3.3.14

Mafalda compie 50 anni ed è più viva che mai

https://www.facebook.com/pages/Mafalda-Fan-Club-Italiano/167063033341521
http://it.wikipedia.org/wiki/Quino


Leggendo l'articolo  dell'inserto domenicale  di repubblica   lo  trovate  sotto  ( o qui in  pdf  se  non  avete  voglia ne tempo di  leggerlo  tutto )  sui  50 anni   sul  fumetto di Mafalda  penso che : a  differenza  d'altri  fumetti   che  hanno  60 e più e  che  ancora    restano  in vita nonostante  abbiano esaurito la loro funzione  , esso ancora   abbia parecchie  cose  da  dire  e da  dirci  . E  che sia  nonostante  : 1)   per  motivi  politici e  di prudenza., 2)  stanchezza , la versione ufficiale  di Quino  , stanchezza e  paura   della ripetitività  sia stata
Quino autografa una raccolta di strisce su Mafalda a Parigi nel 2004 da  http://it.wikipedia.org/wiki/File:Quino_(cartoonist)_autographs_a_book_in_Paris,_2004.jpg

 chiusa  dopo neppure  9 anni   di vita  editoriale (   1964-1973)  .


  da   la  domenica  di repubblica  del  2\3\2014  


Mafalda Quando nacque in Argentina dalla matita di Quino,per una ditta di elettrodomestici, aveva già sette anni,le caviglie grosse e un cespuglio di capelli neri sulla testa Ora che di anni ne compie cinquanta a chi le fa gli auguri risponde, impertinente, così...


Se quando aprite il frigo e dentro c’è un pollo ma voi vedete — sempre — un «cadavere di pollo» allora siete cresciuti con Mafalda. Se avete almeno un mappamondo in casa, perché quando ne vedete uno sul
tavolo del rigattiere non potete fare a meno di pensare «come va, come te la passi ? »
e vi coglie un istinto irresistibile di portarvelo a casa per proteggerlo — per proteggere il mondo dal mondo — allora l’avete dimenticata,forse, ma lei non ha dimenticato voi. Se quando vi mettete in faccia una crema di bellezza,poi vi guardate allo specchio e vi trovate uguale, e allora guardate la crema, leggete l’etichetta, e mentalmente le dite «Beh, è tutto qui quel che sei capace di fare?» è perché Mafalda vive, imperterrita. Si è installata fra l’ipotalamo e il diaframma, si è nascosta da qualche parte là dentro, e vi parla.
Scrivere di Mafalda oggi che compie cinquant'anni’anni,dire che cosa ha significato come ha cambiato il nostro sguardo sulle cose e perché non ha smesso mai di farlo, raccontare in  definitiva che cosa si pensa di lei è un’impresa disperata della quale bisogna chiedere scusa in anticipo. Chiedere l’indulgenza di Quino che laggiù da qualche parte ci ascolta e farlo sottovoce, come un esercizio di autoanalisi privato. Come un’oretta di ginnastica la domenica mattina, che male non può fare,al massimo non cambierà nulla. Per una volta. È obbligatorio, comunque,  per non procurarsi uno strappo, partire  dall'assioma principale enunciato un giorno con scintillante chiarezza da Julio Cortazar, scrittore geniale e mafaldiano fin dal primo volo, carta d’imbarco numero 01. «Non ha importanza ciò che io penso di Mafalda: Veramente importante  è ciò che Mafalda pensa di me». Questo è: che cosa penserà Mafalda di noi? Della chirurgia estetica e della guerra in Iraq, di Bin Laden e della Merkel, della guerra del talent in tv e degli uomini della provvidenzache arrivano a salvarci dalla rovina, dei test Invalsi a scuola e delle baby escort, di Obama, di Hollande e Julie, dei lavori infiniti
nella metro, del “mi manda un amico comune”, della raccolta differenziata che finisce in  un camion indifferenziato, della Grande Bellezza di Sorrentino e di Gomorra, del cinismo e della rabbia, dei ragazzi 2.0 che “sono tornato su Facebook perché fuori non c’era nessuno”cosa pensa Mafalda? Aiutaci, ragazzina.
Torna con noi. Parlaci.
C’è una striscia in cui lei deve rispondere alla domanda di un compito, a scuola. «Se una persona nasce oggi quanti anni avrà fra mezzo secolo?». Risposta: cinquanta. Commento: «Questo fatto che una che nasce dopo di te sia così vecchia è davvero deprimente».
Però Quino una volta ha detto: «Non sarebbe mai diventata grande, probabilmente.Sarebbe stata una desaparecida ». Alla fine degli anni Settanta l’avrebbero portata








via i militari e sarebbe scomparsa in mare come tutti i ragazzi che sognavano, allora,un mondo più libero e più giusto.
L’avrebbero soppressa, e infatti il suo autore l’ha fatta sparire prima. L’ha messa in salvo per sempre. Perché Mafalda,per chi non lo sapesse, è argentina.Di origini andaluse, Spagna, italiana di adozione, ma argentina. Come Borges e Maradona, come il tango e il malcontento. Una bambina del Terzo Mondo, e noi qui dal Primo tutti a imparare da lei.
Daccapo, dunque. Partiamo da Quino [  foto    destra   ] suo padre che nasce al principio degli anni Trenta a Mendoza, provincia estrema non sempre rintracciabile sul mappamondo, «sugli assegni metterà Joaquin Lavado», il suo vero nome. Quino-Joaquin è un bambino timido e malinconico, eternamente incerto, segnato
dal lutto. È un piccolo orfano, e qui di nuovo siamo chiamati a riflettere su quanti geni del Novecento siano stati orfani, quanto l’assenza dei genitori abbia contribuito al progresso dell’umanità nel ventesimo secolo. Meditate,gente. Quino perde la madre a tredici anni e il padre a sedici, nel frattempo la nonna. Vive in una casa le cui porte sono continuamente parate a lutto, il nastro nero al braccio, il profumo dolce di fiori bianchi della veglia. 
Non avrà figli, come Evita Peròn che diceva «vorrei un paese in cui i privilegiati fossero i bambini »: l’unico bambino di cui dispone come modello a cui ispirarsi è se stesso da piccolo. Mafalda nasce per errore, su commissione:un lavoretto precario, uno  dei primi del ragazzo silenzioso e occhialuto emigrato dalla provincia a Buenos Aires. Una rivista gli chiede di disegnare il fumetto di una famiglia media che faccia pubblicità occulta a una ditta di elettrodomestici, la Mansfield. La protagonista dovrà avere il nome che inizia per emme.
La pubblicità non si farà mai, le strisce di Mafalda restano in un cassetto. Anni dopo un amico, Julian Delgado, gli propone di pubblicare sulla sua rivista —Primera Plana — la storia della bambina che dice «chi è quel cretino che ha inventato la minestra». È il 1964. Cinquant’anni fa. Delgado sparirà nel ’78, sequestrato e ucciso dai militari che torturavano ed eliminavano la gioventù argentina coperti dal rumore degli applausi per il Mondiale di calcio. È così che nasce Mafalda.
Ancora uno sforzo di memoria, per favore.Ancora un momento di concentrazione per tornare a quegli anni. Nel 1964
Barbie, la bambola Usa modello di bellezza, adotta le ciglia finte e ingrandisce gli occhi, snellisce il punto vita. Gli americani sbarcano in Vietnam. Barbie è bionda snella e buona. Mafalda è piccola nera e cattiva. Ha le caviglie grosse. I capelli ispidi e la bocca a ciabatta. È una bambina di sette anni che dice a sua madre, capelli cotonati e gonna al ginocchio,quando la vede cucire con degli spilli in bocca: «È la prima volta che vedo uscire dalla tua bocca qualcosa di acuto». Che dice a suo padre: «Il problema della famiglia, qui fra gli umani, è che tutti vogliono essere il padre». Ama i Beatles, il bowling, il segretario generale dell’Onu che si impegna inutilmente per la pace, vorrebbe tanto avere una tv che i genitori non comprano ma non perché pensano che sia il demonio: perché non hanno abbastanza soldi. Mentre Charlie Brown, in America, manda
una nazione intera in analisi .Mafalda punta a fare la rivoluzione, «i cespugli sono indispensabili alla guerriglia», lo insegna El Che. García Márquez la ama subito, perché è una bambina che parla come un’adulta, e questo anche i Peanuts,ma a differenza dei Peanuts è incazzatissima e vuole fare la rivoluzione. 
È una bambina impertinente e precoce che racconta il lato segreto della condizione umana, quello che era lì sotto gli occhi di tutti. Bastava che qualcuno lo raccontasse, come Macondo. Per l’Argentina di quegli anni, dice il grande Tomás Eloy Martínez, leggere Quino era come una “messa a terra”dell’impianto elettrico. Allude alla realtà ma di sbieco. Parla della strage di Ezeiza dicendo alla madre, a proposito della gallina che ha appena cucinato,«le tue mani sono lorde di sangue innocente ». Con la vita quotidiana i personaggi possono essere più espliciti che con la politica. D’altra parte, racconta Quino, sua nonna quando da bambino
ascoltava Sinatra gli diceva «non dimenticare che al mondo esistono Franco,Salazar, i colonnelli greci, Pinochet ». Mafalda parla di politica senza nominarla, racconta la corsa agli armamenti,il sogno piccolo borghese del benessere, le utopie hippy e la guerra in Vietnam e Peròn attraverso le passioni e le felicità segrete della vita quotidiana.


Il motivo per cui negli anni la sua forza è rimasta intatta è che le notizie sono cambiate (non c’è più il Vietnam,non c’è lo sbarco sulla Luna) ma il modo della ragazzina di reagire all'insensatezza è lo stesso. Vale per le guerre di oggi, per il mondo adesso: «Non farò nomi per non commettere l’ingiustizia di una dimenticanza, ma ci sono in giro tanti imbecilli che non ti dico». Mafalda è un’utopista e una proto femminista (i Beatles, i diritti delle donne, la pace, la rivoluzione che porta la giustizia e che sgomina i corrotti e i potenti
di ogni luogo) ma anche i suoi amici lo sono. L’avidità di Manolito è l’utopia capitalista. Il desiderio di maternità di Susanita è l’ideale della famiglia secondo una certa idea di natura,inesistente nella realtà. I piccoli rappresentano in chiave di commedia ciò che ai grandi accade in tragedia, e infine ai grandi non accade mai di fare quello che insegnano ai piccoli. Come dice García Márquez: «Si puliscono i denti, si tagliano le unghie e diventano adulti miserevoli»
Quino, l’orfano timido nato nel luogo dove i ristoranti si affacciano sui cimiteri,non ha mai capito fino in fondo
il segreto del successo di Mafalda, l’ha abbandonata esausto dopo dieci anni soli, nel 1973, 




più di quarant’anni fa. Faceva una fatica immensa a farle dire una cosa al giorno: ci metteva tutti i suoi giorni, la sua vita intera. Da allora Mafalda è stata celebrata e premiata nel mondo intero, l’Italia è stato il paese in cui è stata tradotta per prima — ne hanno scritto Umberto Eco, Oreste Del Buono — e ancora adesso i bambini leggono le storie del piccolo Guillermo, il fratellino col ciuccio, in italiano purtroppo Nando, e chiedono «ma chi è questa Brigitte Bardot di cui è innamorato ? ». Quino non sa rispondere. Conserva la genuina modestia, l’insicurezza,l’aria di sbalordimento di certi Argentini di periferia: scettici, malcontenti,litigiosi e discordi ma in fondo visionari e saggi come i veri sapienti. C’è una striscia di Mafalda in cui Felipe travestito da chirurgo le chiede di aprire la sua bambola col bisturi per vedere di cosa sia piena. Di stoppa? Di trucioli? Di gommapiuma? Lei risponde: no, io già lo so di cosa è piena. Di inibizioni. Ce n’è un’altra, in spiaggia, in cui lei dice: «La gente è esagerata e allarmista. “Il paese è sull’orlo di questo e di quello!”. Poi invece il paese è tutto qui, sull’orlo dell’acqua ». Infine: alla maestra che le chiede un compito, esigente, la bambina risponde «Lei signorina deve essere una donna molto sola».
Ha detto Antonio Gades, coreografo, una volta: Mafalda è la sola donna che mi diverta senza chiedermi niente in cambio. Sporco maschilista, avrebbe risposto lei con altre più illuminate parole.
Però è così. Siamo qui, sull'orlo dell’acqua, molto soli, pieni di inibizioni. Circondati da squali travestiti da benefattori.Pieni di tutto quello che manca. Disposti ancora a crederci, in fondo
disperati. Resta con noi, ragazzina. I cinquant’anni sono l’età più bella della vita. E se non sei scomparsa nel mare uccisa dai militari, torna. E se noi puoi tornare, parlaci come parlano i morti nel soffio. Dicci cosa pensi di noi, spiegaci come dobbiamo fare.

1 commento:

nheit ha detto...

articolo interessante.l'ho letta come te con divertimento. amichevole Mafalda . di casa da sempre . .quanta Storia ha questo fumetto. quanta Storia ha Mafalda .quanta capacità di vedere giusto e di non starsi zitta. " A Berlusconi ricordi sbottò " Non sono a sua disposizione !!"
bene Giuseppe a ricordarla oggi.

non so chi è peggio tra trap e neomelodici ( ovviamente senza generalizzare ) "Frat'mio", "Lione", "Amo'": i post che esaltano gli omicidi, a Napoli, e le armi «facili» nelle mani dei ragazzi

Dice: «Gli zingari». Dove hai preso la pistola? «Dagli zingari». E sarà pure vero. E se è vero, certo non lo ha scoperto guardando Gomorra, ...