16.3.11

i 150 dell'unità d'italia ed io


Come  ho  già accenato  nel mio  fb  in cui mettevo come  foto del profilo questo manifesto   per  i  150  . foto scattato in una  cartolibreria  di una mia concittadina 

ricordo  e   celebro   i  150 anni  dell'unità perchè nel bene  e  male si tratta  nella  nostra storia  . Ma allo  stesso  tempo , anche se  ho esposto ( foto sotto ) nei miei  balconi , nelle vetrine  del  nostro negozio





per reazione a chi  insultando quel simbolo  ripudia il prezzo storico  e sociale  ( guerre , lotte  sociali  ,  emigrazione  verso le  Americhe  e l'Australia  definitiva  per la maggior  parte  dei  casi   ) e sociale . Ma  senza  grandi festeggiamenti  , retorici ed  ipocriti  per  di più . E poi mi chiedo cosa ci sia  da festeggiare   con  una La classe politica fa schifo,che sta distruggendo il paese , e con dei suoi rapressentanti  ( i leghisti  )   che dicono non mi sento \  non mi riconosco nell'Italia però  alle prebende  e privilegi e ruoli politiic  non ci rinuncio  . Un paese dove la vita  è  carissima,a causa  dell'imbecillittà  di reagire  alle caste  e  ai privilegi  dei  gruppi   di pressione (  confindustria  , vaticano  , ecc )    e tagliano sui servizi e la  cultura  anzichè  su stipendi  e buono uscite faraoniche  e da  nabbambi . 
La giustizia non esiste o se esiste è lentissima,per  gli amici degli amici  s'interpreta  e si cavilla  con leggi ad  personam  , per poveri diavoli s'applica  implacabilmente  .,  il lavoro è sempre di meno e la disoccupazione è a livelli altissimi.
La macchina statale con tutti i suoi impiegati di tutti i settori parrassitari e doppi per  lo più è la piu' grande organizzazione mangiasoldi del mondo intero!!
L' unita' d' italia è stata raggiunta, secondo molti revisionisti  \ negazionisti  (  teoria  a cui non credo  )  non per volere esplicito del popolo ma per il rovesciamento armato dei regimi di allora, la complicita' della chiesa e un mero scopo di lucro ben mimetizzato!OraChe l'italia sia una nazione pur nelle diversità  etniche  e culturali fra regione  regione   e` un dato di fatto e cercare di negarlo dicendo che non ci si riconosce in questo sentimento di unita` nazionale a mio parere non ha molto senso.Ora  come dice un conto dei  miei contatti  di fb : <<
L'Italia e` stata fatto non solo da quel manipolo di coraggiosi/terroristi che erano i mille, ma anche da tutti gli uomini e le donne che sono venuti dipo e che hanno per esempio partorito una delle costituzioni piu` belle e piu` moderne e perfette della storia dei paesi democratici.
In Italia ci sono stati e ci sono menti eccellenti, personaggi autorevoli e gente comune che lavora e che costruisce con coraggio e dedizione un paese migliore.
Lo so... suona tanto retorico tutto questo ed un po' lo è , ma la verita` e che a dar retta a chi sostiene che non siamo una vera nazione, si distrugge quel che di buono questa nazione ha portato con se dalla sua unita`.
Io lo festeggio il 17 marzo e nonostante sia disgustata da certa parte di italiani, nonostante non abbia nessuna voglia di tornare nel mio paese, sono orgogliosa di essere italiana e dimostrare al mondo che in italia c'e` molto di buono sotto la melma putrida che ci  ta tutti ricoprendo e che ci sta facendo svergognare di fronte al mondo intero >>  specialmente  negli ultimi   to da rendere  attuale   questo pezzo del nabucco  che  viene strumentalizzato in quanto  :<< Lega Nord lo ha usato come "Inno della "Padania", con la giustificazione che il librettista Temistocle Solera apparteneva alla cosiddetta "corrente neoguelfa", assertrice di un blando federalismo (sistema alla base del programma politico leghista), a dispetto del fatto che questo coro di esuli ebrei era stato uno dei simboli musicali più importanti del Risorgimento italiano. Nessun documento comprova la tesi che Solera fosse favorevole a un sistema federale per l'Italia, e Verdi era un fervente sostenitore dell'unità nazionale.>> (  voce  di wikipedia  su va  pensiero )



o povera patria di battiato  (   da "Come un cammello in una grondaia", 1991  )

 Guardiamo in faccia alla realta'...tra i tanti popoli che ci circondano non abbiamo mai spiccato come popolo unito ( sopratutto quando ce lo infilano in quel posto come  è successo  e succede  a  noi sardi  vedere  qui )e  siamo  diversi da regione  a regione ed  a causa  dei campanilismi  accentuiamo questa  divisione    come evidenzia   questa  canzone  di Luca  Carboni  intitolata  appunto   inno nazionale 
In compenso siamo uniti davanti al televisore per programmi insulsi ed  ebeti  come  il grande  bordello ops  fratello  e  altri idioti o mediocri reality come facciamo noi italiani medi  per pe parafrasare la  canzone  l'italiano medio  degli ex articolo31
Nemmeno alle urne , quando si gioca il futuro del paese troviamo un briciolo di unita' con percentuali di voto che si discostano di poco dalla meta' degli aventi diritto.( compresi i voti dall'a estero ). Scambiatemi  per per  antipatriota  , pessimista  , ecc . Ma  in realtà anche  nel  non festeggiare amo questo paese ma ripudio la direzione che sta prendendo.Concludo   con questa  canzone di Francesco De Gregori   in canna nel lo stereo  che  capita  a fagiolo  con quanto scritto

                                                                      Viva L'Italia

Viva l'Italia, l'Italia liberata,
l'Italia del valzer, l'Italia del caffè.
L'Italia derubata e colpita al cuore,
viva l'Italia, l'Itali  che non muore.
Viva l'Italia, presa a tradimento,
l'Italia assassinata dai giornali e dal cemento,
l'Italia con gli occhi asciutti nella notte scura,
viva l'Italia, l'Italia che non ha paura.
Viva l'Italia, l'Italia che è in mezzo al mare,
l'Italia dimenticata e l'Italia da dimenticare,
l'Italia metà giardino e metà galera,
viva l'Italia, l'Italia tutta intera.
Viva l'Italia, l'Italia che lavora,
l'Italia che si dispera, l'Italia che si innamora,
l'Italia metà dovere e metà fortuna,
viva l'Italia, l'Italia sulla luna.
Viva l'Italia, l'Italia del 12 dicembre,
l'Italia con le bandiere, l'Italia nuda come sempre,
l'Italia con gli occhi aperti nella notte triste,
viva l'Italia, l'Italia che resiste.

  buon 17  marzo  a tutti\e   sia  che lo festeggiate o meno o  che  solo  lo ricordano come me  

                                    approfondimenti


perchè in italia non fanno studi sullele medicine alternative o ci vogliono 20 anni per diffonderlo nelle farmacie il caso di angelo spiga di Olbia che cura le ustioni di 3 grado ed altro ( con ottimi risultati ) con le erbe


 unione sarda  del 16\03\2011
Cronaca di Olbia

Dopo vent'anni di ricerche Angelo Spiga è riuscito a commercializzare la “Ph21 Ex carabiniere e mago delle erbe Scopre una pianta curativa e crea una pomata miracolosa



Un giorno, quando lavoravo per l'Arma, mi sono tagliato: ero in Barbagia e ho trovato un'erba con un grande potere cicatrizzante»
Vedi le foto A ngelo Spiga ha investito una vita intera per arrivare al punto in cui si trova ora: sta per aprire uno stabilimento di un prodotto cosmetico, la pomata Ph21, che guarisce qualsiasi problema della pelle. Ustioni di terzo grado, piaghe da decubito, alopecia, sciatica. Necrosi. Le peggiori forme di psoriasi. E parecchio altro. Spiga, che ha 45 anni, ha impiegato 25 anni e speso oltre un miliardo di vecchie lire per entrare nelle farmacie con il suo prodotto. Ora Ph21 è in rampa di lancio. «Tutto è iniziato 25 anni fa, quando lavoravo nell'Arma dei carabinieri - racconta - mi ero fatto un taglietto alla mano mentre mi trovavo in Barbagia. Per caso ho toccato una piantina e mi sono accorto che la piccola ferita si era cicatrizzata con grande rapidità. Ho preso quella pianta e l'ho fatta analizzare. L'ho studiata e fatta studiare. Per 25 anni ho cercato di carpire tutti i suoi segreti. Ph21 è fatta con l'essenza di quella pianta, e di altre diciassette vegetali che crescono in Sardegna (e non solo). Ph21 deriva dal fatto che il mio decotto, o la mia crema, o il gel che produco è in grado di guarire 21 differenti patologie. Da oltre 20 anni curo le persone, ma Ph21 non è mai entrato in farmacia. Adesso ho ottenuto i test dermatologici, quelli clinici. E naturalmente da decenni faccio collezione di certificati medici, di referti: c'è voluto molto tempo, tanta fatica e impegno anche perché ho voluto essere prudente, sentivo molto la responsabilità di mettere un impasto (sebbene totalmente naturale) sulla pelle altrui. Ora ho tutto ciò che serve, Ph21 sarà venduto nelle farmacie tra un mese e lo stabilimento in cui verrà prodotto è già pronto». In questi venti anni Spiga ha curato oltre 20 mila persone. Politici, vip di vario genere, ma soprattutto persone comuni. Di tutta Italia, ma anche dall'estero. I numeri sono impressionanti: solo nel 2010 si sono rivolti a lui ben 13 mila persone. «Non sono un medico e non faccio ricette - dice - la gente mi ha contattato grazie al passaparola. Vedo il problema e lo risolvo in base alla mia esperienza. I risultati sono migliori, di solito, di tutti gli altri già provati dai pazienti». Tre persone prese a caso dalla rubrica telefonica di Spiga, e senza preavvertimento, confermano di aver provato Ph21 e di aver avuto ottimi riscontri. Rosa Orecchioni, di Arzachena, racconta: «Ho avuto la dermatite e la psoriasi nel braccio destro per cinque o sei anni. Nessuna cura è riuscita a guarirmi. Con la pomata di Spiga mi è passata completamente». Secondo accertamento: «Soffro di psoriasi cronica da 26 anni nel 70 per cento del corpo - dice Tonino Pillittu di Serramanna - le ho provate tutte, ma niente. Ora invece questa crema me l'ha seccata e ridotta della metà». Terza e ultima testimonianza da Bari, Francesco Rubino: «Mi sono fatto mandare il prodotto per posta, da 30 anni convivevo con una brutta psoriasi. In tre mesi è quasi sparita».
L a crema di Angelo Spiga non ha nulla a che vedere, sostiene lui, con i prodotti altrettanto artigianali e naturali realizzati da alcune donne anziane che custodiscono gelosamente i segreti di una pozione spesso miracolosa. Anche in Gallura questa tradizione viene tramandata da secoli. Ma Spiga afferma «che Ph21 non ha niente a che fare con quei rimedi. Si tratta di una composizione completamente differente». Che è top secret. Spiga non vuol dire i nomi delle piante da lui utilizzate. Forse l'aloe? «No, non lo lavoro proprio. Questi vegetali crescono in condizioni abbastanza particolari e sono diffusi in alcune zone della Sardegna, ma anche nei Paesi Baschi, in Svizzera e in altri paesi europei. A seconda del clima, cambiano anche i principi attivi: io li ho studiati tutti». 

CLAUDIO CHISU

Yara, tra le forze dell'ordine non c'è coordinamento . speriamo che ciò non dettermini la mancanza di giustizia per i familiari

da http://www.ecodibergamo.it/ del 16\3\2011 leggo una lettera   di Due appartenenti alle forze dell'ordine
come dice  l'articolo :<< La premessa fondamentale è che a sottoscrivere la presente lettera siamo in due appartenenti alle forze dell'ordine, che per esclusivi motivi di (intuibile) opportunità, preferiscono rimanere anonimi >> . Capisco  benissimo  il loro  anonimato  ed  uno dei pochi casi che  ametto  tale  genere di cose  . Speriamo  che  questa lettera    , a cui non aggiungo altro , valga  a qualcosa  e   si eviti  che la  famiglia  non ottenga giustizia  . Spero inoltre chefaccia indignare la  gente  affinchè  non siano solo  i solito pochi " scemi " o mosche  bianche  (  sottoscritto compreso )  a  chiedere  l'unificazione  i  dei due  corpi  delle  forze dell'ordine in uno solo   com'era  in Italia  fino al 1948  quando  Scelba  creo la  celere  .
Ora le parole , sempre  dall'eco  di Bergamo  , dei due   coraggiosi apartenenti forze dell'ordine che per evitare ritorsioni dirette e indirette per il loro non obbedir tacendo sono costretti a non firmarsi

Siamo rimasti molto scossi dalla notizia del ritrovamento del corpo della piccola Yara, una vicenda che ci tocca prima dal punto di vista umano ma poi, direttamente, anche da quello professionale, essendo stati impegnati sul campo nelle ricerche della giovane.
Smarrimento e sconforto - Quella in cui ci ritroviamo a vivere è una surreale atmosfera di asfissiante smarrimento, talmente pesante da sconfinare nello sconforto. Avvertiamo un livello tale di rabbia e scoramento che non ci possiamo più esimere dal non esprimerlo. Aleggia nell'aria una sorta di senso diffuso di impotenza che si tramuta in consequenziale pessimismo sull'esito delle indagini. Una situazione contraddittoria e deleteria che sentiamo l'esigenza di spiegare, oltre che approfondire.
Una gestione discutibile Sottolineiamo questo, sgombrare il campo da strumentalizzazioni di sorta o di parte e il sorgere di sterili polemiche prive di spirito costruttivo. Ispirandoci a Martin Luther King, che sosteneva che «le nostre vite cominciano a finire il giorno in cui stiamo zitti di fronte alle cose che contano», nemmeno noi in questo momento possiamo restare in silenzio. Potremo sbagliarci, ma negli ultimi tre mesi abbiamo assistito ad una gestione delle indagini da parte degli inquirenti perlomeno discutibile e oggettivamente farraginosa e, non da ultimo, improduttiva. Senza gettare la croce addosso a nessuno (buona fede ed impegno non sono in discussione), forse la chiave di questo insuccesso investigativo è da ricercarsi nella cronica assenza (storica) di sinergia tra carabinieri e polizia.
Dualismo deleterio La questione è annosa e di vecchia data, ma si ripropone in maniera antipatica e puntuale, eppure non si riesce a comprendere quando questo Paese capirà (ed ammetterà) quanto sia deleterio il dualismo tra due forze dell'ordine che invece di condividere mezzi, uomini e risorse, finiscono per nascondere alla controparte informazioni ed indizi, con l'unico risultato di non raggiungere mai il traguardo consolandosi che nemmeno i cugini (di un versante o dell'altro) sono riusciti a raggiungerlo. Semplicemente avvilente! Il caso della scomparsa di Yara prima e della scoperta del suo povero corpo deturpato, ha di nuovo portato alla ribalta il problema: il palese conflitto di interessi e attribuzioni tra i vertici dell'Arma dei carabinieri e della polizia di Stato, che determina, con puntualità ossessiva, una chiara, evidente dispersione di forze e di energie, a discapito della scoperta della verità d'indagine. Sconcertante, inoltre, e non possiamo davvero sorvolare sulla questione, la direzione e la conduzione delle indagini affidata alla magistratura che, alla prova dei fatti, si è dimostrata impreparata o per lo meno avventata nel suo incedere, come testimoniato in modo eclatante nella circostanza dell'arresto di un cittadino straniero (determinato da un'errata traduzione di una conversazione telefonica) rintracciato a bordo di una nave fatta rientrare apposta nelle acque territoriali italiane (!). E non da ultimo, come non citare le circostanze (evidenziate ampiamente da numerosi organi di stampa) del nuovo sequestro, a distanza di giorni, dell'area del ritrovamento del cadavere di Yara per l'effettuazione di rilievi scientifici chiaramente ormai «inquinati» dal libero accesso di giornalisti e gente comune dei giorni precedenti. Ad ogni modo, al di là delle questioni prettamente tecniche ed investigative, la drammatica ed assurda vicenda dell'assassinio della piccola Yara ha indelebilmente segnato tutta la società civile e spolverato ogni coscienza, nessuna esclusa. Proprio per questo motivo, la magistratura e le forze dell'ordine avrebbero, anzi «hanno», il dovere di fare il loro dovere nel massimo della trasparenza, assicurando alla giustizia colui (o coloro) che hanno commesso l'omicidio o che ad esso sono connessi. Questa lettera non è uno sfogo ma solo un'ammissione pubblica che se le cose a volte non vanno come dovrebbero, le responsabilità non si possono sempre camuffare. È troppa l'amarezza per l'evoluzione della vicenda, dal punto di vista investigativo, e per quello che, ahinoi, ci ritroviamo a vedere da chi osserva da una visuale privilegiata come la nostra. Troppa, per continuare a comprimerla nel silenzio.
Una vera collaborazione Non ci resta che guardare avanti e sforzarci di pensare positivo. Quello che in cuor nostro auspichiamo per il futuro è una vera ed autentica collaborazione tra le forze di polizia e una maggiore responsabilità da parte della magistratura, per poter garantire una pretesa e legittima richiesta di giustizia e sicurezza. Inoltre, invochiamo anche maggior rispetto per tutti coloro che «volontariamente» (quindi spontaneamente) hanno contribuito alle ricerche di Yara. Ci riferiamo a tutti i volontari della Protezione civile, preziosi per l'opera prestata sacrificando tempo e risorse personali in nome di un ideale sempre più sbiadito nei cieli della nostra società: la solidarietà. E scusaci Yara, a nome di tutti noi, se sei finita per diventare motivo di un assurdo contendere investigativo. Perdonaci, se puoi.

Due appartenenti alle forze dell'ordine

Giuliano Ferrara su Ruby (Qui Radio Londra, 15/03/2011) sul caso ruby

Nella seconda puntata di "Qui Radio Londra" l'elefantino di cui trovate  sotto il  video 


ci ammorba con un sermone evangelico sulla povera Ruby e sul trattamento riservatogli a Maglie, dove è stata fischiata e contestata. "Stamattina mi sono svegliato di ottimo umore" - esordisce Ferrara - i miei tre "canini" (ndr: non i suoi denti giallo paglierino, ma i suoi piccoli cani) venivano lì a scondinzolare e a darmi i bacini...poi mi sono messo al computer e ho visto un video. Sono diventato furibondo, ma veramente furibondo. Ho pensato: nel mio paese c'è gente che ha scambiato il proprio cuore di carne con un cuore di pietra. Che orrore! Guardate qua cosa hanno fatto a una giovane donna, che linciaggio morale le hanno riservato nella città di Maglie, in Puglia".
Parte il video della contestazione e l'elefantino si scatena: "Eccola! Sputacchiata, insolentita..battevano le mani sull'auto che la stava portando in una discoteca per un numero ( ???)."
Ma chi è Ruby? Ferrara ce la presenta con queste parole: "Ruby è una giovane, figlia di una famiglia di immigrati marocchini, che ha avuto un'infanzia complicata e se ne è emancipata attraverso il proprio corpo. Succede a molte ragazze, in particolare nella società attuale in cui le regole del business dello show (le conosciamo: la tv, lo spettacolo, l'idea di poter avere una vita florida e una vita breve attraverso l'esibizione di sè) sono legge. Andava a dei concorsi "miss-no-so-di-che-cosa"...alcuni amici di Berlusconi (Emilio Fede, un altro...non lo so) l'hanno scoperta, ed è entrata in un giro di ragazze con le quali Berlusconi nella sua vita privata ama intrattenersi. Non è l'unico, credo, che ama la compagnia delle belle ragazze. Può succedere, non giudico. C'è un processo in corso che seguiremo con particolare attenzione, perchè è stato accusato di "prostituzione minorile" (ndr: locuzione accompagnata da un gesto quasi teatrale dell'oratore). Cioè le cene private a casa del presidente del consiglio ad Arcore sono diventate un bordello".
Ferrara continua la sua omelia, invitando i telespettatori ad accogliere la figura di Ruby proprio come ha fatto il suo padrone: con amore, con carità, con misericordia. E bacchetta chi esterna disprezzo e rancore, mostrando un cuore di pietra. E cita ad minchiam l'adultera lapidata.
L'amore vince sempre sull'odio.

15.3.11

anche il mondo animale puà essere utile per studiare l'uomo il salto nel vuoto di un pinguino




Ci vuole coraggio a superare i propri limiti, persino quando si è un pinguino. In questo video ripreso in una spiaggia del Sudafrica un pinguino si appresta a saltare da una roccia all'altra: sotto di lui il vuoto. Un vero e proprio salto della morte con finale a sorpresa

odio per gli animali o per il loro comportamento ?

questa foto  è stata scattata  stamattina mentre  tronavo  dalla  pescherie  di  ********* situata  inpieno centro storico   di tempio pausania  (  Olbia -Tempio ) .  a  voi lettori  \ lettrici  ogni  commento in merito . A  quando  una   con  le persone  visto che i  vicoli del centro storico  sono sempre ricettacolo  specie durante  il carnevale  ( e da cui  nessuno\a    sottoscritto compreso  ) è immune e  visto  che  certi vicoli  vengono chiamati    con nomi particolari  tipo vicolo dei piscioni  o dele pisciate  in fretta 

nuovi rapporti con la libia

13.3.11

chi lo dice che il senso di colpa è negativo ? Ecco la storia di Ale che avendo subito incesto , alcoolismo e violenze aiuta gli altri\e che ne sono vittime







Unione Ssarda del 13\3\2011



Il senso di Ale per la vita 
Una vita in giro




È ospite di una vecchia alcolista che oggi, a vent'anni dall'ultimo bicchiere, va quotidianamente in tour tra i 200 utenti (come li chiama lei) che vivono in dieci paesi del circondario: marginali, malati di mente, schiavi della bottiglia. Per conto di una coop sociale che l'ha assunta dopo quindici anni di volontariato, gira su un furgone portandosi dietro qualche “paziente” che ha bisogno di assistenza-extra. Altri li tiene a casa, dove ci sono marito e tre figlie che le fanno da spalla. La fuga dall'alcol si sconta vivendo e Simonetta, 44 anni,ha appaltato la sua esistenza al prossimo. È un gigante, e nemmeno lo immagina. 

Alessandra vive bene con lei. Si sono conosciute una decina d'anni fa. «A quell'epoca avevo già il delirium tremens. Mi prendevano certe crisi ma certe crisi, credevo di morire: tremore, tachicardia, ansia, allucinazioni e una paura che ti stringe fino a toglierti il respiro. Tutto finito, grazie al cielo: da cinque mesi non sfioro un bicchiere. Della malattia mi è rimasto solo il terrore dei ragni. Quando stavo male sognavo che mi venivano addosso, un esercito con le zampe nere...».
Della violenza da ragazzina illumina solo qualche squarcio. Per esempio, la mattina che sono venuti a prenderla i carabinieri. «Ero a scuola. Avevo presentato la denuncia da qualche giorno. Non mi aspettavo quella specie di irruzione. E soprattutto mai e poi mai avrei immaginato che si sarebbero portati dietro l'uomo che mi violentava, quello che mi diceva sta' ferma che ti faccio le coccole». 
Passato remoto. Peccato tuttavia non essere riuscita a riprendersi almeno il diario che aveva consegnato proprio al maresciallo.«C'era tutta la storia». L'aveva riempito dai sei ai tredici anni con una grafia che si è fatta via via sempre meno incerta. Mentre ne parla accende l'ennesima sigaretta e butta il fumo sulla bocca del camino. «Non bisogna inquinare l'aria».



Com'è finita?
«Dopo il processo, sono stata portata via da casa e consegnata alle suore di un collegio nell'Oristanese. Regole durissime, sono scappata. Mi hanno ritrovata dopo due giorni e riportata nell'appartamento dove ero stata abusata. Giravo di stanza in stanza con un coltello nascosto nella manica. Fosse riaccaduto, ero pronta a morire».

Poi?

«Altro istituto, a Gonnesa. Suore meravigliose. Ma io avevo cominciato a bere. Il battesimo con l'alcol risale a quand'ero bambina. Era un Natale che non ricordo. Dalla cucina ho rubato bottiglie di spumante e le ho scolate. Mi ci sono addormentata sopra».

Le suore non s'accorgevano?

«Non potevano, bevevo solo quando uscivo dall'istituto. Ho cominciato a portarmi la roba dentro che avevo già 17 anni. Un pomeriggio mi scoprono, intontita dalla birra farfuglio risposte confuse. Quando sento la Superiora chiamare al telefono la mia famiglia, non esito un istante: via, via subito».


Via, dove?

«Mai avuto un posto fisso. Ho dormito sulle panchine, sotto i ponti. Per sfamarmi, chiedevo lavoro nei ristoranti: aiutocuoco o lavapiatti. Ma venivo puntualmente cacciata perché arrivavo al lavoro ubriaca. Iniziavo a bere alle sei del mattino, smettevo quando le gambe mi tradivano. Il mio record personale è di 26 bottiglie di birra in un giorno».

Una botte umana.

«No. Perché l'alcol toglie l'appetito e ti fa fare pipì a fiumi. A vent'anni ero un'alcolista vera. Giravo a caso da un paese all'altro e un giorno mi ritrovo davanti alla comunità di don Sguotti a Carbonia. Sapete come funziona, no?»

No.

«Ti vengono incontro, ti fanno intravedere una prospettiva, la salvezza. Accetto con entusiasmo, riprendo gli studi alle Magistrali ma mi accorgo dopo qualche settimana che sto andando a scuola con una bottiglia di birra in borsa».

Allora?

«Bisognava avere il coraggio di dire basta. Vado al market, frugo tra i detersivi, scarto la varechina perché non mi ispira sicurezza, scelgo la soda caustica e torno in comunità. Decido di morire il giorno del mio compleanno: a sei mi hanno ammazzato in un modo, a ventuno mi ammazzo io in un altro».

Chi la salva?

«Nessuno. La fregatura è che il giorno del mio compleanno mi fanno una sorpresa: torta, candelina e grande festa. Capisco che non è bello rispondere uccidendosi, perciò decido di rimandare a 24 ore dopo. Il 16 gennaio 1992 entro in bagno, riempio il bicchiere di soda caustica, mi guardo alle specchio fino a che vedo la mia immagine dissolversi. A quel punto butto giù il mio veleno. Ospedale, coma, intervento chirurgico per una perforazione dell'esofago e dell'intestino, lunghissima degenza».

Comunque viva.

«Certo. Decido di restare sobria e per due anni, mentre vago per la Sardegna, ci riesco. Poi però riattacco a bere. Un giorno a Cagliari incontro un vecchio mentre stavo in panchina».

Facile immaginare cosa propone.

«Sono rimasta con lui sei mesi. Mi comprava da bere. In cambio chiedeva prestazioni sessuali ma io, giuro, non gli ho mai dato nulla. Gli uomini non mi fanno impazzire di desiderio. Il vecchio si vendicava facendomi dormire sul pavimento. Un modo come un altro per punirmi».

E costringerla a cedere.

«Il fatto è che io non smettevo d'essere ubriaca. Finché un giorno mi chiama una buonissima suora che avevo conosciuto anni prima. Chiede come sto e glielo spiego. Ti mando un'amica, mi dice: si chiama Simonetta, ascoltala».

E lei?

«Metà di me diceva sì perché di quella vita non ne potevo più, metà di me diceva no perché la sola idea di fare a meno della birra mi faceva star male. Alla fine decido di accettare».


Simonetta Uccheddu, 44 anni, arriva a Cagliari di buon mattino e va all'appuntamento con Alessandra. Avevano deciso di vedersi tra i banchi della basilica di Sant'Anna. «Le dò un'occhiata e mi rendo conto che è a pezzi». Non si perde d'animo, forte del suo passato di alcolista, ma soprattutto di una resurrezione conquistata coi gruppi di auto-aiuto. Cosa sono? Assemblaggi di disperazione collettiva, dolori e drammi individuali che si intrecciano ad altre storie difficili e fanno assemblea. I gruppi di auto-aiuto sono una sorta di squadroni dell'infelicità che, messi insieme, scatenano una formidabile voglia di rivincita. E magari succede che, col tempo, i pazienti diventano volontari, sostengono i nuovi arrivati e danno forma a una straordinaria catena umana di solidarietà. Così è nata l'associazione "Amici per la vita", che ha un responsabile scientifico (il dottor Giorgio Madeddu, alcologo) e per colonna portante quella che verrebbe facilissimo chiamare Simonetta dei miracoli. «So cosa sta provando Alessandra, sobria da pochi mesi, perché io ci sono passata prima. E ho fatto pure meglio di lei: bottiglie di birra grandi, in un giorno, me ne facevo anche trenta». Succedeva in un'altra esistenza, sepolta ma non dimenticata. «Gli utenti sono ancora adesso la mia terapia, la scommessa - vent'anni dopo l'ultimo bicchiere - che vincere la guerra è possibile». Alessandra, che non smette un attimo di fumare, è d'accordo, in perfetta sintonia: come non è mai accaduto prima. Soprattutto per colpa di una variabile che non aveva considerato, una sorpresa che dall'inferno la può riportare in terra.

Che è successo?
«Un attimo. Prima devo dire di una catena di lavori avviati e interrotti perché a una cert'ora non ero più in grado di stare nemmeno in equilibrio. A niente è servito farmi disintossicare in una clinica cagliaritana e ripetermi, giorno dopo giorno, che la birra non m'interessava più».
Quanto si resiste?
«Pochissimo. Una mattina a Sassari vado sul ponte Rosello per fare hara-kiri: il coltello ce l'ho, la voglia anche. Programmo di squartarmi e, subito dopo, volare giù. Prima però decido di chiamare al telefono Simonetta per l'ultimo saluto».
E tutto finisce in gloria, giusto?
«Mi ha preso la polizia che non avevo manco cominciato il rito. Fermata, identificata, denunciata: a maggio ho il processo per porto di coltello di genere proibito. La mia vita però è cambiata proprio quel giorno, anzi quella sera».
Perché?
«Perché conosco un ragazzo e me ne innamoro all'istante. Colpo di fulmine. Una storia bella e intensa. Anche se non gli perdono le cose terribili che mi diceva quand'era ubriaco».
Alcolista pure lui?
«Lei crede che mi sarei potuta innamorare di un sobrio impiegatuccio?»
Com'è finita?
«Nel migliore dei modi. Sono rimasta incinta».
Non ha pensato di abortire?
«No, per due ragioni: innanzitutto perché sono cattolica e poi perché quel bambino lo volevo a tutti i costi. Sapevo che poteva nascere malato ma non me ne importava niente. Sentivo che avrebbe dato un senso alla mia vita».
È andata così?
«Bimbo sanissimo. Tutto a posto salvo che i Servizi sociali non volevano lasciarmelo: come pensa di mantenerlo, signora?, dove pensa di farlo dormire, signora? Ero disperata. Ed è allora che mi è tornata in mente Simonetta».
Che c'entra Simonetta?
«C'entra moltissimo. Ha chiesto di incontrare i Servizi sociali, ha discusso a lungo con loro trovando grande comprensione. Alla fine è stato raggiunto un accordo che mi ha fatto piangere di gioia: le hanno dato in affidamento mio figlio. Siamo tutt'e due suoi ospiti. Proprio vero che la vita è un'altalena».
Il suo compagno?
«Finita. È un bravo ragazzo ma non abbiamo più nulla da dirci. Ha chiesto di vedere il bambino e io non ho nulla in contrario: sarà il giudice a decidere».
Cosa racconterà a suo figlio?
«Tutto. Chiederò aiuto a uno psicologo: voglio che conosca la verità da me e non da velenose chiacchiere di paese. Saprà chi è la madre, quando e perché ha scelto di morire, quando e perché è riuscita a tornare in vita».
Futuro?
«Farà ciò che vuole. Spero che studi, che non si fermi come me alla licenza media. Avrà tutto quello che io ho perso».

12.3.11

Brendan Brazier, triatleta vegan


Argomento: Salute/Ecologia della Nutrizione
Secondo Brazier, la dieta vegan è la migliore per gli atleti.
Brazier è un triatleta ironman che ha gareggiato in tutto il mondo. Il triathlon ironman è una disciplina che prevede 3,8 km di nuoto, 180 km di corsa in bici, seguiti da una maratona, il tutto di seguito, senza soste. E' una delle discipline più faticose.
Fonte notizia Oltre all'impegno nel triathlon, nelle maratone e ultra-maratone, Brazier ha scritto dei libri su quella che definisce la Thrive Diet (che possiamo tradurre come "La dieta del successo"), uno dei quali è stato un bestseller in Canada, dove Brazier vive. Ha anche creato una linea di bevande e barrette energetiche per gli atleti sul modello di quelle che usa da anni per se stesso durante le gare. Brazier ha lavorato con varie celebrità per rimetterle in forma, facendo loro seguire una dieta a base vegetale.
Tutto questo, unito al suo impegno per convincere il Congresso a Capitol Hill dell'importanza della dieta per la salute, fa di Brazier uno dei maggiori sostenitori al mondo dell'alimentazione a base vegetale.
Nonostante sia uno dei pochi atleti professionisti a seguire una dieta completamente vegan, Brazier afferma che tutti gli atleti che conosce seguono una dieta a prevalenza vegetale, perché è questa la migliore alimentazione per raggiungere prestazioni al top.
Brazier afferma che è imbarazzante per lui ammettere che la sua scelta vegan di 20 anni fa era dovuta solo a considerazioni di performance: voleva solo vincere, le sue ragioni erano del tutto egoistiche e avrebbe mangiato qualsiasi cosa lo avesse reso un atleta migliore.
Non siamo abituati a sentire i migliori atleti professionisti spiegare come la scelta vegan abbia migliorato le loro performance, ma questi atleti esistono, sono persone come Brazier, come Scott Jurek, Robert Cheeke e Mac Danzig, tutti atleti che si spingono all'estremo delle loro capacità e lo fanno seguendo un'alimentazione vegan.
E' difficile dire quanti altri atleti siano frenati dal compiere la scelta vegan solo per l'errata convinzione che i vegan siano meno mascolini e quanti di loro non vogliano provare idee non ortodosse per attenersi a diete più "tradizionali".
Man mano che le percezioni culturali sulla dieta a base vegetale cambiano e la scelta vegan diventa più diffusa, possiamo sperare di annullare in fretta il vecchio stereotipo della "femminuccia vegan", grazie a persone come Brazier, atleti di estremo successo e allo stesso tempo attivisti.
Se sei un atleta o solo qualcuno che vuole vivere una vita più lunga e in maggior salute, leggi il libro di Brazier e diventa vegan. Potrebbe essere la migliore decisione mai presa.
I libri di Brendan Brazier:
http://www.brendanbrazier.com/book/index.html
Fonte:
Care2, articolo di Mac McDaniel, Ironman Triathlete Says Veganism is Diet Best for Athletes, 20 febbraio 2011

sono sempre i migliori quelli che se ne vanno Nilla Pizzi



Aprendo dalla bacheca di Fb di una mia amica di Nilla Pizzi , credevo che fosse un semplice post\  video    nostalgico e allora mi metto a scherzare dicendo : << è morta una vecchia cariatide >> ( ovviamente in senso ironico , vista a sua veneranda età ) . Ovviamente il , mio umorismo stavolta becero , subisce il giusto predicozzo : << Disapprovo il tuo comportamento...si deve portare rispetto per i defunti, chiunque essi siano .... >> . Poi vado a controllare in rete con google news e scopro che è effettivamente morta. Ecco dal primo sito preso (  quello da  cui  ho  preso le foto  )   a caso , un giornale che di solito , nonostante abbia alcune buone firme , detesto per la faziosità ed il lecchinaggio verso il potere



E
' morta Nilla Pizzi, la cantante italiana vincitrice della prima edizione del Festival di Sanremo con il successo Grazie dei fiori.


 A comunicarlo è stato il suo agente Lele Mora. La cantante, che avrebbe compiuto 92 anni il prossimo 16 aprile, era ricoverata in una clinica dopo un intervento subito tre settimane fa. 

le  foto del post   sono tratte  da  http://www.libero-news.it/

IL CORDOGLIO DI NAPOLITANO - Appena appresa la notizia, anche il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha espresso il proprio cordoglio per la scomparsa della popolare interprete. Ma a stringersi accanto ai parenti di Nilla è anche tutto il mondo dello spettacolo. Gianni Morandi 
ha riferito che "ha dedicato la sua vita alla musica e lascia una traccia indelebile, perchè il festival di Sanremo è nato e diventato importante grazie a lei, che lo ha portato nel mondo". Secondo il cantante di Monghidoro, "Nilla Pizzi era una sorta di istituzione, una star, la regina di Sanremo. Era il simbolo di Sanremo. Avevo per lei una grande stima. Era una donna molto legata alla tradizione, alla sua città, dove era molto amata. Lei è un bellissimo esempio - aggiunge Morandi - È difficile riuscire ad arrivare a quello che ha fatto lei, anche perchè ha cantato fino a pochi mesi fa, mantenendo ancora quel colore di voce così particolare. Quest'estate ha fatto anche spettacoli qui a Bologna. È stato un grande esempio di longevità artistica e di grande qualità. Siamo tutti dispiaciuti e un pò legati a lei - conclude - Era un'artista internazionale, ma per noi bolognesi era qualcosa in più".
BAUDO: "ERA UNA DONNA PACIOSA" - Pippo Baudo, commosso, dice: "È stata una grande cantante, una delle più grandi in Italia, dotata di una voce unica, riconoscibile tra mille e protagonista di una splendida carriera. Nilla era anche una donna molto sensibile, generosa e dotata di straordinaria umiltà: non dimentichiamo che nel '94 tornò a Sanremo con la 'Squadra Italia', con tante altre voci, per cantare un solo verso. Non se la tirava mai, si sentiva sempre parte del gruppo. Lei amava la vita: è stata sempre attiva, fino agli ultimi tempi. Ha perfino partecipato a Quelli che il calcio con Simona Ventura. Era una donna paciosa, burrosa anche nell'animo, dall'atteggiamento sempre bonario. Non dimenticherò tutte le volte che abbiamo riso e scherzato insieme".
COSTANZO E PAOLO LIMITI - Secondo Maurizio Costanzo, "era una regina, una gran signora. Mi dispiace molto. Bisogna pensare - sottolinea - che le canzoni di Nilla si possono ancora cantare. Con comodo, mi canti una canzone di Sanremo di quest'anno? Questo è il punto". Molto dispiaciuto anche Paolo Limiti, che ha avuto in Nilla una compagna di viaggio per alcuni dei suoi maggiori programmi televisivi: "Con Nilla Pizzi se ne va un pezzo di storia del nostro Paese perchè è stata una colonna sonora molto importante per la società italiana dal dopoguerra ad oggi". Il conduttore e autore ricorda il modo semplice e generoso che ha riflesso la nostra società molto di più di quanto non siano riuscite a fare persone colte. Le persone che non hanno grandi sovrastrutture, come Nilla riescono a rappresentare senza filtri quello che è lo specchio del tempo. Nilla è stata una grande artista donna generosa, che della gente ha cantato le gioie e le lacrime".
UNA CARRIERA DA REGINA - Nilla (all'anagrafe Adionilla) Pizzi, è nata il 16 aprile 1919 a Sant'Agata Bolognese. Gli inizi della sua carriera artistica la vedono alle prese tra spettacoli per militari e concorsi canori: tra questi, spicca la vittoria al concorso Eiar del '42 a Montecatini. A 18 anni arriva invece prima alle 'Cinquemila lire per un sorriso', progenitrice di Miss Italia e dei concorsi di bellezza. Nel '51, è invece il turno di Sanremo, che nella sua prima edizione veniva trasmesso esculsivamente in radio. A cantare i venti brani selezionati sono solo in tre: lei, Achille Togliani e il Duo Fasano. L'artista bolognese vince tutto il possibile: prima, seconda e terza, con Grazie dei fior (che vendette 36.000 dischi, un record per l'epoca), La luna si veste d'argento e Serenata a nessuno. En plein pure nel '52, con Vola colombaPapaveri e papereUna donna prega. Nel '58 arriva invece seconda con 'L'edera'. Dopo più di vent'anni di assenza dall'Ariston, la Regina torna sul palco sanremese nell'edizione del 1981, vinta da Alice (Per Elisa), come co-presentatrice assieme a al produttore musicale Claudio Cecchetto ed Eleonora Vallone. La sua fama è però grande anche al di là dell'Italia. nelle comunità italiane all'estero, dagli Usa al Sudamerica, all'Australia, è sempre acclamata con grande calore. Nel '94, torna ancora a Sanremo, questa volta ancora come cantante nella 'Squadra Italia' che vede riuniti Wess e Gianni Nazzaro, Jimmy Fontana e Rosanna Fratello, Tony Santagata e Lando Fiorini, Wilma Goich e l'ex frà Cionfoli.


La via (verde) da Milis a ChicagoRicetta italo-americana per il business dei fiori

Unione sarda  del 12\3\2011 
DAL NOSTRO INVIATO  LORENZO PAOLINI ( paolini@unionesarda.it )


BELLE DI GIORNO 

 Gli organizzatori

La via (verde) da Milis a Chicago

Ricetta italo-americana per il business dei fiori










MILIS 

Un americano a Milis. A fare l'agricoltore, per giunta, un po' come rubare a casa del ladro. Invece ha funzionato tutto a meraviglia. E Leo Minniti, 48 anni, da Chicago, architetto del paesaggio, da più di un lustro si è acclimatato con successo all'ombra di aranceti dalla storia illustre. Non solo: per la dodicesima volta (Primavera in giardino , oggi e domani a Milis, Villa Pernis, dalle 10 alle 18) mette su con Italo Vacca (43 anni, uno che è partito dal paese destinazione mondo per tornare poi a casa) una delle rassegne più seguite del settore.
 Un appuntamento che è seguito dai cultori della materia con religioso scrupolo, del genere mai-più-senza . Si gioca in casa: i maniaci del giardinaggio sono un'amabile consorteria guidata da passione indomita, acquistano mensili-Bibbia in edicola, si ritrovano in Rete su forum sempre più specializzati. Sono, soprattutto, molti più di quelli che si immagina, informati e girovaghi: una manifestazione di qualità farlocca è destinata a morire in un amen. Invece nell'elenco degli espositori figurano quest'anno alcuni fra i vivai specializzati più importanti d'Europa. Mentre il numero dei clienti si è allungato in modo esponenziale. E fra gli sponsor, oltre a quelli istituzionali della zona, figurano le istituzioni d'eccellenza dell'Isola, dall'Orto botanico di Cagliari alla facoltà di Architettura di Alghero all'Adipa, l'associazione per la diffusione di piante fra amatori. Che, detto così, non sembra nulla. Ed è invece la suprema corte del giardinaggio, sede nell'Orto botanico di Lucca, quella a cui ci si appella per rintracciare piante impossibili, bulbi misteriosi, talee sconosciute. In un banchetto sarà possibile scambiare i propri tesori verdi con quelli altrui. Gratis, s'intende.




LE COINCIDENZE Si sono conosciuti a Perugia. Vacca, dopo il Liceo classico, studiava per la laurea in Lingue. Minniti, il cognome rivela antenati italiani, era in Umbria per frequentare la facoltà di italiano per stranieri. Alle spalle aveva già studi universitari «a metà fra botanica e architettura, allora in Italia la professione di esperto del paesaggio era ancora agli inizi». Il paese degli agrumeti storici impiantati dai monaci camaldolesi nel XIII secolo e la metropoli dell'Illinois diventano di colpo straordinariamente vicini. All'inizio Vacca frequenta gli Usa durante l'estate per perfezionare l'inglese, poi inizia a lavorare. Niente a che vedere con gli studi: è un vivaio quello che gli dà la busta paga ( The fields ), lo stesso di cui è socio fondatore Minniti. D'altronde in famiglia c'erano solide tradizioni legate alla terra, frutteti, vigne. E in entrambi inizia a maturare l'idea daolini@unionesarda.itaolini@unionesarda.itaolini@unionesarda.iti metter su un vivaio specializzato in Sardegna.
SVOLTA FIORITA La pianta che ha cambiato loro la vita si chiama Hemerocallis. È originaria di Cina e Giappone. Comunemente è chiamata Bella di giornoper i fiori fantastici (un profano direbbe qualcosa di molto simile a un giglio) che durano lo spazio di un mattino. È perenne, sufficientemente rustica da non richiedere cure impegnative, si adatta a qualunque terreno, richiede sole e poca acqua, vive dalle Alpi alla Sicilia. Ha una curiosità che la rende amata da tutti gli appassionati: è facilmente ibridabile. «Chiunque può unire due specie diverse e farne una terza. Porti il polline dell'una nell'altra, raccogli i semi, pianti e scopri cosa ne vien fuori. Ogni volta è una sorpresa, la maggior parte degli ibridi non ha gran valore. Ma puoi avere fortuna e far nascere una varietà particolarmente bella e nuova che gli appassionati si affrettano a registrare». aolini@unionesarda.itNegli Usa l'Hemerocallis (7 specie originali, oltre quarantamila varietà) rappresenta una bella fetta del business del florovivaismo (vengono usate anche come antincendio lungo le autostrade della California o per il controllo dell'erosione dei terreni). In Italia la nicchia di mercato fino a pochi anni fa era ancora praticamente vuota. Mentre la società americana di cui era socio Minniti vendeva oltre un milione di piante l'anno (a prezzi correnti, circa otto milioni di euro di sole Belle di giorno ).


ADDIO ALLE VITI 
I Nel frattempo le vigne sarde stavano andando maluccio, il padre di Italo Vacca aveva sempre meno voglia di dannarsi con la vendemmia. «Quando gli ho proposto di fare un vivaio a cielo aperto mi ha detto subito di sì». Non risultano agli atti particolari patemi in famiglia, la2SCw0XJ61lo&feature=related vernaccia è andata in soffitta senza problemi a favore della Stella de oro . «Il nostro vivaio ha ormai costruito una collezione di Hemerocallis che in Italia non ha rivali ma chi ci paga le bollette è la Stella». Per i non addetti ai lavori: si tratta di una varietà che, nel clima mediterraneo, fiorisce fino a sei mesi l'anno, maggio-ottobre senza soluzione di continuità, e ha un'eccezionale resistenza a malattie e insetti. Detto fatto: il vivaio nel suo campo oggi è il più importante d'Italia. Nella stagione del freddo, non è particolarmente suggestivo. Ma pare che la distesa verde in fiore, a perdita d'occhio, sia in primavera emozionante.
I SEGRETI DI UN'AIUOLA Una convinzione: le piante parlano, a patto di saperle ascoltare. E, soprattutto, modulano i discorsi a seconda dell'interlocutore. Tutt'altro che una stravaganza. Basta vedere il giardino dei cinque sensi che hanno creato nella residenza sanitaria di Milis (un esperimento simile lo hanno fatto anche a Sestu). Un'ala dell'ospizio è destinata ai malati di Alzheimer. Per loro è stato costruito un grande percorso a forma di otto che ha il compito di risvegliare ogni fiammella ancora accesa, con una fontana passaggio obbligato che funge anche da punto di riferimento. Le piante spinose ma non troppo, le orecchie di coniglio (foglie morbide che si accarezzano), tutte le aromatiche, quelle a piccola fioritura. Ringhiere per sostenere gambe provate, niente di troppo alto che faccia ombra «perché può creare spavento». Ma il pezzo forte è un quadratino di orto. In questa stagione ci sono solo finocchi e prezzemolo. «Ma davanti alle piante di pomodoro, d'estate, ogni volta è un tuffo al cuore. Ci sono anziani che non riconoscono i figli, non ricordano chi sono. Eppure sanno perfettamente cosa sono quei frutti, qualcuno è stato agricoltore». Mimetizzati fra le foglie, altoparlanti a forma di pietra di granito. «Avevamo previsto che si usassero i suoni della natura. Poi un giorno siamo arrivati, avevano messo un cd di ballo sardo e abbiamo scoperto che gli ospiti si divertivano di più».
FILOSOFIA VERDE Un lungo viale fra quattro ettari di aranceto, sullo sfondo la stazione di monta per i cavalli del Regno (siamo intorno al 1800) che potrebbe diventare un albergo. In questa cornice va in scena, da oggi, la mostra-mercato di giardinaggio. Il filo conduttore sono le piante vagabonde. «Nel mondo ci sono cinque zone con climi simili alla Sardegna: una parte del Sud Africa, del Cile costiero, dell'Australia e della California. Ebbene, esistono piante che possono trovare casa indifferentemente in ciascuno di questi contesti senza stravolgere quelle che ci abitano». Sull'argomento è prevista anche una conferenza di Maurizio Usai, ingegnere e designer di giardini. Ma si parlerà anche dei vegetali intrusi americani che hanno occupato l'alimentazione sarda (Alessandra Guigoni, antropologa). Mentre a Jacques Deleuze, corso, è affidato il racconto di « u giardinu di l'isuli» : a Santa Lucia, vicino a Portovecchio, ha costruito negli anni un percorso tropicale utilizzando soltanto piante che arrivano dalle isole.
DA TUTTA ITALIA Il vivaismo specializzato è una sorta di malattia grave. Prevede che intorno all'oggetto della passione (vegetale, sia essa una pianta di salvia oppure un geranio) si costruisca una rete con tutte le varianti possibili. Sono questo tipo di espositori quelli che saranno oggi e domani a Milis. Non il vivaio comune, la rivendita. Specialisti. Nomi a caso: da Avellino Abitare la natura, una collezione di rose antiche che è stata premiata con la medaglia d'oro al Chelsea Flower Show a Londra (il massimo). Da Torino l'azienda di Maurizio Feletig, che si occupa di arbusti e piccoli alberi da bacca. Da Spianate, Lucca, Le essenze di Lea, con la collezione di salvie più vasta d'Europa (oltre quattrocento). Dalla Catania, Malvarosa, superstar dei pelargoni. Poi le lavande di Angelo Paolo Ratto (Savona), le piante mediterranee e subtropicali di Dino Pellizzaro (da Vallauris, Costa Azzurra, lui è considerato uno dei luminari del vivaismo), le erbacce perenni de Il peccato vegetale (Arcore), le peonie di Susanna Tavallini (Vercelli). Una giornalista esperta come Mimma Pallavicini porterà gli studenti a fare un giro guidato per i banchi. «La scorsa volta scrisse sul suo blog: non ho mai visto ragazzi preparati sulle piante come i sardi».
IPOTESI DI PAESAGGIO Leo Minniti, che è ormai sardo di adozione, è uno che non si rassegna. «È stato strano scoprire che un'isola con una ricchezza verde come questa, in realtà non abbia un giardino tipico». A meno di non voler considerare tale quello con prato verde degradante verso il mare e lentischio e mirto che arriva dritto dalla Costa Smeralda. «Questa non è l'Irlanda, il concetto paesaggistico non mi pare appropriato». Perciò, con Italo Vacca, riproporrà l'idea di aiuole che hanno scarso bisogno d'acqua. Ce ne sono alcune anche davanti a Villa Pernis. Brulle, a dire il vero, un po' spoglie. «Venite a vederle in primavera e ne riparliamo». Autentiche aiuole di stagione, vere, non dopate. Sostenibili, si usa dire.

  dopo aver etto quest articolo ,mi  sono venute  in mente     per rimanere in tema  queste due famose  canzoni


 




e mai possibile che tali rivendicazioni vengano dalle donne e non da gli uomini




11.3.11

Siamo creature

Questo giorno 11, così maledetto. Sempre ricorre, ultimamente. E dopo, solo il silenzio. Una strana, forse stolida consolazione, nello stordimento afasico di Hiroki Azuma: "Faccio lo scrittore - egli afferma - ma non sono ancora stato capace di mettere in parole ciò che stiamo vivendo". E, quando tace l'artista, tace l'uomo.

Sconvolto il Giappone da un tremendo tsunami e un altrettanto tremendo maremoto, che ha mietuto cinquemila vittime accertate. E poi, l'incubo nucleare. A Fukushima si sta verificando un principio di fusione. Il resto, per questo popolo che così dignitosamente subisce e galleggia su un infiammato lago di dolore, non riusciamo a immaginarlo. Affermare, come Azuma, che "niente sarà più come prima" non è un'espressione sciatta del linguaggio medio-quotidiano; è semplicemente vero; e la verità è nuda, cruda, scabra, materica.

Noi continueremo a scrivere, per sentirci vivi. Perché siamo obbligati, dannati all'esistenza. Perché non ci è lecito arrenderci, dopo l'ennesimo sfregio alla natura. Natura e cultura costituiscono i due cardini sui quali cresce il vilucchio della persona umana. Scinderli, allo stesso modo in cui avviene una scissione atomica, è contrastare, sovvertire il nostro status.

Rievoco, sgomenta, i miei autori. Il primo, senza dubbio, è Akira Kurosawa che, in quel lussureggiante affresco in celluloide dal titolo Sogni, aveva previsto la catastrofe nucleare. La Ballata del vecchio marinaio di Coleridge, dove il protagonista viene punito con la morte-in-vita per quel gesto di malvagità totalmente gratuita. Un simbolo, l'assassinio dell'albatro, della nostra invidia d'un volo perduto: quello dell'anima.


La profezia di Kurosawa: nel lungometraggio del 1990 era il vulcano Fujiama a risvegliarsi, provocando un'ecatombe nucleare. In basso, l'episodio finale del film: l'umanità riscopre la semplicità e il dialogo con la natura.

Ma, più ancora, mi tornano alla mente versi franti, anch'essi scissi, sbocconcellati, come ruderi immoti dopo un'immane rovina. Sono una creatura di Ungaretti. Sì, egli la compose sotto le armi, mentre infuriava la guerra. Ma anche noi, oggi, siamo in guerra. Contro la nostra stessa ragion d'essere, contro la madre che abbiamo rinnegato.

"Sono una creatura" è un attestato, un vocabolo denso, delicato e donativo, relazionale, sponsale: è forza e fragilità. E' riconoscimento della propria natura, in un contesto del tutto scarnificato e isterilito. Della dipendenza da un'origine. Ma ricapitola, anche, quella cultura, quel progresso, quel futuro che può verificarsi soltanto col riconoscimento del proprio limite. Altrimenti, come il volo d'Ulisse, rimane follia, baratro, mare di fuoco su una terra desolata.

E non ci resta che questo stordimento, questa solitudine tremenda. Siamo creature; lo riconosciamo; come l'aveva riconosciuto l'epilogo del film di Kurosawa. Sono creature le vittime del lontano e vicinissimo Giappone, nostro autentico fratello in questa Terra ormai divenuta limbica, trasparente.



L’AQUILA E LA BAMBINA CIECA

da  Claudia Pasquariello 18 dicembre alle ore 15:10 · Il vento sussurrava tra i pini della montagna, portando con sé gli echi di un mondo ...