Bolzano, mendicante finto invalido: «Lo faccio per i miei figli»
All’incrocio tra via Mayr
Nusser e ponte Loreto simula spasmi e zoppica . L’ammissione: «So che è
sbagliato, ma nessuno ascolta la mia storia»
di Alan Conti
di Alan Conti
BOLZANO. Una storia di inganno e disperazione, nascosta nelle pieghe del
fenomeno dei mendicanti sempre molto discusso a Bolzano
.
La storia di un’invalidità simulata per intenerire i passanti perchè non
c’è tempo di raccontare la propria storia di povertà. Chi frequenta
l’incrocio tra via Mayr Nusser e ponte Loreto conosce un mendicante con
il bastone che si apposta sempre, intorno a mezzogiorno, nei pressi del
semaforo. Presenta un’evidente zoppia alla gamba destra e soffre di
spasmi alla testa. Peccato che tutto questo sparisca in un video che una
nostra lettrice, Dany Calabrese, ha girato in via Alto Adige
dove si vede l’uomo camminare senza alcun problema. Com’è possibile
l’invalidità a comando? Lo abbiamo chiesto direttamente a lui che, dopo
un attimo di resistenza, ha ammesso di fingere. «Ho due bambini e sono
senza soldi. Cerco di guadagnare qualcosa per la mia famiglia e sono
costretto a fare questo. Onestamente non rubo e non faccio del male».
Un’attività, quella dell’elemosina, che lo occupa tutti i giorni. «Vengo sempre qui al semaforo e in una giornata riesco a guadagnare circa dieci euro». Almeno questo dice lui. «Pochissimo, ma è tutto quello che riesco a permettermi». Non è l’unico, in famiglia, a utilizzare la tecnica della finta malattia. «Anche mio padre, in Romania, finge di avere dei problemi ad entrambe le gambe. Ripeto, cerchiamo di trovare un modo per sopravvivere senza dover delinquere». D’accordo, ma perché imbrogliare i cittadini? «Nessuno ha voglia o tempo di ascoltare la storia di un uomo in difficoltà». Un giornale è un buon modo per farla sapere. «Sì, ha ragione. Io sono un cittadino romeno che da anni vive a Bolzano. I miei bambini stanno a casa, in Romania: non ho occasione di vederli ma voglio aiutarli comunque. Non c’è lavoro, non c’è niente. Io sono sostanzialmente un povero». Anche lui arriva dal discusso parco Stazione . «Dormo lì e di giorno mi sposto. Di questi soldi tengo lo stretto necessario per me, il resto lo mando a casa». Raccontare la propria storia può aiutare più di fingere lungo la strada malattie inesistenti. Strappiamo la promessa, in cambio, di chiedere aiuto onestamente. Tra inganno e disperazione.
Un’attività, quella dell’elemosina, che lo occupa tutti i giorni. «Vengo sempre qui al semaforo e in una giornata riesco a guadagnare circa dieci euro». Almeno questo dice lui. «Pochissimo, ma è tutto quello che riesco a permettermi». Non è l’unico, in famiglia, a utilizzare la tecnica della finta malattia. «Anche mio padre, in Romania, finge di avere dei problemi ad entrambe le gambe. Ripeto, cerchiamo di trovare un modo per sopravvivere senza dover delinquere». D’accordo, ma perché imbrogliare i cittadini? «Nessuno ha voglia o tempo di ascoltare la storia di un uomo in difficoltà». Un giornale è un buon modo per farla sapere. «Sì, ha ragione. Io sono un cittadino romeno che da anni vive a Bolzano. I miei bambini stanno a casa, in Romania: non ho occasione di vederli ma voglio aiutarli comunque. Non c’è lavoro, non c’è niente. Io sono sostanzialmente un povero». Anche lui arriva dal discusso parco Stazione . «Dormo lì e di giorno mi sposto. Di questi soldi tengo lo stretto necessario per me, il resto lo mando a casa». Raccontare la propria storia può aiutare più di fingere lungo la strada malattie inesistenti. Strappiamo la promessa, in cambio, di chiedere aiuto onestamente. Tra inganno e disperazione.
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