Proseguire - diario di un’insegnante

 dal blog https://ilfarodibabysnakes.wordpress.com/  ecco un interessante   articolo dell'amica  e  collaboratrice    decennale  Daniela Tuscano

Proseguire

diario di un’insegnante

Mattina. Riprende il solito rituale, colazione, libri infilati in borsa, anche se il primo giorno non li userai.  C’è sempre una sospensione, o un residuo timore, quando rientri a scuola. Che non t’abbandona mai. Che l’esperienza non riesce a vincere. Che l’età non arriva a sopire. Li ritroverai tutti, colleghi e alunni, invecchiati, cresciuti, incerti o indifferenti, sempre umani. E l’umanità altrui, della quale avrai cura, la vivi, ti scorre dentro, con la sua volubilità e le domande inespresse. È proprio davanti a questo non-detto che avverti un’immane inadeguatezza, e vorresti rinunciare, o fuggire. Ma non lo farai, e ne sei consapevole. Dunque cominci. Quest’anno, assieme ai libri, devi ricordare molto altro: coprirti il viso, sentire nel naso e nella gola, forse nelle vene, quel persistente odore d’ospedale, asettico e bianco, impersonale e freddo, che ti protegge dagli abbracci, e ti fa strabuzzare gli occhi, per imporre al tuo (non troppo, speri) vicino le distanze di sicurezza. Un odore di contraddizione e spostamento. Non tocchi perché ami, e lo sguardo spaventato può mutarsi in quelle braccia che devi costantemente contenere. Le aule sono aerate, come sempre nella stagione che langue. Ma non c’è allegria, nemmeno incoscienza, quanto una rassegnazione, un fatalismo lunare, nei tuoi studenti non più maturi né più consapevoli, come vorrebbe far credere la propaganda di regime. Dove li trovano, questi ragazzi composti e fidenti, ligi al dovere, fermi nelle avversità, capaci di regalare pensieri alati, degni dello Zibaldone leopardiano? Li vedi, semmai, storditi, con desideri piccoli, anche meschini: quest’anno si farà autogestione? resisteremo fino all’inverno?Nessun banco a rotelle. Spazi sgombri, entrate e uscite scaglionate, percorsi alternati e un tentativo d’abitudine. Quelle domande ti irritano, li vorresti impegnati, responsabili. Vorresti inculcarglielo, l’altruismo della rinuncia. Ma avverti pure, nella loro vacuità, un grido d’aiuto. La loro scioltezza è limitata, e in qualche confuso modo, cercano di contenerla. È debole, questa giovane Italia. Ma è l’unica che ti resta, su cui devi contare. Allora apri il libro, e spesso sono lezioni frontali, in attesa che i computer vengano riattivati. Dentro di te, non ti dispiace. Hai sempre preferito quelle ore – adesso ridotte – in cui l’infinito dovevi immaginarlo, dietro la siepe delle pareti. Riappropriarsi di sé nella mancanza: illusioni, dice il filosofo. Ma l’umanità non ha sempre camminato così, senza traguardo e con tenacia?Tu lo sai: usciranno, non rinunceranno agli allenamenti, alla danza. Ti auguri che dietro la maschera non sogghignino di te. Li pensi, negli autobus affollati, sballottati fra ordini scomposti, contraddittori e irrisi. Glielo dici, che non hai la pazienza d’un tempo, e procedi ormai per sottrazione, perché il tempo improvvisamente s’è ristretto. Detesti il trito slogan “ritorno alla normalità”, e parli di altra vita, e sorridi quando qualcuno di loro esclama: ma allora, entreremo nei libri di storia! Sì; ci siamo finalmente piovuti, in questo guazzabuglio che non è un lungo fiume tranquillo. Avvezzi a una libertà obbligatoria, si muovono in un mondo infetto, di cui devono imparare tutto. È mattina, un altro settembre d’inutile e sbuffante calore. Ogni giorno una scommessa: sto ancora bene, li ho ritrovati ancora tutti, nella loro umanità barcollante, comunque privilegiati rispetto a chi, altrove, invidia la loro precarietà. è tardi e presto per tutto. Machiavelli e amuchina, gli Etruschi e le finestre che mi raccomando, spalancale più che puoi. Un giorno d’ordinaria fatica. E quella fiducia malgrado tutto gliela devi, e la solitudine la rimandi a domani.

Daniela Tuscano



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