Speriamo che caèpitano più spesso queste eccezioni \ strappi alla regola e che diventi la norma .
fonte repubblica del 2\3\2013
fonte repubblica del 2\3\2013
di VERA SCHIAVAZZI
TORINO
TORINO
C’è un attimo magico quando gli occhi di Cecilia, 4 anni, incontrano quelli di Black,7 anni presunti. La bambina cardiopatica che da dodici mesi vive grazie a un cuore artificiale è seduta nella sua stanza bianca e piena di macchine e ha davanti un tavolino di plastica rosso della sua taglia, con sopra i pezzi di un puzzle. Il cane, un meticcio nero col pelo ruvido e le zampe bianche, mite e un po’ timido, è il suo cane, quello con cui Cecilia è cresciuta insieme alla sorellina Sofia, pettinata come lei,che le siede accanto come in tanti altri giorni passati in ospedale.
E il luogo è la stanza 18 del reparto di cardiologia del Regina Margherita di Torino.E’ la prima volta che un cane “forestiero” sale sull'ascensore di un grande ospedale ed entra in una camera sterile. Altri cani prima di lui hanno giocato all'esterno con i piccoli ricoverati o li hanno aiutati a reimparare a camminare nel reparto di ortopedia:erano però i quattro “specialisti” della pet therapy, addestrati e selezionati. Black no,Black è il cane di famiglia, quello che viveva già in casa con Maria e Guillermo, i genitori di Cecilia,
e con Sofia, la primogenita. Da mesi Cecilia chiedeva di vederlo,e giovedì papà e mamma le hanno detto «domani ci sarà una sorpresa». Ieri all’una la sorpresa è arrivata sulle sue quattro zampe, il cane e la bambina si sono riconosciuti con uno sguardo,si sono parlati e capiti in un linguaggio sconosciuto agli adulti umani, poi Black si è accucciato ai piedi del tavolino, un po’ disturbato dai flash e dagli sconosciuti che si davano il turno nella piccola camera di ospedale.
Un po’ disturbata lo era anche Cecilia, che però ha mostrato tutta la sua forza: sorrisi, carattere e humour, come quando ha chiesto una ciotola d’acqua per il suo cane, o gli ha raccomandato di non sporcare per terra.I genitori - Guillermo italiano di origini guatemalteche, e Maria - sono entrambi infermieri a Pinerolo, 40 chilometri da Torino.
Quando alla loro seconda figlia è stata diagnosticata una grave patologia cardiaca, la bimba aveva soltanto otto giorni di vita. La loro è una storia di dolore e di speranza, uguale a quella di tante altre famiglie, ma vissuta col coraggio speciale di chi conosce la malattia e la lotta per sopravvivere. Non hanno paura dell’ospedale, hanno chiesto e ottenuto che anche Sofia possa restarci a dormire, due o tre volte al mese, per portare la casa dentro la camera numero 18 e le risa tra bambine che ieri si sentivano a ogni movimento del cane, a ogni scatto dei flash.
Loro fanno i turni a Pinerolo per poi correre al Regina Margherita e condividere l’attesa del trapianto che guarirà Cecilia, un giorno dopo l’altro. «E’ stata dura per noi ottenere la legge 104 -- racconta Guillermo riferendosi ai permessi ai quali hanno diritto i familiari di un malato grave -- ma ce l’abbiamo fatta. Ora speriamo che arrivi il trapianto.
e con Sofia, la primogenita. Da mesi Cecilia chiedeva di vederlo,e giovedì papà e mamma le hanno detto «domani ci sarà una sorpresa». Ieri all’una la sorpresa è arrivata sulle sue quattro zampe, il cane e la bambina si sono riconosciuti con uno sguardo,si sono parlati e capiti in un linguaggio sconosciuto agli adulti umani, poi Black si è accucciato ai piedi del tavolino, un po’ disturbato dai flash e dagli sconosciuti che si davano il turno nella piccola camera di ospedale.
Un po’ disturbata lo era anche Cecilia, che però ha mostrato tutta la sua forza: sorrisi, carattere e humour, come quando ha chiesto una ciotola d’acqua per il suo cane, o gli ha raccomandato di non sporcare per terra.I genitori - Guillermo italiano di origini guatemalteche, e Maria - sono entrambi infermieri a Pinerolo, 40 chilometri da Torino.
Quando alla loro seconda figlia è stata diagnosticata una grave patologia cardiaca, la bimba aveva soltanto otto giorni di vita. La loro è una storia di dolore e di speranza, uguale a quella di tante altre famiglie, ma vissuta col coraggio speciale di chi conosce la malattia e la lotta per sopravvivere. Non hanno paura dell’ospedale, hanno chiesto e ottenuto che anche Sofia possa restarci a dormire, due o tre volte al mese, per portare la casa dentro la camera numero 18 e le risa tra bambine che ieri si sentivano a ogni movimento del cane, a ogni scatto dei flash.
Loro fanno i turni a Pinerolo per poi correre al Regina Margherita e condividere l’attesa del trapianto che guarirà Cecilia, un giorno dopo l’altro. «E’ stata dura per noi ottenere la legge 104 -- racconta Guillermo riferendosi ai permessi ai quali hanno diritto i familiari di un malato grave -- ma ce l’abbiamo fatta. Ora speriamo che arrivi il trapianto.
A mia figlia serve il cuore di un bambino, e non c’è ancora abbastanza conoscenza e sensibilità su questo tipo di donazioni.Lo capisco: quando il cuore di un bambino batte ancora, anche se c’è morte cerebrale, è difficile dire sì all’espianto. Ma guardatela, guardate come è serena, sveglia e tranquilla, nonostante tutto. Non vorreste farla vivere?».
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