosciuto l’identità precedente. Un esempio: a rivendicare di aver sfondato il soffitto di cristallo è una presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che proviene da una tradizione opposta a quella del partigianato che ha scritto in Costituzione la parità di genere, anche in politica. Gli studi sul lavoro povero hanno accertato che l’occupazione non è sempre uno strumento sufficiente di emancipazione, una garanzia di salvezza dall’indigenza: specie per le donne, specie se sole e con figli. Contrariamente a quanto si dice, le politiche dell’impiego e quelle assistenziali non sono alternative, ma complementari.
Nonostante i mutamenti, però, l’origine della Giornata della donna nella storia delle lotte operaie non smette di esercitare la sua forza sul presente. La dimostrazione è nello strumento che i movimenti femministi hanno praticato negli ultimi anni per l’8 marzo: lo sciopero.



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Quello di Luca Casarotti, presidente di Anpi Pavia Centro, è il quarto degli interventi sulle date fondanti della Repubblica affidati all’Istituto pavese per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea

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