Più di 480 vittime - in gran parte donne e bambini - a Gaza a causa d'un attacco israeliano. Perfino il controverso Ehud Olmert dichiara apertamente che l'obiettivo del premier è un «Israele non democratico». Non si risparmia il Papa, «colpevole» d'aver espresso all'Angelus il suo dolore per il massacro nella Striscia e implorato di far tacere le armi. «L’operazione è condotta in piena conformità con il diritto internazionale» (!), è la piccata replica dell'ambasciata d'Israele. Dopo la pace, sbeffeggiata dai sedicenti «inclusivi» che per il RearmEurope stanno mettendo a repentaglio i servizi sociali - è diventata innominabile pure la compassione.
Contemporaneamente, sembra che un numero non trascurabile di palestinesi comincino ad averne abbastanza di Hamas. Non è una novità assoluta, nel 2024 un abitante del Territori protetto dall'anonimato aveva rivelato ad «Haaretz» che «Hamas ha danneggiato la nostra lotta e l'ha trasformata in uno strumento utilizzato da elementi oppressivi». Auspicando una nuova e autentica leadership per la resistenza palestinese, l'ignoto interlocutore manifestava sconcerto per il sostegno ad Hamas da parte di donne di Ramallah e Amman, «che non indossano hijab o veli»: «Non sanno - domandava - come Hamas le vede e come vengono rappresentate nel sistema scolastico di Hamas?».
Adesso pare che il malcontento non si limiti a proteste isolate. Nel frattempo chi lavora per una pace autentica, come NSWAS, Rabbis for Peace e molti altri continua a farlo, malgrado il disprezzo e la noncuranza di governi, gruppi organizzati e mass-media. Ma anche di taluni attivisti/e occidentali, perché prese di posizione quantomeno ambigue arrivano non soltanto dalle donne di Ramallah o giordane, come crede il gazawi sopra ricordato. Anche da noi è tutto un rabbioso scandire slogan di «liberazione dal fiume al mare» consapevoli di ciò che tale presunta «liberazione» comporterebbe per gli israeliani/e, etichettati sbrigativamente come «sionisti» senza che la maggior parte dei manifestanti italiani pro-Pal conosca un iota della storia e delle ragioni del sionismo. Le violenze subìte dalle donne d'Israele sono poi da costoro sistematicamente minimizzate o negate. Non si può negare che per taluni la lotta al «sionismo» altro non sia che un antisemitismo mascherato.
Ebbene, dato che comunque questi attivisti si ostinano a proclamarsi pacifici chiediamo si uniscano alle voci dei due popoli esasperati dalle carneficine dei loro rispettivi rappresentanti, ed esigano soluzioni eque per entrambi, senza che l'uno distrugga l'altro. Più in generale chiediamo fermamente facciano sentire il loro NO a chi da Bruxelles, in nome della pace, prepara la guerra.
© Daniela Tuscano
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