Che ci crediate o meno, c’è chi è riuscito nell’impresa di criticare “Strappare lungo i bordi” di Zerocalcare perché - udite - “è troppo romanesco”.
Che è un po’ come criticare Troisi perché parla in napoletano o Montalbano per il dialetto siciliano o la serie la paranza dei bambini o Gomorra di Saviano
Significa , come giustamente fa notare Lorenzo Tosa , non aver mai aperto neanche per sbaglio una graphic novel di Zerocalcare negli ultimi 10 anni, ignorare il senso delle radici e delle origini nel vocabolario intimo dell’autore. Il romanesco, nell’universo di Michele, non è pigrizia, sciatteria o esercizio di stile. È la chiave di tutto. È lo stargate che connette la camera di un post adolescente di Rebibbia a un esperimento di democrazia sotto le bombe di Kobane, un triangolo isoscele alla paranoia esistenziale. Allora cari intellettualoni \ radical chic dovreste lamentarvi di : tutta la letteratura italiana post unitaria che usa molto i vari dialetti regionali da Roma in giù in particolare ., Creuza de mä, una delle canzoni più belle ( parere personale ) de andrè
insieme al disco le Nuvole . Egli diceva : << I dialetti sono idiomi non imposti dall'autorità, ma inventati dalle etnie che hanno avuto l'urgenza di comunicare: dico l'urgenza ma in effetti hanno avuto miracoli di tempo a disposizione per inventare, per impegnarsi nell'affinare linguaggi che sempre più rassomigliassero a loro e al loro circostante. Forse non è azzardato dire che le lingue locali assomigliano un po' ai posti dove vengono parlate: così certe asperità che riscontro nell'aostano e che sembrano rispondere, fare da eco, alla durezza delle rocce delle montagne che le circondano, si addolciscono nel piemontese della grande pianura, che suona dolce come dolce suona la lingua della vicina Francia. >>
Ecco che mentre state lì a lamentarvi che non si capisce il romanesco, neanche vi siete accorti che : ci stanno i sottotitoli ., il carattere sarcastico ed auto ironico dell'autore . Infatti concordo con il commento di
Vincenzo Capacete
è un capolavoro e concordo, io lo trovo geniale e una rappresentazione segmentata dello spaccato di vita di molti di noi. Ma se non piace il dialetto romanesco (i fumetti non sono letti da tutti e quindi l'approccio televisivo è altra cosa e va valutato come apertura ad un mercato di utenti differenti) non è che dobbiamo subito fare la distinzione fra geni e ottusi. Dai Lorenzo Tosa questo è essere davvero radical chic a prescindere. Attiviamo anche uno stargate che connetta persone che valutano in maniera differente senza entrare nel classismo da intellettualoidi. Ce può sta che a uno non gne piasce (non sono romano e mi scuso se ho sbagliato intonazione).
lasciato sulla bacheca d Lorenzo tosa . Commento che mi ha fatto riemergere un ricordo musicale della mia infanzia
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