Cerca nel blog

Visualizzazione post con etichetta Laura santi. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Laura santi. Mostra tutti i post

23.7.25

Questo è l’ultimo messaggio che Laura ha voluto lasciare ai Parlamentari italiani sulla legge su fine vita e eutanasia.

Concludo    suylla  vicenda    di Laura Santi  . Inizialmente     per la sua vicenda rimando ai miei precedenti post  senza   linkarli   ed  invitare a  : «
 cercateveli perchè sonotalmente triste che non ho la  forza per linkarveli »ma  poi   ho  cambiato  idea   li  trovate  qua  sotto   prima del  suo ultimo  video   che  pubblico    sia  nella versione  presa  dal suo  account  facebook  pubblicato dal marito    sia    da    senza  commenti    non c'è altro    d'aggiungere    ha   già  detto  tutto lei   






 




22.7.25

Laura Santi, morta con il suicidio assistito in casa a 50 anni: era malata di sclerosi multipla. Si è autosomministrata il farmaco

Ritorno a palare  dopo il post  sulla    vicenda   di     Archie Battersbee    bambino  di   12 anni   d'eutanasia  \  suicidio assistito  .   Il caso è quello   di Laura  Santi  consigliera generale dell’Associazione Luca Coscioni, nata nel 1975, era affetta da oltre 25 anni da una forma progressiva e avanzata di sclerosi multipla, che ha iniziato il suo decorso progressivo nel 2014, fino ad arrivare alla forma attuale: Laura è morta oggi - 22 luglio - a casa sua, nel capoluogo umbro dopo essersi auto-somministrata un farmaco letal . Uno dei pocho casi    a cui stato  permesso  di farlo  senza  dover  andare  in Svizzera  . Infatti se n’è andata a casa sua, Laura Santi, nel suo letto. A 50 anni, di cui metà trascorsi col corpo quasi completamente paralizzato (a parte il collo e tre dita della mano destra) da una rara e progressiva forma di sclerosi multipla.Qui tutto il suo calvario per poter ottenere il suicidio assistito . Lei se n’è andata perché così ha voluto lei, auto-somministrandosi il farmaco letale, e insieme liberatorio, attraverso il suicidio medicalmente assistito.È stata una sua precisa scelta, come sempre dovrebbe essere in un Paese degno di essere chiamato civile. Nel quale sua permesso seza che il tuo diritto scelta sia sottoposto ad un oddissea giuridica burocratica come la sua .


Il poter scegliere fra cure palliative o uetanasia \ suicidio assistito , se vivere attaccato alle macchine o porre fine al proprio calvario .Infatti leggo sulla bachgeca di Lorenzo Tosa che
Le sofferenze negli ultimi tempi erano diventate per lei “intollerabili”, come ha ricordato il marito, con lei fino all’ultimo istante.Laura Santi era una giornalista, una collega, una che con le parole ci sapeva fare. Le sue ultime, affidate all’associazione Luca Coscioni, sono da brividi. Il suo testamento.

"La vita è degna di essere vissuta, se uno lo vuole, anche fino a cent’anni e nelle condizioni più feroci, ma dobbiamo essere noi che viviamo questa sofferenza estrema a decidere e nessun altro. Io sto per morire. Non potete capire che senso di libertà dalle sofferenze, dall'inferno quotidiano che ormai sto vivendo. O forse lo potete capire. State tranquilli per me. Io mi porto di là sorrisi, credo che sia così. Mi porto di là un sacco di bellezza che mi avete regalato. E vi prego: ricordatemi".
Lo stiamo facendo in tanti. Lo faremo. Buon viaggio Laura. Ora sei libera.





Quello che, e qui concludo , non capisco è come la Chiesa e un certo Stato si debbano arroccare contro queste decisioni ! Ammazziamo milioni di persone con le guerre, senza far nulla, e poi, soprattutto la Chiesa ( e la capisco ) , trova immorale un'azione simile ! Ma a mio avviso L'immoralità è anche nel veder morire milioni di uomini, donne, bambini, e girare la testa da un'altra parte o lanciare apelli che poi cadono nel vuoto !


25.6.25

Una fame disperata di vitaLaura ha 50 anni e per metà la sua vita è stata segnata dalla progressione della sclerosi multipla. Aveva pensato di ricorrere al suicidio assistito in Svizzera, ma poi ha fatto della sua vita e della sua morte una battaglia.

 
Ogni vita è diversa dall’altra e ogni storia è speciale. Siamo unici ogni giorno, nelle scelte e nei sogni, e lo siamo di fronte all’idea di morire. L’incontro con Laura Santi mi ha toccato profondamente, in lei abitano due desideri profondi e potenti: una fame disperata di vita e la pulsione a liberarsi per sempre dalla sofferenza. Laura ha combattuto per avere la libertà di morire a casa sua e nel suo letto e ora che l’ha ottenuta si confronta ogni ora con la libertà di vivere.
Laura nel 2007, all’epoca era già 
malata   ma asintomatica

 


Laura Santi è una giornalista, ha viaggiato il mondo ma vive ancora nella città dove è nata: Perugia.
Laura ha cinquant’anni e da venticinque soffre di sclerosi multipla. Il suo corpo è quasi completamente paralizzato, muove solo la testa e tre dita della mano destra. Non ha più nessuna autonomia e dipende completamente e per qualunque funzione da chi l’assiste e da suo marito Stefano. La sua giornata è scandita dalla sofferenza, dal dolore, da una serie di gesti necessari per tenerla in vita, da un’immensa fatica.

 

                                                 Laura Santi


Tre anni fa ha iniziato una battaglia legale per avere il diritto di accedere al suicidio medicalmente assistito. Per avere la libertà di scegliere se restare in questo mondo.
Alcune settimane fa, quando pensava ancora di essere costretta ad andare in Svizzera per il fine vita nonostante abbia i requisiti previsti dalla Corte Costituzionale per morire in Italia, mi ha scritto. Ha immaginato che tutti avrebbero parlato della sua morte, invece lei voleva raccontare la sua vita, lasciare una traccia del suo passaggio e del suo amore e della sua gratitudine per il mondo e le persone.Così sono andato a trovarla e proprio nel giorno in cui sono arrivato a Perugia lei ha ricevuto il protocollo sanitario di assistenza per il suicidio assistito dall’Asl della Regione Umbria. Era molto scossa: «Mi sono messa a piangere quando l’ho saputo. Ero in un misto tra malinconia, tristezza, liberazione e trionfo. Mi sono fatta un pianto a singhiozzo pensando a me che schiacciavo quel pulsante. È dura dirlo, però è così: quel pensiero può essere anche vissuto come una grande liberazione».

Insieme a Laura Santi durante il nostro incontro

Per più di due ore sono stato seduto di fronte a lei ad ascoltarla, nelle sue parole ho trovato tanta umanità e la capacità di spazzare via le banalizzazioni che caratterizzano il dibattito sul fine vita in Italia: «La vita è una e soltanto una e me la tengo cara, me la sono sempre tenuta cara. Avere la libertà di morire è una cosa dirompente, ma vorrei far capire che non porta nessun abuso. Ora sono libera di decidere della mia esistenza. Sono libera di capire fino a che punto voglio affrontare la progressione di una malattia che non si sta fermando ed è dirompente». Così Laura mi ha parlato del dilemma che vive ogni giorno, di quella vertigine che lei chiama “il parapetto”, che è figlio della possibilità di scegliere, di non essere obbligata a vivere a tutti i costi: «È come se tu ti sporgessi da un parapetto che si affaccia sul vuoto: tu guardi di sotto e ti chiedi: vuoi morire domani? No, grazie, domani no. E forse neanche dopodomani, forse neanche tra una settimana. Questo è il parapetto, questa è la libertà. E questo nonostante io mi senta intrappolata in questo corpo, sia piena di sofferenze, di dolori, di spasmi, di crisi epilettiche, nonostante io viva ogni giorno la solitudine e l’isolamento della disabilità. Ogni sera il mio corpo mi dice basta, ma la mia mente mi dice che vorrebbe andare avanti. E per me è un dilemma terribile».

                                  Laura insieme al marito Stefano Massoli

Laura mi ha parlato a lungo della sua vita, della sua famiglia, della sua infanzia di bambina timida e introversa, della sua adolescenza difficile: «Ero una ragazza bulimica, ma crescendo mi sono trasformata in una persona bulimica di vita, che cercava di strappare la vita con i denti e con le unghie anche nella timidezza». Mi ha raccontato dell’amore per il nuoto e della sofferenza di dover rinunciare alla piscina per la malattia, della scelta di fare la giornalista: «Perché mi piaceva molto ascoltare gli altri, perché tutti hanno delle storie bellissime da raccontare. Perché l’ascolto per me è una cosa pazzesca». Mi ha parlato dei suoi viaggi nel mondo e dell’amore per Stefano, che è diventato suo marito e le sta accanto ogni giorno. Il nostro incontro è diventato anche un podcast che ha il titolo che Laura avrebbe dato alla sua autobiografia se ne avesse mai scritta una: “Una fame disperata di vita”.Un incontro che è stato un turbine di sensazioni e così pieno di vita da farmi quasi dimenticare che ero arrivato per parlare della sua morte: «Lo capisci il dilemma che sto vivendo? Tu mi senti parlare? Il dilemma è che se fosse per la mia mente, per il mio cuore, io andrei anche tranquillamente molto in là, perché c’è la vita. Ho cercato il cartellone di Umbria Jazz, è bellissimo, lo vorrei tanto vedere. Non credo che lo farò, ma il solo fatto che lo desidero è vitale. Oppure vorrei essere alla manifestazione per Gaza. Vorrei vedere la gente che si ammassa a Roma. Voglio sapere come andrà il referendum. Questa cosa mi incuriosisce da matti. Non so bene come votare quelli sul lavoro, ma quello sulla cittadinanza sono certa di andare a votarlo.
E allora mi si potrebbe dire: ma che ti frega del referendum, di Gaza, del jazz se vai a morire? E invece mi frega, il problema è questo: la vita è bella e il mondo per me è e resterà sempre tremendamente interessante. Il mondo con le sue atrocità, con le sue ingiustizie, con le sue bellezze, con la sua poesia. Questo è il dilemma, questo è il parapetto». Una delle cose più commoventi di Laura è la sua gratitudine verso le persone: ringrazia sempre per la solidarietà, la vicinanza e l’amicizia. Non c’è nessuna amarezza, nessuna rabbia, ma una forza straordinaria. Nella sua battaglia non è stata sola, ma ha avuto accanto Marco Cappato e Filomena Gallo dell’Associazione Luca Coscioni: «Per me sono due amici, sono due persone che mi hanno tenuto per mano mi hanno suggerito di rendere pubblica la mia situazione. Io ero intenzionato ad andare in Svizzera dalla disperazione e volevo tenere in incognita questa mia scelta anche per motivi familiari, ma loro mi hanno aiutato a parlarne pubblicamente».Nessuno di noi sa quanto vivrà ancora Laura, ma io sento il privilegio di averla incontrata e di averla ascoltata e mi ha regalato un grande insegnamento sul valore della libertà e sul rispetto che si deve alle scelte degli altri.

Manuale di autodifesa I consigli dell’esperto anti aggressione Antonio Bianco puntata n LX IMPARATE A “LEGGERE” IL LINGUAGGIO DEL CORPO

 Il linguaggio del corpo da solo non basta a prevenire femminicidi o violenze, ma può essere un segnale precoce utile se integrato con educ...