Davanti al degrado politico, culturale, morale del Paese sempre più evidente che può essere riassunto da tale foto
e da come dice Soumaila Diawara : « Questa immagine è il manifesto del fallimento di una classe dirigente che ha trasformato la politica in farsa e il dibattito pubblico in fango. L’ex ministro rappresenta un Paese che ha smarrito la vergogna, la competenza e il senso del limite. Altro che guida: è il simbolo di una degenerazione che ha contaminato tutto.»
- Ci sono delle storie che danno speranza da Lorenzo Tosa esse sono :
Paolo Cergpnar è un vigile del fuoco e un sindacalista. Uno di quelli che porta con orgoglio l’uniforme da pompiere.
Talmente orgoglioso che, lo scorso 22 settembre, in occasione dello sciopero generale per Gaza, lui, in qualità di rappresentante sindacale Usb, è salito sul palco per denunciare il genocidio con quella divisa indosso.
Ha parlato del senso ultimo del suo mestiere: salvare vite umane.
Lo ha detto chiaramente:
“Salviamo i bambini palestinesi. Siamo ambasciatori di buona volontà dell’UNICEF e portiamo sul petto l’emblema dell’UNICEF e dobbiamo garantire a tutti i bambini la sicurezza e la Pace”.
Eppure, per aver detto tutto questo con indosso una divisa da vigile del fuoco, Cergnar ha ricevuto un avviso di procedimento disciplinare e rischia sanzioni disciplinari che vanno dal richiamo a, addirittura, il licenziamento.
In un Paese minimamente diritto, Paolo andrebbe ringraziato, e pure premiato. Premiato per Umanità, per aver incarnato il senso profondo di quella divisa.
Qui invece è diventato un obiettivo, un simbolo da colpire.
“Non mi stanno attaccando come delegato sindacale ma come pompiere, applicando il regolamento di disciplina a una manifestazione sindacale, e questo viola i diritti costituzionalmente garantiti” ha detto pochi giorni fa.
In molti si sono uniti e si stanno unendo a sostegno di Paolo Cergnar, con semplici messaggi e anche una petizione, per chiedere che venga revocata qualunque sanzione.
E io mi unisco a loro.
Mauro Berruto è una delle persone più belle, serie e preparate che abbiamo in questo Paese.
Per 25 anni allenatore di volley, e per cinque anche Ct della Nazionale maschile, che ha guidato fino al bronzo olimpico a Londra 2012.
Pochi minuti fa, dopo dieci anni di stop, ha appena annunciato l’incarico più bello, stimolante e umanamente commovente della sua carriera.
Diventerà per qualche giorno, a
novembre, commissario tecnico della Nazionale Palestinese di volley.
Glielo ha chiesto il Comitato olimpico palestinese, e lui non ci ha pensato un attimo.
Un atto simbolico potentissimo, in un momento come questo, all’interno di una missione che mette insieme sport, diplomazia, umanità.
Condurrà gli allenamenti, parteciperà a incontri sullo sviluppo dello sport e sulla diplomazia sportiva, parlerà di diritti e di diritto internazionale, lui che nei mesi scorsi aveva lanciato la raccolta firme per chiedere l’esclusione di Israele da ogni competizione internazionale.
“Allenare una nazionale, in qualunque parte del mondo, è sempre un privilegio. Allenare quella palestinese, oggi, è qualcosa di più grande: è un atto di fiducia nello sport come respiro di libertà. Torno in palestra, dopo dieci anni, per restituire un po’ di quel dono che lo sport mi ha fatto per tutta la vita: la possibilità di credere che anche nei luoghi più difficili, un campo da gioco possa ancora essere luogo di coraggio e speranza nel futuro” ha detto Berruto. Abbiamo bisogno di persone e storie come queste.
L'ultima è quella di David Yambio, è stato torturato, picchiato, umiliato da Almasri e dai suoi aguzzini.
E ora, dopo l’arresto di Almasri ieri a Tripoli, l’attivista sud-sudanese fa una cosa semplicissima: ha annunciato che denuncerà e chiederà un risarcimento al governo italiano per averlo liberato e rispedito in patria con tanto di volo di Stato.
Il suo racconto mette i brividi.
“Sono stato torturato da lui e dai suoi uomini.
Mi ha preso a calci, mi ha chiamato schiavo e mi ha picchiato con i tubi. Ha anche sparato a delle persone davanti a me sia a Jadida che a Mitiga” ha raccontato a “Repubblica”.
Non solo. Yambio, per aver denunciato Almasri, ha vissuto costantemente con la paura, si è dovuto nascondere per timore di ritorsioni.
Anche per questo ha deciso di fare causa al governo Meloni con la sua ong Refugees in Lybia. Lo ha spiegato lui stesso con una chiarezza assoluta, dando a Meloni, Nordio e Piantedosi una vera e propria lezione di diritto e di dignità.
“Da una parte l’arresto di ieri è una grande vittoria.
Dall’altra fa ancora più rabbia quello che è successo in Italia. Almasri è stato arrestato e poi liberato e riportato a casa. Meloni e i suoi ministri, invece di proteggere e rispettare le istituzioni per cui sono stati eletti, hanno scelto di inchinarsi alle milizie che li ricattano. E hanno deciso che le ragioni di“opportunità politica” pesano più del contrasto ai crimini contro l’umanità».
Questa è la realtà fuori dalla propaganda meloniana.
Questa la vita vera e le conseguenze reali sulla pelle delle persone.
Ne risponda Almasri, ma anche chi lo ha scandalosamente protetto.
Una ferita indelebile di questo Paese.