8.10.13

"Vajont, lo Stato deve inchinarsi: scusarsi e riparare per quella strage"infatti va tre giorni dopo quando le celebrazioni sono finite e si parlerà d'altro


da repubblica online del 8\10\2013
"Vajont, lo Stato deve inchinarsi: scusarsi e riparare per quella strage"
Disastro del Vajont: Longarone nei giorni successivi alla strage, il 9 ottobre 1963 (ansa)
Alla vigilia della tragica ricorrenza che provocò 1.910 morti a Longarone, interviene la politica. Grasso: la popolazione ha subìto un danno irreparabile. La Boldrini parla di una "ferita aperta". Per il ministro Orlando "la causa non fu l'incuria, la causa fu l'uomo". Il premier in visita sabato 12 ottobre 

"La causa non fu l'incuria. La causa furono l'uomo, le sue colpe e le sue complicità". Le parole sono quelle pronunciate dal ministro Andrea Orlando alla vigilia di una ricorrenza tragica e gravida di dolore: è la strage  del Vajont, che 50 anni dopo continua a lacerare la memoria con i suoi 1.910 morti.  Orlando, intervenuto al Senato in occasione della commemorazione, ha definito quel che accadde alle 22.53 di quel 9 ottobre 1963 a Longarone, in provincia di Belluno, "un simbolo potente dell'Italia che abbiamo costruito, nel bene e in questo caso nel male". Da qui, la sollecitazione allo Stato che deve "chiedere scusa ai propri cittadini. Rispetto a 50 anni fa possiamo forse vantare una maggiore fiducia nella tecnica, non fosse altro per le regole di prudenza che accompagnano ora progressi e sperimentazioni. Non dobbiamo mai abbassare la guardia, ma a tenere alta la guardia sono spesso le popolazioni locali, le resistenze dei cittadini e delle comunità, che non si possono sempre liquidare come 'ambientalismo del no' oppure come 'localismo dei no'". "Il Vajont è sempre attuale perché richiama l'insieme delle questioni intorno alle grandi opere, specialmente in contesti naturali di una bellezza che il mondo ci invidia - spiega Orlando - con la questione delle grandi opere si tocca la questione critica del rapporto tra la tecnica e i suoi progressi e le esigenze di vita e di qualità della vita delle popolazioni". Nei territori "c'è una saggezza antica delle popolazioni, di chi ha esperienza e tradizione dei luoghi, che merita attenzione, fiducia e rispetto. Anche questo ci insegna la famiglia del Vajont", con "le famiglie di Erto che si opposero finché poterono alla costruzione della diga" e con "chi denunciò per tempo ciò che già si sapeva e si poteva evitare".L'aula di Montecitorio ha ricordato con un minuto di silenzio le vittime del Vajont. Ma prima del minuto di raccoglimento, la presidente Laura Boldrini ha voluto sottolineare che "il sentimento di dolore per quella tragedia è ancora vivo nella memoria di tutti gli italiani, compresi molti che quel giorno non erano nati". Secondo la presidente, si tratta "di una ferita ancora aperta" ed anche per questo "non dobbiamo limitarci al ricordo, ma impegnarci affinché le istituzioni si adoperino per mettere in campo azioni concrete in difesa e per la messa in sicurezza del suolo. E necessario per  evitare il ripetersi di tragedie simili".A dire che lo Stato deve inchinarsi dinanzi a questa strage, invece, è stato il presidente del Senato, Pietro Grasso: "Di fronte alla vita spezzata, al deserto di persone, paesi, territori che quel giorno furono schiacciati dal silenzio quasi surreale della devastazione, lo Stato deve inchinarsi, eppure non basta: lo stato deve anche scusarsi. Ma ancora una volta non è sufficiente: lo stato deve innanzitutto riparare. La popolazione colpita ha subìto non solo un danno irreparabile ma anche una vera e propria ingiustizia fatta di negazioni, opacità, tentennamenti e lentezze nel riconoscere i responsabili di quanto accaduto".Domani, aggiunge il presidente del Senato, "sarò in quella terra violata, colpita dal terrore e dalla devastazione", e "sarò lì per portare le scuse dello stato, per riparare".Il premier Enrico Letta ha telefonato al sindaco del paese devastato 50 anni fa, Roberto Padrin, e gli ha assicurato che sarà a Longarone sabato prossimo, 12 ottobre.

Nessun commento: