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23.11.25

una lotta per la vita Mariano ha urgente bisogno di aiuto, appello alle istituzioni e ai calabresi Adesso serve un intervento adeguato e rapido. Mariano ha 12 anni. Non ha bisogno di miracoli. Chiede invece di poter vivere

per  chi volesse  aiutare  Mariano  il ragazzo   di cui  ho già parlato   sul blog  e qui  sotto   riportano  gli ultimi aggiornamenti   lo può  fare  con  https://www.gofundme.com/  più precisamente  qui    su Raccolta fondi per Tamara De Fazio creata da Emiliano Morrone : AIUTATECI A SALVARE NOSTRO FIGLIO MARIANO

da Emiliano Morrone per il corriere della calabiria





Da anni raccontiamo con il Corriere della Calabria la storia di Mariano, dodicenne di Vena di Maida (Catanzaro) alto quasi un metro e mezzo e arrivato a pesare 180 chili. Il ragazzino è affetto da una malattia rara, ha la vista indebolita e pesanti difficoltà respiratorie, rischio di apnea notturna e



gravi impedimenti nel camminare, tanto che segue la Dad e il catechismo da casa, via Internet. Dorme in maniera irregolare, respira male, si può muovere poco, si affatica subito e in sostanza non riesce più a svolgere le attività di base.
La lotta di Mariano e della sua famiglia
Anche se tranquillo e continua a sperare, Mariano sente la propria vita restringersi, mentre la madre tenta di sostenerlo con coraggio e pazienza assieme al papà, a tutta la famiglia. La cui storia è un viaggio continuo, spesso doloroso. Prima a Roma, al Bambino Gesù. Poi a Firenze, al Meyer. Infine a Genova, al Gaslini. Ogni volta la speranza di una risposta, di una diagnosi, di una cura. E un copione identico: lunghe attese, visite lampo, controlli rinviati, indicazioni non definitive, terapie sulla scorta dei sintomi. E il paziente sballottato tra Sud e Nord e viceversa, senza una presa in carico per inquadramento complessivo. La madre, Tamara De Fazio, ha attraversato l’Italia con determinazione e dignità, fiduciosa, resistente, caparbia. Sempre attiva, la signora ha speso tempo, energie e soldi perché suo figlio non aveva altra strada.
La diagnosi è arrivata soltanto di recente, però, quando la condizione di Mariano era già grave. Nel frattempo, lui è cresciuto sentendo il proprio corpo diventare un ostacolo. Ma con una serenità personale spiazzante. Tuttavia, ora la scuola in presenza è diventata impossibile e la quotidianità si è ristretta a pochi metri di casa. Questa è la realtà: una famiglia che ha dato e speso tutto, un minore che campa in una condizione estrema, un sistema che ancora non ha saputo garantirgli le risposte giuste, divenute sempre più urgenti.
L’appello
Adesso serve un intervento adeguato e rapido. Esistono in Italia centri pubblici capaci di affrontare l’obesità infantile più complessa. La Pediatria B dell’Ospedale Maggiore di Verona, a direzione universitaria, è una di queste strutture. Lì Mariano può essere valutato, ricoverato, assistito con strumenti che nel Mezzogiorno non sono ancora disponibili. Perché ciò avvenga servono due elementi: un mezzo sanitario attrezzato, necessario per spostare un dodicenne di 180 chili in sicurezza; un aiuto economico, che copra i costi del trasferimento e permetta ai genitori di restargli accanto durante le cure.La famiglia non può farcela da sola. A questo punto la Calabria istituzionale deve prendere una posizione. Il presidente della Regione, il suo esecutivo, il Consiglio regionale, i parlamentari, i sindaci, le diocesi, le associazioni: tutti sono chiamati a un gesto concreto. Non c’è più spazio per le attese né tempo per i rimpalli. A questa chiamata possiamo rispondere anche noi, come comunità. Possiamo sostenere il viaggio. Possiamo aiutare i genitori. Possiamo, con una quota minima, diventare parte della soluzione.
Mariano ha 12 anni. Non ha bisogno di miracoli. Chiede invece di poter vivere.La sopravvivenza del ragazzo dipende dall’efficienza del sistema pubblico e dalla capacità della sua terra, la nostra, di restare umana. Questo è il momento in cui la Calabria può confermarlo. Oppure può voltarsi dall’altra parte, però senza poter dire che non sapeva. (redazione@corrierecal.it)



7.11.25

storie speciali per gente normale storie normali per gente speciale che resiste al degrado politico e culturale del nostro paese i casi di : Paolo Cergnar ,Mauro Berruto, David Yambio,


 Davanti al   degrado politico, culturale, morale del Paese  sempre   più  evidente     che  può essere riassunto da  tale  foto 


e   da  come dice Soumaila Diawara : « Questa immagine è il manifesto del fallimento di una classe dirigente che ha trasformato la politica in farsa e il dibattito pubblico in fango. L’ex ministro rappresenta un Paese che ha smarrito la vergogna, la competenza e il senso del limite. Altro che guida: è il simbolo di una degenerazione che ha contaminato tutto.»

  • Ci  sono       delle     storie     che danno speranza    da   Lorenzo Tosa esse  sono : 


Paolo Cergpnar è un vigile del fuoco e un sindacalista. Uno di quelli che porta con orgoglio l’uniforme da pompiere. Talmente orgoglioso che, lo scorso 22 settembre, in occasione dello sciopero generale per Gaza, lui, in qualità di rappresentante sindacale Usb, è salito sul palco per denunciare il genocidio con quella divisa indosso. Ha parlato del senso ultimo del suo mestiere: salvare vite umane. Lo ha detto chiaramente: “Salviamo i bambini palestinesi. Siamo ambasciatori di buona volontà dell’UNICEF e portiamo sul petto l’emblema dell’UNICEF e dobbiamo garantire a tutti i bambini la sicurezza e la Pace”. Eppure, per aver detto tutto questo con indosso una divisa da vigile del fuoco, Cergnar ha ricevuto un avviso di procedimento disciplinare e rischia sanzioni disciplinari che vanno dal richiamo a, addirittura, il licenziamento. In un Paese minimamente diritto, Paolo andrebbe ringraziato, e pure premiato. Premiato per Umanità, per aver incarnato il senso profondo di quella divisa. Qui invece è diventato un obiettivo, un simbolo da colpire. “Non mi stanno attaccando come delegato sindacale ma come pompiere, applicando il regolamento di disciplina a una manifestazione sindacale, e questo viola i diritti costituzionalmente garantiti” ha detto pochi giorni fa. In molti si sono uniti e si stanno unendo a sostegno di Paolo Cergnar, con semplici messaggi e anche una petizione, per chiedere che venga revocata qualunque sanzione. E io mi unisco a loro. 


 Mauro Berruto è una delle persone più belle, serie e preparate che abbiamo in questo Paese. Per 25 anni allenatore di volley, e per cinque anche Ct della Nazionale maschile, che ha guidato fino al bronzo olimpico a Londra 2012. Pochi minuti fa, dopo dieci anni di stop, ha appena annunciato l’incarico più bello, stimolante e umanamente commovente della sua carriera. Diventerà per qualche giorno, a
novembre, commissario tecnico della Nazionale Palestinese di volley. Glielo ha chiesto il Comitato olimpico palestinese, e lui non ci ha pensato un attimo. Un atto simbolico potentissimo, in un momento come questo, all’interno di una missione che mette insieme sport, diplomazia, umanità. Condurrà gli allenamenti, parteciperà a incontri sullo sviluppo dello sport e sulla diplomazia sportiva, parlerà di diritti e di diritto internazionale, lui che nei mesi scorsi aveva lanciato la raccolta firme per chiedere l’esclusione di Israele da ogni competizione internazionale. “Allenare una nazionale, in qualunque parte del mondo, è sempre un privilegio. Allenare quella palestinese, oggi, è qualcosa di più grande: è un atto di fiducia nello sport come respiro di libertà. Torno in palestra, dopo dieci anni, per restituire un po’ di quel dono che lo sport mi ha fatto per tutta la vita: la possibilità di credere che anche nei luoghi più difficili, un campo da gioco possa ancora essere luogo di coraggio e speranza nel futuro” ha detto Berruto. Abbiamo bisogno di persone e storie come queste. 
  
L'ultima   è  quella  di  David Yambio, è stato torturato, picchiato, umiliato da Almasri e dai suoi aguzzini. E ora, dopo l’arresto di Almasri ieri a Tripoli, l’attivista sud-sudanese fa una cosa semplicissima: ha annunciato che denuncerà e chiederà un risarcimento al governo italiano per averlo liberato e rispedito in patria con tanto di volo di Stato. Il suo racconto mette i brividi. “Sono stato torturato da lui e dai suoi uomini.
Mi ha preso a calci, mi ha chiamato schiavo e mi ha picchiato con i tubi. Ha anche sparato a delle persone davanti a me sia a Jadida che a Mitiga” ha raccontato a “Repubblica”. Non solo. Yambio, per aver denunciato Almasri, ha vissuto costantemente con la paura, si è dovuto nascondere per timore di ritorsioni. Anche per questo ha deciso di fare causa al governo Meloni con la sua ong Refugees in Lybia. Lo ha spiegato lui stesso con una chiarezza assoluta, dando a Meloni, Nordio e Piantedosi una vera e propria lezione di diritto e di dignità. “Da una parte l’arresto di ieri è una grande vittoria. Dall’altra fa ancora più rabbia quello che è successo in Italia. Almasri è stato arrestato e poi liberato e riportato a casa. Meloni e i suoi ministri, invece di proteggere e rispettare le istituzioni per cui sono stati eletti, hanno scelto di inchinarsi alle milizie che li ricattano. E hanno deciso che le ragioni di“opportunità politica” pesano più del contrasto ai crimini contro l’umanità». Questa è la realtà fuori dalla propaganda meloniana. Questa la vita vera e le conseguenze reali sulla pelle delle persone. Ne risponda Almasri, ma anche chi lo ha scandalosamente protetto. Una ferita indelebile di questo Paese.

Manuale di autodifesa I consigli dell’esperto anti aggressione Antonio Bianco puntata n LX IMPARATE A “LEGGERE” IL LINGUAGGIO DEL CORPO

 Il linguaggio del corpo da solo non basta a prevenire femminicidi o violenze, ma può essere un segnale precoce utile se integrato con educ...