Leggendo queste due storie che troverete nele righe suiccessive mi chiedo canticchiando questa canzone autocritica di Bennato
se le donne , oltre che in amore sono più forti di noi uomini e che forse non sarà per quiesto che i maschi ( ovviamente senza generalizzare ) fustranti ed incapaci di reagire al di fuori della tv , almeno per ora come dimostra il documentario il corpo dellle donne , citato su queste pagne ( , ora anche sito internet ed un un libro ) culturalemente alla perdita del loro dominio reagiscono copn violenza ?
Adesso le storie .
Adesso le storie .
La prima
Ieri 21\10\2010 Nel bar , quello in cui vado do solito è chiuso per ferie , fra i giornali oltre quelli locali ed il corriere della sera , c'era il giornale ( la velina del governo ) e da tale copia da me acquistata online ( a dmostrrazione che non sono mentale chiuso , o comunista come mi definiscono a destra o fascista a sinistra ) , perché spesso capita che anche gli organi governativi ( per non cadere nel volgare e per mantenermi nel rispetto di voi lettori\lettrici o utenti ) ci sia fra tante veline deglia rticoli interessanti . Infatti sfogliandolo , passando oltre gli editoriali e le pagine politiche interne , faziose i oltre ogni normalità fisiologica ( visto che tutti i giornali sono di parte \ faziosi ) fino a farmi vomitare arrivo alla pagina della politica estera ed ho trovato anche li fra faziosità un articolo interessante che vado a riportare .
Esso narra la storia \ la vicenda di una ragazza coraggiosa per avre 20 annni e con un forte valore della legalità e della legge in un paese corrotto con il narcotraffico ( o mafia che dir si voglia )
LA GUERRA DELLA DROGA IN MESSICO
La studentessa che vuol sconfiggere i narcos
A Guadalupe, una delle città più violente e pericolose del Paese, nessuno voleva il posto di commissario anti-cartelli L’unica a candidarsi è stata Marisol, 20 anni: «Tutti hanno paura, ma qualcuno questo mestiere lo deve pur fare»
AL LAVORO
Marisol Valles nel suo ufficio. La ragazza, 20 anni, studentessa di criminologia a Ciudad Juarez, è stata nominata capo della polizia di Guadalupe, diecimila anime per una cittadina ai confini con il Texas, completamente in mano ai narcos. È stata l’unica che ha accettato la sfida, la sua città è al centro di una faida che in una sola settimana, proprio prima della sua nomina, è costata la vita a otto persone
Marisol Valles nel suo ufficio. La ragazza, 20 anni, studentessa di criminologia a Ciudad Juarez, è stata nominata capo della polizia di Guadalupe, diecimila anime per una cittadina ai confini con il Texas, completamente in mano ai narcos. È stata l’unica che ha accettato la sfida, la sua città è al centro di una faida che in una sola settimana, proprio prima della sua nomina, è costata la vita a otto persone
Manila Alfano
A Guadalupe la legge ha la faccia pulita e ingenua di una ragazzina di vent’anni. Marisol Valles è stata l’unica ad aver accettato: ci ha pensato un attimo e poi ha detto sì a quel posto di capo della polizia che nessuno voleva. A giugno, l’uomo che prima occupava il suo posto, il direttore di polizia Jesus Manuel Lara Rodriguez, è stato trovato decapitato e con lui i narcos avevano ucciso anche suo figlio. Erano andati a casa, in assetto da guerra e avevano ucciso tutti, senza farsi scrupoli, ferendo i passanti per strada, ammazzando il custode. Erano mesi che lo minacciavano e lo mettevano in guardia. Lui non si era fatto intimidire, la legge prima di tutto. E ha pagato. Da allora nessun sostituto si era fatto avanti. Un mese dopo era stata la volta del sindaco, stessa sorte: ritrovato con la testa mozzata. Guadalupe è l’inferno messicano, peggio c’è solo Ciudad Juarez, a sessanta chilometri da lì. Il centro delle violenze dei trafficanti di droga e della criminalità organizzata ai confini del Texas si concentra qui. È per questo che quel posto di capo della polizia proprio non lo vuole nessuno. Da quelle parti chi fa rispettare le regole muore. Poi, a farsi avanti, a dire sì, è arrivata lei, Marisol, occhi grandi e neri, studentessa di criminologia all’università, nuovo capo della polizia di Guadalupe, diecimila abitanti e otto omicidi solo la settimana scorsa.
È il metodo narcos, la guerra dei trafficanti di droga che si combatte ormai da mesi nelle strade al confine con il Texas. È da qui che passano i carichi di cocaina, arrivano dal Sud dell’America Latina, passano per la Colombia, attraversano il confine con il Messico, salendo verso nord, nell’America ricca. Gli Stati Uniti. Un problema che gli americani stanno cercando di combattere con l’invio di militari per aiutare i federali a sorvegliare il confine. Arnold Schwarzenegger ha mandato 224 guardie nazionali californiane. A giugno Obama ha disposto l’invio di 1.200 uomini lungo tutta la frontiera. Anche il governo messicano cerca di reagire: il presidente Felipe Calderon ha incrementato le misure di sicurezza, ha rafforzato la presenza dei militari nelle zone più a rischio. «Il Messico vive un problema che per decenni è stato in incubazione, e anche la soluzione richiederà molto tempo», ammettono oggi gli esperti.
«Tutti hanno paura, anche io ne ho, ma qualcuno lo deve pur fare questo mestiere». Marisol lo sa. È giovane, è donna. In questa faida lei è un obbiettivo fin troppo facile.
Marisol si sforza di sembrare sicura e disinvolta e allora parla con i giornalisti, si sente che ha studiato, che ha le idee chiare, quasi da manuale: «Il mio obiettivo non sarà soltanto quello di combattere il traffico di droga, ma di occuparmi dei quartieri e delle scuole. Vorrei creare una polizia su due ruote, penso a programmi alternativi di vigilanza». È ambiziosa e i suoi progetti assomigliano più a quelli di un capo di polizia di una città qualunque, che non vuole cedere alla realtà, alla gente che ha paura anche di uscire in strada. La nomina della giovanissima «poliziotta» arriva nel giorno in cui più a ovest, al confine con la California, nella città di Tijuana, è stato messo a segno uno storico sequestro di marijuana: oltre 105 tonnellate di «erba» per un valore di 335 milioni di dollari. Droga che avrebbe potuto essere venduta negli Stati Uniti in 210 milioni di dosi. «È un colpo gravissimo per la criminalità organizzata e i narcotrafficanti messicani», ha detto il generale dell’esercito Alfonso Duarte Mujica, che ha condotto la gigantesca operazione, spiegando che il valore della marijuana può anche «triplicare nella vendita al dettaglio negli Stati Uniti».
È il più grosso carico di droga sequestrata in Messico negli ultimi anni. I narcotrafficanti hanno già diramato messaggi di morte e minacce sulle radio pirata. Ma forse questo colpo è un segno, un buon auspicio per il coraggio di Marisol.
TERRORE Il suo predecessore è stato decapitato. Soltanto lei ha accettato la sfida LOTTA Per combattere il contrabbando Obama ha inviato 1.200 militari lungo la frontiera
La seconda invece fìviene dala mia bacheca di fb dove tramite la condivisione na mia utente ha condiviso questa nota pubblicata da Cinzia Sbardella il giorno sabato 5 giugno 2010 alle ore 11.37 su la coraggiosa scelta difficile ma obbligata quella di Maria Luisa Busi che ha lasciato il TG1: "Oggi l'informazione del TG1 è un'informazione parziale e di parte
A Guadalupe la legge ha la faccia pulita e ingenua di una ragazzina di vent’anni. Marisol Valles è stata l’unica ad aver accettato: ci ha pensato un attimo e poi ha detto sì a quel posto di capo della polizia che nessuno voleva. A giugno, l’uomo che prima occupava il suo posto, il direttore di polizia Jesus Manuel Lara Rodriguez, è stato trovato decapitato e con lui i narcos avevano ucciso anche suo figlio. Erano andati a casa, in assetto da guerra e avevano ucciso tutti, senza farsi scrupoli, ferendo i passanti per strada, ammazzando il custode. Erano mesi che lo minacciavano e lo mettevano in guardia. Lui non si era fatto intimidire, la legge prima di tutto. E ha pagato. Da allora nessun sostituto si era fatto avanti. Un mese dopo era stata la volta del sindaco, stessa sorte: ritrovato con la testa mozzata. Guadalupe è l’inferno messicano, peggio c’è solo Ciudad Juarez, a sessanta chilometri da lì. Il centro delle violenze dei trafficanti di droga e della criminalità organizzata ai confini del Texas si concentra qui. È per questo che quel posto di capo della polizia proprio non lo vuole nessuno. Da quelle parti chi fa rispettare le regole muore. Poi, a farsi avanti, a dire sì, è arrivata lei, Marisol, occhi grandi e neri, studentessa di criminologia all’università, nuovo capo della polizia di Guadalupe, diecimila abitanti e otto omicidi solo la settimana scorsa.
È il metodo narcos, la guerra dei trafficanti di droga che si combatte ormai da mesi nelle strade al confine con il Texas. È da qui che passano i carichi di cocaina, arrivano dal Sud dell’America Latina, passano per la Colombia, attraversano il confine con il Messico, salendo verso nord, nell’America ricca. Gli Stati Uniti. Un problema che gli americani stanno cercando di combattere con l’invio di militari per aiutare i federali a sorvegliare il confine. Arnold Schwarzenegger ha mandato 224 guardie nazionali californiane. A giugno Obama ha disposto l’invio di 1.200 uomini lungo tutta la frontiera. Anche il governo messicano cerca di reagire: il presidente Felipe Calderon ha incrementato le misure di sicurezza, ha rafforzato la presenza dei militari nelle zone più a rischio. «Il Messico vive un problema che per decenni è stato in incubazione, e anche la soluzione richiederà molto tempo», ammettono oggi gli esperti.
«Tutti hanno paura, anche io ne ho, ma qualcuno lo deve pur fare questo mestiere». Marisol lo sa. È giovane, è donna. In questa faida lei è un obbiettivo fin troppo facile.
Marisol si sforza di sembrare sicura e disinvolta e allora parla con i giornalisti, si sente che ha studiato, che ha le idee chiare, quasi da manuale: «Il mio obiettivo non sarà soltanto quello di combattere il traffico di droga, ma di occuparmi dei quartieri e delle scuole. Vorrei creare una polizia su due ruote, penso a programmi alternativi di vigilanza». È ambiziosa e i suoi progetti assomigliano più a quelli di un capo di polizia di una città qualunque, che non vuole cedere alla realtà, alla gente che ha paura anche di uscire in strada. La nomina della giovanissima «poliziotta» arriva nel giorno in cui più a ovest, al confine con la California, nella città di Tijuana, è stato messo a segno uno storico sequestro di marijuana: oltre 105 tonnellate di «erba» per un valore di 335 milioni di dollari. Droga che avrebbe potuto essere venduta negli Stati Uniti in 210 milioni di dosi. «È un colpo gravissimo per la criminalità organizzata e i narcotrafficanti messicani», ha detto il generale dell’esercito Alfonso Duarte Mujica, che ha condotto la gigantesca operazione, spiegando che il valore della marijuana può anche «triplicare nella vendita al dettaglio negli Stati Uniti».
È il più grosso carico di droga sequestrata in Messico negli ultimi anni. I narcotrafficanti hanno già diramato messaggi di morte e minacce sulle radio pirata. Ma forse questo colpo è un segno, un buon auspicio per il coraggio di Marisol.
TERRORE Il suo predecessore è stato decapitato. Soltanto lei ha accettato la sfida LOTTA Per combattere il contrabbando Obama ha inviato 1.200 militari lungo la frontiera
La seconda invece fìviene dala mia bacheca di fb dove tramite la condivisione na mia utente ha condiviso questa nota pubblicata da Cinzia Sbardella il giorno sabato 5 giugno 2010 alle ore 11.37 su la coraggiosa scelta difficile ma obbligata quella di Maria Luisa Busi che ha lasciato il TG1: "Oggi l'informazione del TG1 è un'informazione parziale e di parte
--br--
FINALMENTE QUALCUNO SI RIBELLA
L'avete letta questa lettera?
Io non guardo più la tv e raramente leggo i giornali convenzionali per questo non avevo avuto modo di apprendere questa notizia......E BRAVA, CHI L'AVREBBE DETTO DI VISO D'ANGELO!!! FATELA CIRCOLARE è una bella lettera!!!!! Questa è la versione integrale pubblicata dall'Ansa, indirizzata al direttore Augusto Minzolini e al Cdr, e per conoscenza al direttore generale della RaiMauro Masi, al presidente dell'azienda Paolo Garimberti e al responsabiledelle Risorse umane Luciano Flussi." Una scelta difficile ma obbligata quella di Maria Luisa Busi che ha lasciato il TG1: "Oggi l'informazione del TG1 è un'informazione parziale e di parte
Io non guardo più la tv e raramente leggo i giornali convenzionali per questo non avevo avuto modo di apprendere questa notizia......E BRAVA, CHI L'AVREBBE DETTO DI VISO D'ANGELO!!! FATELA CIRCOLARE è una bella lettera!!!!! Questa è la versione integrale pubblicata dall'Ansa, indirizzata al direttore Augusto Minzolini e al Cdr, e per conoscenza al direttore generale della RaiMauro Masi, al presidente dell'azienda Paolo Garimberti e al responsabiledelle Risorse umane Luciano Flussi." Una scelta difficile ma obbligata quella di Maria Luisa Busi che ha lasciato il TG1: "Oggi l'informazione del TG1 è un'informazione parziale e di parte
"Caro direttore - scrive la Busi -
Ti chiedo di essere sollevata dalla mansione di conduttrice dell'edizione delle 20 del TG1, essendosi determinata una situazione che non mi consente di svolgere questo compito senza pregiudizio per le mie convinzioni professionali. Questa è per me - prosegue - una scelta difficile, ma obbligata. Considero la linea editoriale che hai voluto imprimere al giornale una sorta di dirottamento, a causa del quale il TG1 rischia di schiantarsi contro una definitiva perdita di credibilità nei confronti dei telespettatori. Come ha detto - osserva la giornalista - il presidente della Commissione di Vigilanza Rai Sergio Zavoli: 'la più grande testata italiana, rinunciando alla sua tradizionale struttura ha visto trasformare insieme con la suaidentità, parte dell'ascolto tradizionale´.Amo questo giornale, dove lavoro da 21 anni. Perchè è un grande giornale. È stato il giornale di Vespa, Frajese, Longhi, Morrione, Fava, Giuntella. Il giornale delle culture diverse, delle idee diverse. Le conteneva tutte, era questa la sua ricchezza. Era il loro giornale, il nostro giornale. Anche dei colleghi che hai rimosso dai loro incarichi e di molti altri qui dentro che sono stati emarginati. Questo è il giornale che ha sempre parlato a tutto il Paese. Il giornale degli italiani. Il giornale che ha dato voce a tutte le voci. Non è mai stato il giornale di una voce sola. Oggi l'informazione del TG1 è un'informazione parziale e di parte.
Dov'è il paese reale? Dove sono le donne della vita reale? Quelle che devono aspettare mesi per una mammografia, se non possono pagarla? Quelle coi salari peggiori d'Europa, quelle che fanno fatica ogni giorno ad andare avanti perchè negli asili nido non c'è posto per tutti i nostri figli? Devono farsi levare il sangue e morire per avere l'onore di un nostro titolo. E dove sono le donne e gli uomini che hanno perso il lavoro? Un milione di persone, dietro alle quali ci sono le loro famiglie.
Dove sono i giovani, per la prima volta con un futuro peggiore dei padri? E i quarantenni ancora precari, a 800 euro al mese, che non possono comprare neanche un divano, figuriamoci mettere al mondo un figlio? E dove sono i cassintegrati dell'Alitalia? Che fine hanno fatto? E le centinaia di aziende che chiudono e gli imprenditori del nord est che si tolgono la vita perchè falliti? Dov'è questa Italia che abbiamo il dovere di raccontare? Quell'Italia esiste. Ma il tg1 l'ha eliminata.
Anche io compro la carta igienica per mia figlia che frequenta la prima elementare in una scuola pubblica. Ma la sera, nel TG1 delle 20, diamo spazio solo ai ministri Gelmini e Brunetta che presentano il nuovo grande progetto per la digitalizzazione della scuola, compreso di lavagna interattiva multimediale.
L'Italia che vive una drammatica crisi sociale è finita nel binario morto della nostra indifferenza. Schiacciata tra un'informazione di parte - un editoriale sulla giustizia, uno contro i pentiti di mafia, un altro sull'inchiesta di Trani nel quale hai affermato di non essere indagato, smentito dai fatti il giorno dopo - e l'infotainment quotidiano: da quante volte occorre lavarsi le mani ogni giorno, alla caccia al coccodrillo nel lago, alle mutande antiscippo.
Una scelta editoriale con la quale stiamo arricchendo le sceneggiature dei programmi di satira e impoverendo la nostra reputazione di primo giornale del servizio pubblico della più importante azienda culturale del Paese.
Oltre che i cittadini, ne fanno le spese tanti bravi colleghi che potrebbero dedicarsi con maggiore soddisfazione a ben altre inchieste di più alto profilo e interesse generale.
Un giornalista ha un unico strumento per difendere le proprie convinzioni professionali: levare al pezzo la propria firma. Un conduttore, una conduttrice, può soltanto levare la propria faccia, a questo punto.
Nell'affidamento dei telespettatori è infatti al conduttore che viene ricollegata la notizia. È lui che ricopre primariamente il ruolo di garante del rapporto di fiducia che sussiste con i telespettatori.
I fatti dell'Aquila ne sono stata la prova. Quando centinaia di persone hanno inveito contro la troupe che guidavo al grido di vergogna e scodinzolini, ho capito che quel rapporto di fiducia che ci ha sempre legato al nostro pubblico era davvero compromesso. È quello che accade quando si privilegia la comunicazione all'informazione, la propaganda alla verifica.
Ho fatto dell'onestà e della lealtà lo stile della mia vita e della mia professione. Dissentire non è tradire. Non rammento chi lo ha detto recentemente. Pertanto:
1) respingo l'accusa di avere avuto un comportamento scorretto. Le critiche che ho espresso pubblicamente - ricordo che si tratta di un mio diritto oltre che di un dovere essendo una consigliera della FNSI - le avevo già mosse anche nelle riunioni di sommario e a te, personalmente. Con spirito dileale collaborazione, pensando che in un lavoro come il nostro la circolazione delle idee e la pluralità delle opinioni costituisca un arricchimento.
Per questo ho continuato a condurre in questi mesi. Ma è palese che non c'è più alcuno spazio per la dialettica democratica al TG1. Sono i tempi del pensiero unico. Chi non ci sta è fuori, prima o dopo.
2) Respingo l'accusa che mi è stata mossa di sputare nel piatto in cui mangio. Ricordo che la pietanza è quella di un semplice inviato, che chiede semplicemente che quel piatto contenga gli ingredienti giusti. Tutti e onesti.
E tengo a precisare di avere sempre rifiutato compensi fuori dalla Rai,lautamente offerti dalle grandi aziende per i volti chiamati a presentare le loro conventions, ritenendo che un giornalista del servizio pubblico non debba trarre profitto dal proprio ruolo.
3) Respingo come offensive le affermazioni contenute nella tua lettera dopo l'intervista rilasciata a Repubblica, lettera nella quale hai sollecitato all'azienda un provvedimento disciplinare nei miei confronti: mi hai accusato di `danneggiare il giornale per cui lavoro´, con le mie dichiarazioni sui dati d'ascolto. I dati resi pubblici hanno confermato quelle dichiarazioni. Trovo inoltre paradossale la tua considerazione seguente: 'il tg1 darà conto
delle posizioni delle minoranze ma non stravolgerà i fatti in ossequio a campagne ideologiche´. Posso dirti che l'unica campagna a cui mi dedico è quella dove trascorro i week end con la famiglia. Spero tu possa dire altrettanto.
Viceversa ho notato come non si sia levata una tua parola contro la violenta campagna diffamatoria che i quotidiani Il Giornale, Libero e il settimanale Panorama - anche utilizzando impropriamente corrispondenza aziendale a me diretta - hanno scatenato nei miei confronti in seguito alle mie critiche alla tua linea editoriale. Un attacco a orologeria: screditare subito chi dissente per indebolire la valenza delle sue affermazioni.
Sono stata definita 'tosa ciacolante - ragazza chiacchierona - cronista senza cronaca, editorialista senza editoriali' e via di questo passo.Non è ciò che mi disse il Presidente Ciampi consegnandomi il Premio Saint Vincent di giornalismo, al Quirinale. A queste vigliaccate risponderà il mio legale. Ma sappi che non è certo per questo che lascio la conduzione delle 20.
Thomas Bernhard in Antichi Maestri scrive decine di volte una parola che amo molto: rispetto. Non di ammirazione viviamo, dice, ma è di rispetto che abbiamo bisogno. Caro direttore, credo che occorra maggiore rispetto. Per le notizie, per il pubblico, per la verità. Quello che nutro per la storia del TG1, per la mia azienda, mi porta a questa decisione. Il rispetto per i telespettatori, nostri unici referenti. Dovremmo ricordarlo sempre. Anche tu ne avresti il dovere.
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