non perdere mai la speranza e non gettarsi giù Si laurea con due anni d'anticipo L'altra faccia dei bamboccioni



Lo so che questa storia  che  m'accingo a raiportare ,  può essere considerata  dai più banale  è normale  perchè tale persona  non è  nè il primo nè l'ultimo, anche  se  in pochissimi , a fare una cosa del genere in un mondo  come quello dell'università   dove  laurearsi in corso è un impresa . Ma  in un  tempo  in cui , ad  incominciare  dalla generazione del  sottoscritto  e  specie  ora   con le nuove  ,  tardavano  o   si fermavano   quando non si ritiravano  , all'obbligo scolastico  o al masssimo al diploma  . E se nel caso  andavano  all'università  ci mettevano , esperienza  personale  e diretta  , più dei normali  4  anni  . Ma  questa  è una storia   che dovrebbe dare  speranza  alle nuove generazioni   che  non cercano nè lavoro  nè continuano   più  a  studiare  o abbandono gli studo sempre  più precocemente  .  

unione  sarda  del  24\3\2013 


Si laurea con due anni d'anticipo L'altra faccia dei bamboccioni

Giovedì scorso qualcuno s'è sicuramente imbucato nell'aula delle lauree di Giurisprudenza a Cagliari, mimetizzato tra la folla di parenti commossi mamme in lacrime fiori e baci.Era lì per vedere com'era fatto. Per capire, insomma, se si trattava di un essere umano fino in fondo. Federico Onnis Cugia (  foto a destra  preda da  http://sphotos-a.xx.fbcdn.net  ) sa molto bene di attirare una certa curiosità ma non ha mostrato il minimo fastidio. E ha recitato la sua parte di studente modello (modello?) con l'asciutta eleganza, molto inglese, che gli appartiene. Biondino, un metro e ottantacinque su un fisico longilineo, giacca cravatta gilet, no piercing no tatuaggi a vista, sorriso d'ordinanza. Ha ventidue anni. Giovedì si è laureato in Leggi, corso quinquennale, superando tutti gli esami in tre anni. È un caso unico in Italia. Ha anticipato la laurea di due anni marciando alla velocità di quasi undici esami ogni dodici mesi. Un mostro, uno da mandare a Superquark da Piero Angela.Federico è quel che si dice un giovane garbato. Durante l'intervista mantiene perfino una postura signorile, non stravacca neanche per un attimo. Sa bene di essere un primo della classe ma evita esibizioni. Dice che l'ha fatto per amore. Amore del Diritto. Gli piaceva tanto che sulle prime aveva timore di impantanarsi in un corso di studi dove si salva chi può: niente frequenza obbligatoria, organizzazione molto aperta, autonomia senza limiti. C'era il rischio, in pratica, di iscriversi e restarci a vita o quasi.Padre e madre medici, tre fratelli più piccoli, non ha raccolto sostegni entusiastici in famiglia: «Spesso non ho neppure detto ai miei che andavo a dare un esame. Era il mio dovere, tutto qui. Perché parlarne?» Con una tesi sui mutui derivati, ha conquistato il titolo di dottore con 108/110. Il suo relatore (professor Corrado Chessa, docente di Diritto bancario) lo definisce «un ragazzo fuori dal tempo. E lo dico come complimento. Nel senso che manifesta una saggezza e un modo di comportarsi che non sono affatto della sua generazione». Così si arriva al vero mistero di Federico, a questo singolare sprinter che non tradisce la minima emozione: ha davvero 22 anni oppure il triplo ben mimetizzati dietro chissà quale sortilegio ?A parlargli sorprende non solo per il linguaggio maturo ma per la profondità d'analisi. Con tante scuse, ma a tratti sembra un vecchio dispensatore di consigli, suggerimenti, istruzioni per l'uso di stare al mondo. Un guru-bambino. Il suo è stato uno studio volli fortissimamente volli ma si occupa anche d'arte, di sport, di politica. Uno qualunque, insomma.Consapevole d'essere un fuoriclasse, non si dà arie e neppure prova a mostrarsi in qualche misura speciale. «Caso unico in Italia il mio? Sembra, ma francamente non ne ho la certezza». Forse non gl'importa più di tanto. Quel che conta è aver vinto la sfida iniziata quando aveva appena vent'anni ed era un po' più smilzo, sempre biondino, abbigliamento ovviamente classico (quasi rotariano) e un chiodo ben piantato nel cervello: vincerò.
Partiamo da un dato di fatto: le piace studiare.  «Molto. I professori del liceo mi hanno insegnato un buon metodo: credo di dovergli molto».
Quante ore al giorno ? «Dipende dall'esame. Per quelli più pesanti tutto il giorno: dalle otto del mattino alle otto di sera, salvo le pause».
Quali sarebbero le pause ?«Pranzo, cena».
Altri sintomi ? «Mi sento un ragazzo normalissimo, faccio la vita di tutti, ho tanti interessi e non ho mai rinunciato a nulla per lo studio».
Per esempio ?«Ho fatto atletica, ho fatto nuoto: e questo senza smettere di studiare. Si può. Non c'è nulla di eroico. Ho fatto anche molto altro».
Cioè ?«Associazionismo. Insieme ad amici abbiamo creato a Cagliari un'accademia di pittura figurativa, foto e scrittura creativa. I corsi sono iniziati qualche mese fa».
Dunque s'accorge del mondo che le gira intorno. «Ovviamente. Non ho niente di speciale. Mi occupo di molte cose, politica inclusa».
Anche politica ? «Sì. Sono un militante sardista, faccio parte del Consiglio nazionale del partito».
Ma allora rischia perfino d'avere una ragazza. «Difatti ce l'ho, Sara. Devo molto alla sua tolleranza e alla sua pazienza. Mentre ero lanciatissimo negli studi, ha avuto qualche problema di salute e in quella occasione ho ricevuto da lei una straordinaria lezione di vita che non dimenticherò».
Lei non è esattamente quello che il governo Monti chiamerebbe bamboccione. «Credo di no. La voglia di bruciare le tappe parte da un presupposto preciso: capire il tempo in cui vivo. E siccome so bene che non mi regala niente nessuno, ho deciso di darmi da fare».
L'accelerata negli studi è legata allo sfascio del mondo che ha davanti ? «Sono un ottimista della vita, vedo il bicchiere sempre mezzo pieno e quindi ho preso atto che, per poter afferrare una speranza di occupazione, bisognava fare più in fretta possibile. Il mercato del lavoro è saturo, mica potevo restare a guardare».
Si sente un marziano ?«Quando mai».
Il suo è un caso unico in Italia: come definirla ?«Non mi piace essere autoreferenziale ma sono semplicemente un ragazzo con molta voglia di muoversi, di arrivare. Sono curioso, intraprendente, pignolo. Non mi sento affatto un pezzo unico».
Quando ha deciso di fare il centometrista del Diritto?
«Il giorno in cui mi sono iscritto. Sara mi ha ricordato che quella mattina le avevo detto: eccomi qui in Giurisprudenza ma dev'essere una toccata e fuga». 
Era così anche al liceo ?«Beh, diciamo che avevo una media decisamente alta».
Le è mai arrivato alle orecchie un colpo di secchione ?«No, e questo per la semplice ragione che - studio a parte - sono identico ai miei coetanei. Sono sempre stato ritenuto un furbetto, uno che va a bersaglio senza strapparsi i vestiti. Studiare quel che serve e ricavarne il massimo profitto: è sempre stato questo il mio motto».
Qual è stato l'atteggiamento dei docenti ? «Disomogeneo. Alcuni, guardando il mio libretto, si complimentavano. Altri invece non capivano quella mia voglia di correre, non accettavano l'idea che mi andasse bene un voto sotto il trenta».
L'Università, anche se l'ha vista in corsa, com'è stata ? «Parlo della mia esperienza. Nelle facoltà a numero aperto come Giurisprudenza, occorre capire che devi cavartela da solo. Non c'è obbligo di frequenza, nessuno che ti segua, pochi i contatti con i professori e quindi sei solo tu a governare il tuo destino di studente. Devi porti subito un obiettivo: laurea. Almeno questo è quel che ho fatto io».
Altre impressioni ?«Una molto positiva. Contrariamente a quanto si dice in giro sui giovani che non hanno interessi per nulla, all'università ho trovato invece molta effervescenza, non ho colto l'atteggiamento di chi sta in Facoltà per fare tappezzeria. Piaccia o no, l'università è ancora la fonte della cultura, dell'etica, delle indicazioni per la vita».
È stato autorizzato ad anticipare gli esami ?  «C'è un regolamento del 2009 che stabilisce la durata dei corsi di laurea e il numero degli esami. Ma le indicazioni finiscono qui. Poi, ognuno si regola come crede».
Avrebbe voluto studiare altrove ?  «Ho superato il pre-test per iscrivermi in Bocconi ma poi ci ho ripensato. Non mi interessava laurearmi a Milano o a Roma. Considero una fortuna essere nato qui, adoro la mia terra, ci vivo bene e dunque non c'era alcuna ragione per emigrare».
Beh, una sì: l'università di Cagliari è un fanalino di coda nazionale.  «Sono convinto che, al di là delle graduatorie, tutto dipenda dalla formazione che riesci a conquistare. Se studi (e studi bene), se ti applichi sul serio, non credo che alla fine la provenienza da un ateneo o un altro faccia la grande differenza. Metto in conto di andar fuori per un corso di specializzazione...».
... o per una seconda laurea. «A questo sto già pensando ma non ho preso una decisione. Scienze Politiche, Economia? Forse Economia perché dicono che un giurista digiuno di economia è un giurista a perdere».
Adesso che non possono esserci più rappresaglie: il prof peggiore?  «Non ne ho avuto né di migliori né di peggiori».
Ha mai ripetuto esami ? «Qualcuno sì».
Per esempio ? «Diritto della Navigazione».
L'esame più tosto ? «Procedura civile. Ho impiegato davvero tanto per prepararlo, giornate di studio intenso e faticoso».
Quello più facile ?«Diritto costituzionale. In realtà non era il più facile ma quello che mi appassionava di più. L'ho proprio divorato, in un mesetto l'ho digerito».
In Facoltà s'è creato una certa fama tra i colleghi ? «Inevitabile. Attiravo curiosità».
Le hanno fatto intorno un cordone sanitario ?«Questo no ma qualche cattiveria non me l'hanno risparmiata. Invidia, noi sardi siamo specialisti in materia. Poi, calunniette meschine alle spalle».
Che dicevano ?«Che avevo una sfilza di soli 18, che solo così ero riuscito a sostenere trentadue esami in tre anni». 
Ha mai pensato di mollare gli studi in corso d'opera ?«Non ho avuto tentazioni di questo genere, la volontà che mi ha animato agli inizi non mi ha mai lasciato. Ho fatto al massimo una settimana di pausa».
Anche d'estate ? «Sissignore, anche d'estate. Al mare coi libri sotto l'ombrellone. Per questo dico che la mia ragazza ha avuto una grande pazienza».
Tempo libero, mai ?«Mi sono sempre ritagliato i miei spazi fra studio e amici. È capitato di studiare dal mattino presto e fermarmi al pomeriggio per avere la sera libera. Ma, vede, l'importante non è la programmazione delle ore. L'importante è sapere cosa si vuole».
Uno su quattro dei suoi coetanei non studia, non lavora, non è interessato a niente. «Ho letto. Li chiamano neo-indifferenti. Io credo che non abbiano il coraggio di affrontare la vita. Ritengo siano vittime di una fragilità interiore che gli impedisce di uscire da un guscio sterile e protettivo».
Lei invece? «Io invece niente. Ascolto musica, dalla classica al rap. Adoro tutti i film di James Bond e Rocky con Silvester Stallone. Ho anche un libro del cuore: Un uomo di Oriana Fallaci. Due miti della politica: Simon Mossa e Francesco Cossiga. Vado in palestra, frequento il partito».
Insomma, non si lascia vivere addosso. «Neanche per un minuto. E come me tanti altri della mia età. Circolano molti luoghi comuni sul nostro conto. Lo vedo alle riunioni del Psd'Az: partecipano anche cinquanta-sessanta ragazzi per volta. Questo è disinteresse, indifferenza?»
Adesso che ha la laurea in tasca, prospettive ? «Ho contatti con alcuni studi legali. Non ho ancora deciso in quale ramo dell'avvocatura mi piacerà specializzarmi. Vedremo».
Neanche un pensierino da consigliere regionale ? «Perché no? È un'idea lontana ma nient'affatto astrusa».
Come nei titoli di coda, a chi dire grazie? «Alla mia ragazza, ai miei, a me. Soprattutto a mio nonno, che nel 1989 fu rapito dall'anonima sequestri. La sua tenacia è sempre stato un punto di riferimento irrinunciabile. Grande determinazione, grande forza d'animo: il segreto, in fondo, è tutto qui».

storia  che   ben  s'inquadra    con  quanto dice il nuovo pontefice  Francesco I , sempre  dall'unione sarda  del 24\3\2013



"Non siate mai tristi  e non lasciatevi rubare la speranza"




PAPA FRANCESCO DURANTE LA CELEBRAZIONE DELLA DOMENICA DELLE PALME


"Non lasciatevi rubare la speranza, non siate uomini e donne tristi". Inizia così l'omelia di Papa Francesco per la Messa delle Palme sul Sagrato della Basilica Vaticana che dà inizio ai riti pasquali.
"Non lasciatevi rubare la speranza, per favore, non lasciatevi mai rubare la speranza". Portate la "gioia" di Cristo "in tutto il mondo, fino alle periferie". Non fatevi illudere dalla "sete di denaro": "nessuno lo può portare con sé, il denaro lo deve lasciare". "La mia nonna - racconta il Papa - ci diceva 'bambini, il sudario non ha tasche'". E ancora, "gioia, croce, giovani"; "vi do appuntamento a Rio, in quella grande città del Brasile". E prima: "ricordo quello che Benedetto XVI diceva ai cardinali: siete principi, ma di un Re crocifisso". Tra inserti a braccio e testo scritto, in parte buttato nel cestino, papa Francesco ha valorizzato con spontaneità il suo primo discorso ai giovani, l'omelia della messa delle palme, giorno in cui la Chiesa celebra nelle diocesi la Giornata della gioventù. Ogni due o tre anni, poi c'è l'incontro mondiale di tutti i giovani con il Papa, il prossimo sarà in Brasile dal 23 al 28 luglio e Francesco annuncia ufficialmente che ci sarà. "Cari amici, - dice rivolto in particolare ai tanti ragazzi tra le circa cinquantamila persone radunate in piazza San Pietro - anche io mi metto in cammino con voi, sulle orme del beato Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI". E li invita a prepararsi anche "spiritualmente" a quell'appuntamento. Il filo del discorso di papa Francesco ai suoi ragazzi si muove attraverso le tre parole che ha indicato e riassunto: "gioia, croce, giovani". "Non siate mai - è il primo concetto e la prima esortazione - uomini, donne tristi: un cristiano non può mai esserlo. Non lasciatevi prendere mai dallo scoraggiamento. La nostra non è una gioia che nasce dal possedere tante cose, ma nasce dall'aver incontrato una Persona: Gesù, che è in mezzo a noi, nasce dal sapere che con lui non siamo mai soli, anche nei momenti difficili, anche quando il cammino della vita si scontra con problemi e ostacoli che sembrano insormontabili, e ce ne sono tanti". "Festa, luce, gioia", ha insistito, "questa luce dell'amore di Gesù", e oggi "è festa", come fu "festa, folla, lode, benedizione, pace" l'ingresso di Gesù a Gerualemme, acclamato da quanti sventolavano rami d'ulivo. Gesù è acclamato come Re, spiega il Papa per introdurre l'idea della "croce", ma il suo regno non è di forza o potere, "chi lo accoglie è gente umile", e "Dio non sceglie il più forte, il più valoroso, sceglie l'ultimo, il più giovane, colui che nessuno aveva considerato". Il regno di Cristo, ecco l'altro passaggio, non è un regno di potere - e anche Benedetto XVI disse ai suoi cardinali "siete principi ma di un re crocifisso" - ma "con Cristo il cuore non invecchia mai": "voi giovani avete una parte importante nella festa della fede", "ci dite che dobbiamo vivere la fede con un cuore giovane, sempre, anche a settanta e ottanta anni", e qui il Papa è stato interrotto da un applauso. Da qui l'appuntamento per la Gmg di Rio. 

(Giovanna Chirri)

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