8.3.14

ANNA POLITKOVSKAJA: IO SO e "Libera" di © Daniela Tuscano

Io so.
Io so i nomi dei responsabili dell’omicidio di Anna Politkovskaja (e che in realtà era un femminicidio come dimostra il vanto di chi materialmente ha rivendicato quel gesto).


Io so i nomi dei mandanti del femminicidio di Anna Politkovskaja.
Io so i nomi di chi ha deciso, a un certo punto, che scatenare guerree soffocare l’autodeterminazione dei popoli era l’unico modo per ripristinare la dittatura.
Io so che Anna sapeva. Che chi si opponeva a conflitti di potere e di conquista veniva tacciato di antipatriottismo e disfattismo.
Io so che Anna sapeva. Che per arruolare soldati per la sua guerra di conquista il Cremlino ha svuotato gli orfanotrofi, portando via disperati che nessuno avrebbe pianto.
Io so che Anna sapeva che in Cecenia un essere umano era considerato un essere biologico esattamente come un palestinese.
Io so che Anna sapeva che la libertà di stampa e di opinione in Russia era stata soffocata e all’Occidente non importava nulla.
Io so i nomi di chi ha cercato di avvelenare Anna prima di colpirla a morte sotto la porta di casa.
Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi.
Io so perché sono una che scrive, una che legge. Ma anche perché sono una donna, una donna consapevole e sola; una che la sofferenza e la discriminazione ce l’ha nel sangue e non vuol compiacersene né accettarla.
Una che ha la mentalità orizzontale - e a rovescio - rispetto al sistema dominante. Che è agonico e gerarchico. Che non sopporta gli/le irregolari. Che conosce quel tuo essere inerme, il tuo vivere solo di piene parole.
E passione.
Io so che oggi Anna è dimenticata e il premio Nobel non spetterà a lei, nemmeno alla memoria.
E che forse nei libri di storia Anna non entrerà, o entrerà in qualche trafiletto periferico.
Perché era dalla parte sbagliata per la visione agonica.
Perché la storia non è scritta dalle donne.
Io so che fin quando ciò non avverrà la storia sarà declinata al femminile solo grammaticalmente.
Io so che Anna aveva usato la penna senza il potere, solo per il dialogo.Io so che quando vincerà il dialogo, allora tornerà a vivere in noi l’Anna coraggiosa, l’altra anima, la voce a due, e solo allora si potrà pronunciare il termine democrazia.












Vorrei dedicare quest'8 marzo a una donna dimenticata. Dimenticata perché asiatica, perché cristiana, cattolica, resistente. Perché non rivendica nulla, perché è una martire, cioè una testimone.
Trova il suo significato, il suo senso nell'antico. La fede libera la sua libertà.
Mentre in Occidente si esaltano le Femen nude e il loro anticlericalismo di plastica telecomandato da un maschio, mentre il nostro Parlamento discetta trasversalmente sulla regolarizzazione della prostituzione, sul "diritto" di essere "sex workers", come amano dire con ipocrita anglismo, Asia Bibi è confinata in un carcere oscuro da tre anni, ha subito violenze d'ogni tipo, solo per aver mantenuto fede alla sua fede cristiana.
E' una donna; una donna d'una bellezza semplice e piana, modesta. E' una madre; è un essere umano che si batte senza odio contro ogni tipo di coercizione.
E' una donna di cuore e di pensiero.
E' una donna che non possiamo incasellare nel politicamente corretto perché non v'è nulla di corretto nel conculcare i diritti fondamentali.
Che sono poi la base d'ogni democrazia.
E' una donna che il Natale scorso dalla sua cella ha scritto al Papa mostrando, prima della richiesta di liberazione, una grande fortezza e luce interiore.
Come Anna Frank, vede l'infinito dietro la sua siepe di sbarre che escludono ogni sguardo.
Asia è giovane e sopravviverà, comunque, perché il futuro è suo. E di quelle e quelli come lei.
Se di noi non resterà che polvere, forse, non sarà una grave perdita.

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