chi mi sfotte perchè parlo al di fuori della settimana del giorno del ricordo [il 10 febbraio ] e chi continua , nonostante lo abbia spiegato più volte , a dirmi come spunti sul 10 febbraio ma lo ricordi . Lo invito a leggersi questo articolo .
DI SIMONETTA FIORI da repubblica.it
Se è lo Stato a riscrivere la storia
Il consiglio regionale del Veneto taglia i fondi agli studiosi che non si adeguano alle cifre “ufficiali” delle vittime delle foibe. Chi mette in dubbio che fossero 12 mila è considerato “negazionista”
Può esistere una verità storica di Stato sancita da un organo legislativo ? Nell'anno che celebra Orwell, è toccato assistere a una riproposizione in piccolo del suo "Ministero della Verità", che riscrive la cronaca e la storia secondo i dettami di chi governa. È accaduto il 24 febbraio scorso in Veneto, dove il consiglio
regionale ha approvato una mozione con cui si chiede alla giunta di sospendere "ogni tipo di contributo a favore di quelle associazioni che si macchiano di riduzionismo o di negazionismo nei confronti delle foibe e dell'esodo istriano, fiumano e dalmata". E per chi fosse tentato di avanzare dubbi sulla nozione di "riduzionismo" o "negazionismo", lo stesso documento provvede a fornire il parametro attraverso il quale misurare ed escludere gli studiosi reprobi, ossia le cifre degli infoibati (12 mila) e degli italiani costretti all'esodo (350 mila) cui ci si deve attenere. E provvede a indicare anche l'interpretazione esatta di quegli accadimenti, definiti con le categorie precise di "pulizia etnica" e di "genocidio", tanto da richiamare il reato penale previsto dalla legge contro i negatori della Shoah.
Chi non si adegua alla verità storica decretata dai cinque consiglieri veneti firmatari della mozione - per la massima parte Fratelli d'Italia, Lega e Forza Italia - non è degno dei fondi pubblici per la ricerca. Ed è assimilabile ai negazionisti dell'Olocausto. Il che significa - a guardare bene le cose - che il meglio della storiografia italiana rischia di finire sul banco degli imputati.
Modellato a ricalco di un'analoga mozione approvata nel 2019 in Friuli Venezia Giulia, il documento ha provocato l'indignazione degli Istituti per lo studio della Resistenza - i più colpiti dal provvedimento - e dei più bei nomi degli studi storici, i quali hanno inviato ieri una lettera al presidente Mattarella per richiamare la sua attenzione su quella che si configura come "una tendenza pericolosa di manipolazione politica della storia". Un rischio gravissimo "per la libertà di ricerca, per il libero dibattito scientifico, e più in generale per la libertà di espressione nel nostro Paese", si legge nell'appello preparato da tre professori che operano a Padova - Filippo Focardi, Giulia Albanese e Carlo Fumian - e firmato da cinque società storiche, 49 istituti per la Resistenza e oltre duecento studiosi tra i quali Carlo Ginzburg, Mario Isnenghi, Andrea Giardina, Gia Caglioti, Enzo Traverso, Giovanni De Luna, Nicola Labanca, Simon Levi Sullam.
A parte il metodo assai discutibile - fissare a priori i risultati di un'investigazione che deve restare aperta - l'aggravante consiste nel contrasto tra le cifre indicate dai consiglieri veneti - con relativa interpretazione storiografica ("pulizia etnica" e "genocidio") - e gli esiti delle ricerche storiche più attendibili. "È inaccettabile che si pretenda di imporre una sorta di incontrovertibile verità di Stato. E la si imponga su basi storiografiche del tutto infondate", protesta Filippo Focardi, direttore scientifico dell'Istituto Parri che raccoglie la rete degli istituti per lo studio della Resistenza. "La mozione mette sotto accusa un testo come il Vademecum per il Giorno del Ricordo, frutto del lavoro dell'Istituto storico della Resistenza del Friuli Venezia Giulia. Chi ne ha guidato la ricerca, Raoul Pupo, è uno dei massimi esperti dell'argomento. Possiamo accettare che Pupo venga accostato di fatto a negazionisti antisemiti come David Irving o Robert Faurisson?".
L'aspetto paradossale della vicenda è che Raoul Pupo è stato uno dei primi studiosi a far luce sulle foibe, rompendo un lungo silenzio dettato non solo dagli imbarazzi a sinistra - era difficile rovesciare il mito resistenziale dei partigiani jugoslavi - ma anche dalla diplomazia internazionale che induceva i governanti italiani ad avere un occhio di riguardo verso Tito dopo la rottura con Stalin (lo ammise apertamente nel 2005 Giulio Andreotti, ricordando la lezione di De Gasperi: "Guardare sempre avanti e mai indietro"). Fin dagli anni Ottanta, Pupo e i suoi collaboratori hanno lavorato nell'ombra, negletti dalla politica e dall'editoria che fatalmente segue le mode mediatiche. Come si sente oggi nei panni del negazionista? "Mi dispiace non per me, ma perché un organo legislativo dello Stato si sia lasciato trascinare in una china pericolosa, dando un'immagine deformata di quello che è stato un vero dramma. Non capiscono che è proprio alterando la rappresentazione di una tragedia che si finisce per fare il gioco dei negazionisti". I negazionisti ci sono ma isolati, voci periferiche che non hanno influenza nel dibattito o fiammate di qualche singola sezione dell'Anpi o di qualche centro sociale che contesta gli spettacoli di Simone Cristicchi. Non è negazionista la ricerca storica che approda a risultati diversi rispetto a quelli rivendicati dalla destra nazionalista e riportati nella mozione. "Gli italiani infoibati dai partigiani di Tito nel 1943 e nel 1945 non furono probabilmente più di cinquemila", ragiona Pupo. "E quelli cacciati dall'Istria, da Fiume e dalla Dalmazia non potevano essere 350 mila, come indica la mozione veneta, perché un censimento del 1936-39 calcola nelle terre dell'esodo 270 mila italiani. Perché storpiare i numeri? Si pensa forse di dare più peso a una tragedia che già con cifre minori non perde nulla della sua gravità ?".
Gli italiani espulsi furono tra i 250 mila e i 270 mila ma il fatto significativo - insiste lo studioso - è che fu costretto all'esodo il gruppo italiano quasi nella sua interezza: è questo che conta, non le cifre. Gli pare poi una follia parlare di "pulizia etnica". "La nazionalità italiana era un'appartenenza politica e culturale, non un fatto di sangue. E, pur nella loro terribilità, le uccisioni non sono assimilabili a un genocidio".
Ma perché oggi riattizzare l'incendio intorno a vicende sulle quali negli ultimi anni è stata elaborata una memoria pacificata, condivisa dalle diverse parti allora in conflitto? "A una memoria europea riconciliata", rileva Guido Crainz, "hanno contribuito l'allora presidente Giorgio Napolitano e più di recente Mattarella, artefice del viaggio a Trieste insieme al presidente sloveno Borut Pahor. Quella di oggi mi sembra un'offensiva fuori stagione, ma pericolosa, da parte di Fratelli d'Italia e di una destra ancora più estrema che le sta al fianco". Nella campagna mossa dai consiglieri veneti, anche Raoul Pupo vede "il tentativo di riappropriazione di quella storia da parte di una destra nazionalistica che si erge a tutrice di una memoria esclusiva". In linea con il vento sovranista che spira in Europa.
Un aspetto non secondario della vicenda riguarda l'accostamento improprio delle foibe alla Shoah, con il richiamo alla legge che punisce i negatori dello sterminio degli ebrei. "È un caso di Holocaustdistortion", dice Gadi Luzzatto Voghera, direttore della Fondazione Cdec e membro italiano dell'International Holocaust Remembrance Alliance che combatte gli abusi pubblici del termine. "Siamo in presenza non solo di un discutibile paragone tra Olocausto e foibe ma anche del richiamo strumentale a una legge che è stata pensata per colpire i negatori della Shoah".
Ma che cosa pensa il governatore Luca Zaia di una mozione che dà voce alla destra nazionalista? Sollecitato a intervenire sul tema, preferisce declinare l'offerta. I suoi collaboratori spiegano che la mozione riguarda il consiglio regionale, non la giunta da lui presieduta. In realtà si tratta di un pronunciamento politico che coinvolge anche la giunta e che comunque interpella il presidente della Regione. Che il suo silenzio voglia dire che non se ne farà niente? Ora gli studiosi si appellano a Mattarella, per evitare che la mozione veneta con il precedente friulano possa aprire la strada a "inaccettabili abusi interpretativi, a scopo di censura, da parte di corpi politici e amministrativi". Il "Ministero della Verità" deve restare confinato dentro le pagine di 1984. E dentro un'esperienza storica che non può essere d'esempio per chi vive in democrazia, a prescindere dalla geografia politica d'appartenenza.
Qui non si vuole negare o mettere a tacere la storia e le vicende di chi ha subito tali indicibili violenze e la sradicalizzazione dalla propria terra natia . Ma di difendere la ricerca storica . Infatti anche uno dei primi storici Raul Pupo che ha rotto il silenzio su tale eventi potrebbe venire accusato di negazionismo in base a tale legge , vuol dire che tale legge si tratta di propaganda .
Non ha tutti i torti Marcellus85 quando commenta l'articolo : << sì, come esisteva una sedicente
sinistra che negava l'esistenza delle foibe e sputava addosso agli esodati istriani. Siamo sopravvissuti ai pericolosi citrulli di allora, speriamo di sopravvivere anche a quelli di oggi, che anche se vestono la casacca avversaria sono della medesima infelice razza umana >>
Il "Ministero della Verità" deve restare confinato dentro le pagine di 1984 d'Orwell . ..dice giustamente Simonetta Fiori. Invece , assistiamo quotidianamente su certi quotidiani , alcuni di questi "organo ufficiale" di quel "MINISTERO" anche nel nome che per quel giornale rappresenta un ossimoro eclatante ad una completa mistificazione di quello che succede ed è successo ..una competa manipolazione dei dati e degli eventi. Le destre nazionaliste, xenofobe , razziste sono questo ..come cento anni fa : solo propaganda e menzogna , niente studio niente ricerca storiografica seria . Il mio timore (terrore) è che che queste destre ora in auge di consensi ci portino alla fine della pace perchè nei loro alfabeti esistono solo le parole "odio" e "guerra" da sempre
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