Raffaele Simoncini
Pessima nottata. Cattivi pensieri. Nessuna voglia di scherzare, di far uso di ironie, di satire sorridenti, di pensieri da strapazzo, tanto per farsi due risate o per farsi leggere e commentare e sentirsi
bene, perchè sei, 18, 37, 102 amici etc. ti hanno messo un pollice o un emoticon o un cuore o altro e tu, soddisfatto, dai sfogo ed estro al tuo ego ipertrofico e sai che il tuo passaggio, attraverso le parole, non è parso da non considerare. Insomma, quello che faccio da mesi, con i miei 150 e più post scritti e pubblicati. Mi sono fatto una serie di amicizie non fittizie o episodiche e sto bene con esse e credo di essere ricambiato in questa condizione di benessere. No. Questa notte no. Non è possibile fare tutto ciò. Allora, faccio la persona seria e lo studioso e il docente di storia e comincio a delineare un quadro per lo più preciso, entro il quale collocare il fenomeno annoso e spesso drammatico delle migrazioni dall'Africa. Discorso lungo e complesso, che cerco di divulgare e non potrò certo concludere e inserire tutto in un solo post.
Introduzione
Non c'è manuale di storia dei licei, più complessi ed articolati di quelli delle medie o degli istituti professionali, che non tratti del fenomeno della DECOLONIZZAZIONE.
DECOLONIZZARE è verbo plurisemantico: significa più cose in un tempo. Innanzitutto, che c'è stato un fenomeno precedente, nel tempo e nei fatti e nelle conseguenze, che si chiama o definisce COLONIZZAZIONE.
Il termine, di per sè, è già carico di negatività, di implicazioni innanzitutto sociali e, in simbiosi, culturali.
Colonizzare somiglia molto, nel suo peso semantico, a quello che noi, al presente, definiamo ESPORTARE LA DEMOCRAZIA:
Colonizzare è: invadere fisicamente un territorio, invaderlo illegalmente, invaderlo sottomettendo la popolazione autoctona, invaderlo e usurparne tutte le ricchezze, naturali e fisiche, per trarne vantaggi e per strapparle dalle ipotetiche mani dei colonizzati e sottomessi.
E' un drammatico FURTO, è una RAPINA, è una DISTRUZIONE senza alcuna vergogna, delle radici culturali e sociali, patrimonio di quella popolazione e caratterizzante la sua presenza, nel contesto di altre realtà autonome e con propri usi e costumi.
Almeno visivamente, questo processo è sempre deflagrante, esplosivo: il radicale rinnovamento introdotto dalla prima rivoluzione industriale fu esplosivo e mutò radicalmente un tessuto socioeconomico ultrasecolare.
La colonizzazione arriva in Africa (non solo: anche nei Paesi arabi, in Israele - sì, anche in Israele: chiedere ai signori britannici, per avere una conferma) e qui si caratterizza in due tragici modi:
- la gestione politica (o stabilizzazione della colonizzazione), basata sulla formazione di un potere locale, di solito sanguinario, che è retto, sovvenzionato, protetto dalla potenza coloniale.
Direbbe Manzoni: l'uno e l'altro sul capo vi sta: Proprio cosi.
- I colonizzatori sono spietati, indifferenti, cinici, crudeli, capaci di massacri - e ce ne saranno tanti, ovunque, nelle colonie; loro unico fine è sottrarre e utilizzare le materie prime e le ricchezze, in genere, di un territorio.
L'Africa, così, viene invasa, occupata, devastata, derubata, resa un'entità territoriale e socioeconomica neutra, senza più tradizioni, cultura, usi, modelli comportamentali, rapporti sociali codificati e identitari, senza neppure più una lingua: i colonizzati si trovano a dover apprendere anche la lingua del colonizzatore. gli idiomi locali, molto ricchi e diversificati, legati ad una tradizione culturale millenaria (l'Africa è fonte primaria di saperi, conoscenze, culture, lingue, scoperte etc).
Un processo tanto rapido, quanto violento, produce in tempi molto brevi, rispetto alle ere o agli evi del passato, dei mutamenti radicali.
Cambia la cultura, cambiano i costumi, cambiano i rapporti sociali, cambiano le organizzazioni dei gruppi sociali - molti ancora tribali, stanziali, con rituali protoreligiosi che hanno alto valore di coesione nei gruppi, con l'autorità religiosa accanto a quella politico-sociale.
Queste forme sono ritenute primitive, irrazionali, esoteriche, bizzarre, quasi spettacoli vivaci ed attraenti, spogliati della loro storicità e della loro funzione di collante sociale.
Insomma, il colonizzatore non si ferma a derubare i colonizzati, stravolge anche la loro vita, anche il loro quotidiano, la loro pace e serenità, la loro laboriosità.
Dispersi in ampi territori, gli auotoctoni impiegano tempo a capire, a conoscere, a provare sulla loro pelle cosa significhi un processo di colonizzazione.
Non esiste una data, un periodo, un inizio certo della colonizzazione, ad opera dei Paesi europei..
Quando, per volontà di Bismarck, si riunisce a Berlino una conferenza (1884-1885) internazionale, uno dei temi fondamentali è quello che gli inglesi chiameranno, con squallido umorismo, scramble for Africa, una corsa verso l'Africa.
A tavolino, le potenze future coloniali si spartiscono zone d'influenza e sfruttamento: gli ultimi quindici anni dell'Ottocento diventano proprio una corsa all'Africa.
Inglesi, francesi - in particolar modo - ma anche tedeschi, belgi, olandesi e perfino italiani (la Libia, la scatola di sabbia, come sarà denominata, con scherno dai critici dell'impresa di Libia - in Italia è tutto una impresa..), si dilettano nella pratica della colonizzazione e, come galli nel pollaio, arrivano quasi a scontri militari, per una priorità contesa su certe aree d'Africa (ad esempio, il Sudan).
Inglesi e francesi si distinguono anche per queste velleità belliche.
La corsa verso l'Africa.
Dobbiamo tenere bene a mente quello che accade in tutto il Novecento, per arrivare a capire quello che non si conosce e non si può capire o si può capire e far finta di non conoscere.
L'Africa, enorme continente, viene invaso, depredato, distrutto, occupato, condizionato, urbanizzato, europeizzato, nel peggiore dei modi.
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