per approfondire
http://www.straginazifasciste.it/
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Primna di iniziare il post d'oggi aggiornamento al post sul sindaco ( ? ) di Corsico vedere miei precedenti post )
Corsico si è ribella al sindaco che vieta Bella Ciao alle manifestazioni del 25 Aprile
Come ad ad Alghero ( dove anni fa un sindaco di centro destra fece la stessa cosa del sindaco di questa cittadina ) semplicemente non può vietarla.
ecco adesso le storie d'oggi
Giorgio Marincola, il partigiano nero “morto per la libertà” La storia della Resistenza raccontata attraverso la vita di un giovane partigiano italo-somalo
“Sento la patria come una cultura e un sentimento di libertà, non
come un colore qualsiasi sulla carta geografica. La patria non è
identificabile con dittature simili a quella fascista. Patria significa
libertà e giustizia per i popoli del mondo. Per questo combatto gli
oppressori”.
Sono queste le parole che il partigiano Giorgio Marincola
pronunciò ai microfoni di Radio Baita, emittente fascista torinese,
prima di venire quasi ammazzato di botte dagli ufficiali che lo avevano
catturato. A trasmetterla su scala nazionale sarà Radio Londra, rendendo
queste parole tra le più belle e significative della Resistenza.
Giorgio Marincola era italiano. E somalo. Nato il 23 settembre 1923 a
Mahaddei Uen, un presidio militare italiano a 50km da Mogadiscio dal
sottufficiale Giuseppe Marincola e Ashkiro Hassan. Poiché esistevano
leggi che impedivano il mescolamento tra italiani e somali, in quanto
considerati “razza inferiore”, la loro unione non venne vista di buon
occhio da nessuno. Quando arrivò il momento di rientrare in patria, fu
chiaro ad entrambi che l’unica possibilità di salvezza per i bambini era
quella di andare in Italia insieme al padre. Giorgio fu lasciato in
custodia agli zii a Pizzo Calabro mentre Isabella, di qualche anno più
giovane, andò ad abitare con il padre e la nuova moglie a Roma.
A Pizzo Giorgio si distinse per la sua intelligenza e le sue doti
fisiche. Visti gli ottimi risultati ottenuti a scuola, il padre decise
di portarlo con sé a Roma, per frequentare il Liceo. Fu proprio nella
capitale che l’unico ragazzo di colore della scuola conobbe Pilo Albertelli,
noto antifascista cattolico, che trasmise a Giorgio l’amore per la
libertà e la patria. Finito il Liceo si iscrisse alla facoltà di
medicina, con il sogno di diventare specialista in malattie tropicali e
di tornare in Somalia.
I fatti avvenuti il 16 ottobre 1943 però, cambiarono i suoi piani: il
rastrellamento del ghetto ebraico di Roma lo scioccò al punto di
chiedere ad Albertelli di poter passare all’azione. Il professore lo
accontentò subito, aggregandolo al gruppo partigiano della Zona
Parioli. Il giovane somalo era ufficialmente diventato il primo
partigiano nero d’Italia.
Tra il febbraio ed il maggio 1944 venne trasferito dal comando
militare del partito nella provincia di Viterbo e partecipò alla
liberazione di Roma. La sua lotta, però, non si fermò: nonostante la sua
città fosse libera, Marincola decise di continuare la Resistenza
arruolandosi nelle file dell’intelligence militare britannica, lo
Special Operations Executive. Nell’agosto 1944, come membro della
missione Bamon, fu paracadutato oltre la linea nemica con compiti di
guerriglia, collegamento e addestramento delle nuove leve partigiane.
L’anno dopo, durante un rastrellamento, venne arrestato, condotto al
carcere di Biella e costretto a parlare ai microfoni di Radio Baita. Non
avendo letto il copione che gli era stato dato fu pestato e deportato
al Polizeilicher Durchganglager di Bolzano, uno dei campi di
concentramento nazisti nella penisola con l’ordine di “non ucciderlo ma
farlo soffrire”. Il lager venne liberato il 30 aprile 1945, quando le
ostilità erano cessate in gran parte dell’Italia. Davanti all’offerta di
ritirarsi in Svizzera da uomo libero, il giovane italo-somalo preferì
unirsi ad una banda partigiana della Val di Fiemme.
Il 4 maggio del 1945 un’autocolonna di SS in ritirata, dopo uno
scontro a fuoco attaccò i villaggi di Stramentizzo e Molina di Fiemme,
dandoli alle fiamme: questo costò la vita a 27 persone. A Stramentizzo i
partigiani morti furono undici. Uno di loro era Giorgio Marincola, il
partigiano nero morto per la libertà.
Il suo volto è diventato il simbolo della Repubblica, lo abbiamo visto e
rivisto in tutti questi anni. Ora, questa bella ragazza sorridente ha
un nome. Ecco la storia di Anna
da https://medium.com/italia/ di Giorgio Lonardi e Mario Tedeschini Lalli
Ancora poche settimane fa, l’8 marzo, per celebrare 40 anni dell’ingresso della prima donna nel corpo della polizia locale
- la prima donna “ghisa” - e insieme i 70 anni del voto alle donne, il
Comune di Milano ha installato davanti al municipio un pannello con una
celebre fotografia: la ragazza sorridente che sbuca dalla pagina del Corriere della Sera il giorno della proclamazione della Repubblica, nel giugno 1946.
E’ stato così per anni, per decenni. La foto di Federico Patellani
è stata utilizzata per illustrare articoli e libri, mostre e
manifestazioni politiche e le occasioni si moltiplicheranno
avvicinandoci alle celebrazione del 70° anniversario del referendum del 2
giugno 1946: una foto-icona, una splendida ed anonima donna chiamata a
impersonare la gioventù e la speranza di un Paese che guardava avanti
dopo il fascismo e la guerra.
Oggi,
a tanti anni di distanza, lo splendore di quel sorriso resta, il
significato di quello scatto anche, ma l’anonimato non c’è più: quel
simbolo ha un nome e un cognome e una storia che proponiamo alla vigilia
delle celebrazioni del 25 aprile. [ ...... ] continua qui
Canessa, l'anti-eroe partigiano che per mezzo secolo nascose le sue imprese
A distanza di un anno dalla
sua morte, Livorno sembra essersi dimenticata di Mario Canessa, il
Perlasca labronico, il poliziotto-partigiano che per mezzo secolo non
raccontò a nessuno le sue imprese per salvare ebrei, antifascisti e
soldati in fuga. Gerusalemme gli ha dato l'onorificenza più solenne, il
suo nome è scolpito nel "Giuardino dei giusti"
di Mauro Zucchelli
di Mauro Zucchelli
LIVORNO. Nell’era in cui anche l’ultimo tronista pretende di dirti via twitter se ha mangiato la melanzana in salmì o il politico new style fa il gigione con la sciarpa da tifoso, figuriamoci se un tipo come Mario Canessa non sembra un marziano: è stato una figura di anti-eroe che per mezzo secolo ha tenuto la bocca chiusa anche in casa, senza raccontare a nessuno delle vite di ebrei, soldati prigionieri e perseguitati antifascisti che aveva salvato quand’era stato mandato, lui giovane studente di giurisprudenza alla Cattolica, a lavorare come poliziotto in Valtellina.
leggi anche
Mario Canessa, il poliziotto che salvava gli ebrei
ed ancora altre storie si potrebbero raccontare , ma è meglio onde evitare sbadigli e d'annoiare , chiudere qui per quest'anno
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