Padova, l’autista che salvò i bimbi: “Io arrestato e poi riabilitato ma nessuno mi dà lavoro”

Ecco  come i pregiudizi rovinano la  gente  

 da repubblica    del 10 febbraio 2020

Un anno fa Deniss Panduru, romeno, ebbe un incidente con lo scuolabus e scappò per paura del linciaggio. Ora le indagini lo scagionano, ma la sua vita è rovinata


Padova, l’autista che salvò i bimbi: “Io arrestato e poi riabilitato ma nessuno mi dà lavoro”
Padova -  Un anno fa la storia viene raccontata così: «Autista romeno dello scuolabus causa un incidente ubriaco e scappa». È il 17 maggio 2019 quando, due mesi dopo il dirottamento di San.Donato Milanese, sui colli padovani di Arquà Petrarca scatta la caccia all’uomo.
 Deniss Panduru, 51 anni, viene arrestato poco dopo con l’accusa di fuga, lesioni personali colpose plurime e guida in stato di ebbrezza.
L’allora ministro Danilo Toninelli ne chiede il licenziamento immediato e viene accontentato dalla Seaf di Este. Nemmeno un anno dopo tutto l’architrave accusatorio cade: nessuna fuga, nessun abbandono di minori, patente restituita e guida in stato di ebbrezza ridimensionata. Le indagini dimostrano che l’autista, dopo l’incidente, fece uscire i dodici bambini dal pulmino ribaltato su un fianco. Nonostante questo la caccia all’uomo, cioè a Deniss Panduru, non si è mai conclusa. «Mi hanno sbattuto in galera per tre giorni senza colpa. E adesso, nonostante l’archiviazione, nessuno più mi dà lavoro», Deniss Panduru spalanca le braccia e maledice quel giorno. Capelli rasati ai lati e lunghi dietro, orecchino, catena d’oro in mostra sul petto villoso: la sua faccia fece il giro d’Italia.

Panduru, archiviata ogni accusa. Davvero non trova un lavoro?
«Porto il curriculum con la mia esperienza ventennale ma poi mettono il nome su Google e nessuno richiama. Io non sono un bandito, vi prego: datemi un lavoro».
Secondo lei è per l’incidente?
«Per tutti io resto l’autista ubriaco del pulmino ribaltato. Nessuno più mi vuole a lavorare e io ho il mutuo per la casa da pagare».
Cosa successe quel giorno?
«Sa qual è il mio unico senso di colpa oggi? Non essermi opposto a chi mi faceva lavorare con un pulmino ridotto in quello stato».
Cosa intende?
«Era vecchio e malridotto, più volte mi sono lamentato con il titolare dell’azienda. Perdeva olio dello sterzo, io stesso facevo il rabbocco alla fine di ogni turno».
Dunque l’incidente successe a causa dello sterzo?
«Si bloccò all’improvviso, affrontando un tornante».
Lei cosa fece dopo il ribaltamento?
«C’erano vetri ovunque, i bambini gridavano spaventati. Chiesi loro se stavano tutti bene. Si fermò un automobilista e mi aiutò a fare uscire tutti, uno a uno, con relativi zaini».
Come le è venuto in mente di scappare?
«Abbiamo chiamato i soccorsi e messo tutti in sicurezza. Poi hanno iniziato ad arrivare alcuni genitori. Io ero un po’ in disparte, sentivo frasi irripetibili sul mio conto che si moltiplicavano mano a mano che passavano i minuti. A quel punto decisi che era meglio andar via».
Così però è sembrata una fuga, un’ammissione di colpa.
«I bambini erano in salvo. Per questo hanno archiviato il procedimento».
Come sono arrivati all’arresto?
«Sono stato fermato due ore dopo, portato in ospedale per le analisi. Pensavo fossero accertamenti normali. Poi, a un certo punto, un carabiniere mi dice: mi dispiace Panduru dobbiamo arrestarti».
L’alcoltest rivelò un tasso alcolico di 0,30.
«Prendevo un farmaco per la gola che aveva una base alcolica ma io non ho toccato nemmeno un goccio quel giorno. E comunque, anche se fosse, è prevista una multa, non il carcere».
Come fa ora a mantenersi?
«Cerco di arrangiarmi con piccole mansioni di giardinaggio ma nulla di sicuro. Ho due figli da crescere. Vorrei che la gente mi vedesse per quello che sono, non per il mostro che non sono mai stato».

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