VOCE DAL TESTAMENTO Per Asia Bibi, nella giornata dei martiri cristiani di © Daniela Tuscano


Cara Asia, leggo dalle scarne biografie che forse sei nata nel 1971. La tua età vera non la conosce nessuno e le tue fotografie, ormai sempre le stesse, sbiadiscono pian piano. Sappiamo che esisti, che sei detenuta da 2.500 giorni con la falsa accusa di blasfemia, solo perché cristiana. Sappiamo che non

hai perso la fede; anzi, resisti proprio grazie a essa. Qui ci affaccendiamo a teorizzare che Dio odia le donne, annegando in vani e supponenti sillogismi. Della nostra vociante agorà non resteranno nemmeno le macerie. Tu confidi nel Dio, il Dio cristiano, lo stesso per cui non hai ricevuto, nei sei anni del tuo martirio, un briciolo d’attenzione da parte delle attiviste occidentali. Sei ostinatamente totale e fuori moda, sei unica; hai una femminilità remota e tenace, sei donna perché nasci dalla Ruah: cioè dallo spirito. Ti ho scritto, in questi sei anni, molte lettere, le ho affidate all’aria, avrei tanto desiderato qualcuno te le leggesse, pretendevo ti lenissero il dolore; posso solo dirti, sempre al vento, alla Ruah, che nei momenti di disperazione, in me così gracilmente presenti, che il tuo esempio, persino l’indegno abbandono nel quale t’hanno lasciata le mie congeneri europee, mi ha infuso significanza, quell’onesta vergogna di non scialare mai la vita. Leggo, e sento, e raccontano, che il tuo continente è crocifisso, e non ha più speranza di riscatto. Diciamo, ecco, che qualcuno ha però ancora Dio; tu ce l’hai rintuzzato in una galera pachistana e voglio illudermi non serva l’ennesimo sacrificio - il tuo - per resuscitarlo.

© Daniela Tuscano

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