LEGGI ANCHE MIA LETTERA APERTA A ROBERTO VECCHIONI
IL 15 MARZO SCORSO, durante la manifestazione pro-europa promossa da Michele Serra in piazza del Popolo a Roma, il cantautore Roberto Vecchioni ha detto alla folla: “Ora chiudete gli occhi e ascoltate questi nomi: Socrate, Spinoza, Cartesio, Hegel, Marx, Shakespeare, Cervantes, Pirandello, Manzoni, Leopardi. Ma gli altri le hanno queste cose?”.
“Gli altri”, cioè i non europei. Qualcuno pensa ai russi, sui social saltano fuori come da scatole a molla i nomi di Puskin, Gogol', Dostoevskij, Tolstoj, Cechov, Majakovskij. E Vecchioni rettifica, spostando il discorso sull’america di Trump e Musk.
Ma la pezza appare peggiore del buco. Il problema non è chi ha vinto il campionato della cultura, ma usare la letteratura come catenaccio per chiudere la porta agli “altri”, per dividere il mondo in buoni e cattivi, in intelligenti e stolti, cioè fare quanto di più anticulturale possa esistere.
Il concetto suprematista di un’europa illuminata e superiore, di un Pantheon inaccessibile allo straniero, di una sorta di arianesimo culturale, ci ripiomba in un baratro vissuto due secoli fa, al quale non dovremmo più nemmeno lontanamente pensare.
La letteratura - e a Vecchioni non dobbiamo certo insegnarlo - parla e agisce trasversalmente
alle culture e alle etnie, non può essere fondamentalista per la sua stessa ragione d’essere: unisce e non divide, chiama a raccolta tutti. La cultura non è nostra, professore, e lei lo sa bene: la cultura ha mille radici e mille provenienze. E ogni uomo ha valore a prescindere dai suoi avi, come ci insegna un “altro”, l’afroamericano Malcom X. Quel “frusciare di pagine” di cui parla Vecchioni nella sua canzone Il libraio di Selinunte che la portava “lontano dove il cuore non si sente più lontano” ci ha offerto, sono sicuro, il suo pensiero più autentico: quello che rifiuta le distanze, che ci libera da primati pericolosi e che sostituisce alle parole “noi” e “loro” la parola “insieme".
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