2.10.13

gli anni del mare e della rabbia ( tiziano sclavi - seconda marea ) edizione con Xl di repubblica

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chi dice  che musica  e  poesia  sono cose diverse  ,  viene smentito  oltre  che dai classici  della musica  (  DE ANDRE  ,  BOB DYLAN , GABER  , ECC )      da questo  cd recente   i cui testi    sono di tiziano  Tiziano Sclavi



"GLI ANNI DEL MARE E DELLA RABBIA" è in edicola! 
Il cd (20 canzoni, con la partecipazione straordinaria di Antonio Marangolo e con i testi di Tiziano Sclavi) è allegato a XL di REPUBBLICA per tutto il mese di ottobre.

 se  nel caso  non dovesse trovare  in edicola   lo potete trovare qui   , anche  se  4  canzoni in meno  


restituisce con grande efficacia il tessuto esistenziale dal quale sono scaturite le atmosfere in cui si muove l’investigatore dell’incubo, nato dalla fervida fantasia dell’autore ma radicato anche in una tormentata formazione sentimentale propria di una generazione che, coltivando nel profondo dell’animo indefinibili paure, è cresciuta nella frustrante sensazione di non essere mai dove avrebbe voluto essere. Sull’aria di struggenti ballate e armoniose melodie, sorrette dall’alternarsi delle voci sui ritmi dettati da chitarre, tastiere, pianoforte, fisarmonica e batteria, si anima così un dolente ma appassionante romanzo di formazione che, grazie alle ispirate composizioni musicali dei Secondamarea, svela le sembianze di un poeta capace di indagare magistralmente il nostro orrore quotidiano, popolato da incubi come la solitudine e l’insignificanza di tutti giorni ben più temibili di zombie e vampiri. Dalle ancestrali paure del bimbo al grande vuoto dell’adolescente, tra ragni d’inchiostro ed oscene meduse, le estenuanti giornate al mare negli anni della rabbia e le inquietanti ombre che si levano nel buio della notte, nel succedersi di fiabe, ballate e filastrocche che cantano il mal di vivere in contesti nei quali è impossibile specchiarsi, si offre così allo sguardo e all’ascolto l’immagine più autentica di Sclavi senza la conturbante e fascinosa maschera di Dylan Dog. 



Ci sono grandi sogni e grandi spaventi in questi testi. Probabilmente il filo rosso che tiene
unite tutte queste canzoni è la metafora di un lungo romanzo di formazione. Se uno ascolta il disco dall’inizio alla fne ha l’impressione di crescere insieme a Tiziano e attraverso la nostra musica viaggiare nel tempo, dagli anni 70 fino a oggi, passando attraverso filastrocche, danze macabre, grande romanticismo e grande poesia anche se a Tiziano non piace che si parli di poesia: per lui sono canzoni, sono nate come tali e chissà, forse un giorno deciderà anche di interpretarle. Siamo partiti da quelle tratte dal suo libro Il tornado di valle Scuropasso che sono Sfera e Occhi. Gliele abbiamo mandate e lui si è mostrato entusiasta: da lì è iniziato il lavoro sui testi. Ecco una guida.

Chi ha paura?
Sei versi fulminanti su una musica nera di chitarre e voci di fantasmi. Si canta la paura, che appartiene a tutti, che è universale. Chi ha paura, dunque? Ha paura il mio bambino di incontrare l’assassino, ha paura l’assassino d’incontrare il suo destino.
Il grande vuoto
Un brano dall’aria popolare in cui si canta un ateismo romantico. Il sogno disperato del grande nulla, il desiderio dolce di scomparire. Si spengono le stelle e tutto cade a pezzi. Il mondo e l’universo e tutto, fnalmente, non c’è più, non è più niente.
Sfera
Uno dei brani più inquietanti e drammatici del disco. L’orrore, il male di vivere, la depressione visti attraverso lo specchio deformante di una sfera cromata sospesa nel vuoto. Il testo è tratto da Il  tornado di valle Scuropasso.
Dopo
Una canzone d’amore. Voce, chitarra e pianoforte per cantare il sentimento puro e assoluto tra un uomo e una donna. Dimmi, dimmi, in cosa credi? Credo solamente in te. E io allora sarò Dio solo per creare te.
Piove
Una canzone buia, temporalesca e minacciosa. Mentre la pioggia aumenta d’intensità, qualcosa di terribile sta arrivando. Che cosa? C’è chi fugge, chi si suicida, chi sbarra gli occhi attonito. Poi un rumore come un velo distende le ali su nel cielo: all’orizzonte, incolonnati, mille carri armati.
Filastrocca della notte scura
Un valzer sghembo, una flastrocca maledetta per cantare l’uomo nero. Voce, chitarra e fsarmonica si vestono di nero e danzano al ritmo del corvo.
Nel buio
Un brano sospeso, bianco, simbolico che parla del tempo e del vuoto. Quando il tempo fnirà e nel tempo finirai, come neve nella neve nel silenzio mi sentirai.
Gli anni del mare e della rabbia
Una delle canzoni più intense e sofferte del disco. Si canta il dramma dell’adolescenza, la diversità, l’incapacità di diventare adulti. Erano gli anni che cominciavo a capire la poca diferenza tra vivere e morire, la grande diferenza tra me e tutti gli altri: erano anni oscuri, e sono stati tanti. Erano gli anni  che in teoria sarei dovuto diventare uomo, e invece non son cresciuto, io bambino sbagliato, futuro gigante di vetro: non sono andato avanti, non so tornare indietro.
Fiaba
Un brano teso in cui chitarra, fisarmonica e voci si rincorrono e rimbalzano per raccontare Barbablù
e il mondo assurdo della fiaba. I tuoi occhi sono chiusi e non si apriranno mai, hai voluto addormentarti e mai più mi troverai, e i miei occhi sono neri e il mio nome è Barbablù, sono ancora nella fi aba e non tornerò mai più.
La ballata della città di notte
Una ballata dal passo deciso e notturno che canta i miserabili: ladri, assassini, tipi strani. Poveri mostri, anch’essi fgli di questo mondo. Il testo è tratto dallo splendido albo di Dylan DogDopo mezzanotte.
Canto
Una canzone dall’impianto essenziale per raccontare una storia crudele. Uno scrittore che perde i pezzi e che si dispera perché non potrà più scrivere, una voce di donna che lo acquieta e rassicura: scrivi scrivi con le scarpe sia di giorno che di sera, scrivi scrivi con le scarpe la tua storia vera.
La barchetta
Due chitarre e due voci per cantare la piccola e immensa navigazione di una barchetta fatta di giornale sopra un rivolo di pioggia che diventa magicamente il Mississippi.
Per dormire
Una ninna nanna che canta l’insonnia. Una notte che non passa mai, il Tavor nascosto nel cassetto, il sogno di una donna che ti culli. Le ore trascorrono inesorabili e il sonno non sopraggiunge. Al suo posto arrivano i fantasmi…
Il lungo addio
Una delle canzoni più intense e romantiche del disco. Si canta l’amore, l’anarchia, la verità, l’illusione. Ma si canta soprattutto la speranza. Il testo è tratto dall’indimenticabile albo di Dylan Il lungo addio.
Dieci omini
Una flastrocca originalmente crudele che canta la solitudine. E alla fne della storia, come capita in realtà, c’è un omino che sta solo perché amici non ne ha. danza di un anno Una danza macabra dal ritmo serrato. I dodici mesi dell’anno vengono cantati nel loro risvolto maledetto. Protagonista è ancora la paura. Viene dicembre e fnisce la danza, torna il silenzio della natura. Quest’anno ormai è durato abbastanza, fnisce il gioco della paura. Ma nella fne è anche l’inizio, e vita e morte riprenderanno, di sangue e orrore il nuovo supplizio, la danza macabra di un altro anno.
Occhi
Una ipnotica ballata, un divertissement letterario, una visionaria e inquieta danza rifessa nell’occhio di un pesce, una scena sospesa tra acqua e rugiada. Il testo è tratto da Il tornado di valle Scuropasso.
Regrets
Un inquieto valzer il cui testo è liberamente ispirato a François Villon. Si canta il tempo della gioventù, si cantano gli amici che non ci sono più. Il tempo fatto di cristallo che si è spezzato silenziosamente. Ma si canta anche, e soprattutto, l’amor perduto
Foglio di carta
Una ballata rock per raccontare il mestiere dello scrivere. Siamo fogli di carta spazzati via da un colpo di vento, siamo una parola, amata e perduta come se fosse un figlio. Siamo una strada costellata di cadaveri, gatti e cani che sognano campi di papaveri.
Solo
Un acquerello in punta di voce e chitarra, una passeggiata in solitaria sui ponti di un naviglio, la ricerca di una vita nuova tra falsi paradisi e incubi sereni

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