Pontedera, studente confessa di essere gay: i genitori lo cacciano da casa, lo ospita un prof


da  leggo.it    e   da  Il Tirreno  del  24\3\2024


«Figli gay qui non li vogliamo». Proprio quando aveva trovato il coraggio di confidarsi a cuore aperto con la famiglia, un ragazzo di 18 anni si è visto chiudere le porte in faccia da mamma e papà a causa del suo orientamento sessuale. La confessione avrebbe innescato una serie di incomprensioni tra il figlio e i genitori culminate nella richiesta di
lasciare la casa di 
Pisa dove viveva.
Ospitato dal prof
Rimasto senza una casa e senza soldi, il giovane la cui storia è raccontata oggi su Repubblica, ha vagato alla ricerca di un rifugio temporaneo, appoggiandosi alla generosità di conoscenti. La svolta è arrivata grazie al supporto ricevuto da uno sportello locale contro le discriminazioni e dall'incredibile solidarietà di alcuni professori della sua scuola. Uno di questi docenti, dimostrando un'empatia e un supporto concreti, ha offerto al ragazzo una stanza nella propria abitazione, consentendogli così di continuare gli studi fino al conseguimento della maturità. 
La frattura con la famiglia
«Mi hanno detto di andarmene perché tra i figli non andavo bene» ha raccontato il giovane agli operatori dello sportello Voice di Pontedera ripercorrendo la profonda frattura con la famiglia e le incomprensioni, in particolare con la mamma e la sorella. Una rottura che sia gli operatori sia l'insegnante hanno provato a risanare coinvolgendo gli assistenti socialiani, ma neanche questo sforzo ha portato ai risultati sperati.  
Il supporto
Emiliano Accardi, coordinatore di Voice, ha evidenziato l'importanza del gesto del docente che ha ospitato il ragazzo: «È stato un gesto non scontato e importante. Il nostro centro intanto continua a offrire il servizio psicologico. Abbiamo un gruppo di esperti, anche per gli aiuti legali e per questioni inerenti il lavoro». Questa storia non è un caso isolato, ma rappresenta una delle tante situazioni difficili affrontate da giovani che si trovano a navigare i pregiudizi legati all'orientamento sessuale e all'identità di genere. Voice, insieme ad altre realtà associative, svolge un ruolo cruciale nell'offrire supporto e orientamento non solo ai giovani in difficoltà, ma anche alle loro famiglie. «Sono venuti alcuni genitori perché il loro figlio ha chiesto di avviare un percorso di transizione di genere e avevano bisogno di strumenti per capire come affrontare al meglio questa fase», aggiunge Accardi, sottolineando l'importanza di un impegno collettivo nella promozione dei diritti e nella sensibilizzazione culturale contro ogni forma di discriminazione.

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 Ha solo 18 anni ed è rimasto in città perché un suo insegnante si è offerto di ospitarlo fino alla Maturità


PONTEDERA. Ha confessato la sua omossesualità e la sua famiglia l’ha cacciato di casa. Gli hanno sbattuto la porta in faccia. «Niente figli gay, vattene», hanno detto. Ha solo 18 anni, fra pochi mesi dovrà sostenere l’esame di maturità. È rimasto in città perché un suo insegnante si è offerto di ospitarlo fino al diploma. «Da quando ho fatto coming out come
transgender durante una riunione di lavoro mi è arrivata la lettera di licenziamento. Qualche giorno dopo, nonostante l’azienda stia continuando ad assumere. Nessun collega dice niente», si sfoga un altro ragazzo. «Nostro figlio non vuole indossare il grembiulino blu, vuole quello rosa. Siamo in difficoltà. Non sappiamo come comportarci», raccontano due genitori. Queste sono solo alcune delle voci che rivelano l’omotransfobia nascosta nei luoghi di lavoro, nelle pareti domestiche e anche in altri contesti come la scuola.
Sos diritti
Storie di disagio, esclusione, mobbing, silenzi. Dove la discriminazione sommerge la vita reale delle persone, giovanissime e meno giovani, nelle loro relazioni familiari e di vicinato, negli ambienti che frequentano o dai quali vengono allontanate o precluse. Un micro-mondo in cui l’orientamento sessuale o l’identità di genere diventa, a prescindere dalle capacità del lavoratore, dalla necessità dell’istruzione, dal bisogno di affetto, un ostacolo, spesso un bersaglio. E questi episodi succedono. Chi ne è vittima si sente isolato e se ne vergogna. Chi invece vorrebbe essergli di appoggio è confuso, non sa come muoversi e come comportarsi.
Team di aiuto
Ecco perché avere a Pontedera un centro di riferimento che accoglie i ragazzi in difficoltà, rifiutati dalle famiglie, allontanati dai datori di lavoro o dagli amici perché gay, trans, lesbiche, è importante. Per le persone Lgbt+ ma pure per i loro genitori, i colleghi, i compagni di banco e i loro insegnanti, la porta del centro Voice è sempre aperta. Nato nell’ottobre 2022, il progetto, che ha il parternariato del Comune e dell’Unione Valdera, promosso da Arci Valdera, è finanziato dall’Unar, Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali ed è gestito da avvocati, psicologi, assistenti sociali, educatori e mediatori linguistici. Una squadra di esperti che, al Poliedro, in piazza Berlinguer, offre ascolto, informazione, sostegno legale e psicologico e si batte contro il bullismo, le minacce, le criticità che sorgono dalle discriminazioni motivate dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere. «In questi mesi – dice il coordinatore del servizio Emiliano Accardi – abbiamo accolto e appoggiato 24 persone che sono arrivati da noi, a volte sotto l’anonimato, altre direttamente, con dubbi e incertezze durante un percorso legato alla transessualità, alla loro identità di genere. Abbiamo sostenuto tre famiglie alle prese con problemi e dubbi, dopo che il figlio aveva dichiarato la propria omosessualità. Altrettanti i casi di consulenza lavorativa, una decina per quella legale e otto per quella psicologica». Ci sono ferite lunghe da sanare, rifiuti che non si dimenticano ma che si può cercare di superare e nodi complicati da sciogliere. «Fra questi, quello che capita più di frequente è la questione che riguarda in che modo spiegare di essere gay. Una ragazzina – continua Accardi – è stata intercettata tramite chat, poi sostenuta e messa in contatto con i servizi sociali perché voleva suicidarsi. Era in depressione, né lei né la madre erano riuscite a parlare con il padre perché avevano paura della sua reazione».cardi
Sistema di protezione
Allo sportello invece, uno dei pochi in Toscana e l’unico in provincia di Pisa, che riceve le segnalazioni anche da tutta la zona del Valdarno, gli obiettivi che si vogliono perseguire sono quelli legati alla valorizzazione delle differenze, al rispetto e alla prevenzione di gravi situazioni. «Ci impegniamo – aggiunge Maria Grazia Rossi dell’Arci Valdera, con delega alle pari opportunità e alle politiche di genere – per tutelare la libertà di espressione e per creare una società dove c’è spazio per tutti. Il centro vuol dar voce, proprio come dice il nome, alle vittime di odio e intolleranza. L’idea è quella di lavorare in rete con il territorio perché spesso le problematiche sono proprio culturali. Nel senso che la discriminazione passa dalla non conoscenza. Quando però riusciamo a coinvolgere con i laboratori che proponiamo nelle scuole, tanto per fare un esempio, le classi e gli amici scatta un sistema di difesa, vicinanza e protezione spontaneo che rispecchia nel micro cosmo quello che potrebbe riproporsi nella quotidianità».

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