25.11.21

La questora Alessandra Simone, ideatrice del Protocollo Zeus: "Li rieduchiamo dopo il primo schiaffo e nove su dieci non picchiano più"

Per combattere la piaga aberrante e vergognosa del femminicidio \ violenza del genere oltre a : leggi a 
hoc   che  poi  finisco  per  diventare   come  le    famose    grida  manzoniane  , le  pulisci coscienza    delle panchine ed scarpe rosa , ecc  si può e si deve mettere in sicurezza le donne vittime di violenza, aiutarle a denunciare e offrire loro un sostegno dopo la denuncia oppure meglio ai primi  sintomi   di violenza verbale
  
Luca (nome di fantasia), 41 anni, è uno dei settanta uomini violenti che dal 2011 a oggi hanno varcato la soglia del centro per uomini maltrattanti di #Forlì. A fine 2017, in Emilia-Romagna, erano 196 gli uomini ad aver chiesto aiuto a uno dei dieci centri in Emilia-Romagna. Numeri molto bassi a fronte della montagna di casi di #violenza: ogni tre giorni una donna muore per mano di un uomo. Perché, allora, gli sportelli di ascolto per uomini stentano a riempirsi? Il grande scoglio restano le resistenze culturali, e un "sistema, il nostro, permeato dal machismo“.

Ma se non lavoriamo anche sull'uomo maltrattante avremo salvato solo "quella" donna, e lui potrà cercare altre vittime". Infatti considerare gli uomini solo antagonisti e carnefici non serve a nessuno, neanche alle donne stesse .
Rieducare, ovviamente   senza sminuire la gravità di quanto fatto ma facendola comprendere, è una strada"  .
Una  cosa  simile è stata  proposta  da  Alessandra Simone (  foto sotto a sinistra ) è stata nominata a maggio dirigente superiore della polizia di Stato, questore anzi no questora altrimenti la Boldrini e i fans del politicamente corretto s'arrabbiano 🤣😜 , l'ultimo incarico precedente era quello di dirigente dell'Anticrimine di Milano.
Dove, anni fa, si occupava già di reati sessuali e contro i minori. E dove ha messo a punto il protocollo Zeus, partito proprio da Milano nel 2018 e ora operativo in trenta città italiane.
Eco cosa ha dichiarato la  stessa  Alessandra Simone a Repubblica d'oggi

Perché pensare agli uomini? Sono le donne le vittime della violenza.
"E questo non lo dimentica mai nessuno, anzi: è proprio per proteggere e aiutare le donne che abbiamo studiato e continuiamo ogni giorno a lavorare sul Protocollo Zeus. Considerare gli uomini solo antagonisti e carnefici non serve a nessuno, neanche alle donne. Rieducare, senza sminuire la gravità di quanto fatto ma facendola comprendere, è una strada".
Ci spiega in cosa consiste questo protocollo?
"Per la prima volta la prevenzione rivolge la sua attenzione all'uomo maltrattante e allo stalker, grazie all'osservazione sul campo, e per questo è importante il primo intervento. Davanti a una condotta che potrebbe sfociare in violenza ma non è ancora un reato il questore emette un ammonimento per stalking o per violenza domestica, convochiamo l'uomo intimandogli di interrompere ogni forma di aggressione anche verbale invitandolo però a seguire un percorso di recupero trattamentale (non terapeutico) in un Cipm, un centro specializzato nel contrasto alla violenza e per i conflitti interpersonali".
E lo fanno davvero?
"Dal 2018 a Milano e provincia abbiamo ammonito e invitato a seguire il percorso oltre 300 uomini violenti, il 90 per cento di loro non ha più manifestato forme di violenza e ha capito il disvalore delle sue azioni e le mogli, ex mogli, compagne hanno riacquistato serenità, e lo sappiamo perché facciamo incontri e controlli periodici. Una recidiva bassissima si può ottenere, però, soltanto se interagiscono almeno due fattori: l'agire in tempo, quando la violenza non si è ancora manifestata pienamente, e fare rete".



L'illustrazione del calendario della polizia del mese di novembre dedicato al contrasto alla violenza sulle donne


Qual è la situazione tipo in cui utilizzate il protocollo?
"La volante - o i carabinieri, la polizia locale: tutti dobbiamo essere preparati - viene chiamata perché c'è una lite in casa, ascoltando la coppia si capisce che c'è stata agitazione, uno schiaffo, ma non ci sono denunce precedenti. Se non c'è una dinamica di maltrattamenti in famiglia l'uomo può essere denunciato solo se è la donna a sporgere querela, ma nella relazione l'agente farà presente la situazione e il questore potrà far partire l'ammonimento. A quello schiaffo potrebbe seguire una pedata, le mani al collo: intervenire quando tutto è ancora recuperabile, questo cerchiamo di fare".
Come reagiscono le donne? Uno dei problemi è ancora, purtroppo, la difficoltà a denunciare?
"Si sentono aiutate, capite. Vogliono essere aiutate, ma vogliono anche salvare i loro compagni. Tante di loro si vergognano a denunciare. Una cosa in tutti questi anni ho capito, ed è fondamentale: le donne vittime di violenza non vogliono compassione ma comprensione, altrimenti alzano un muro e non è più possibile aiutarle".
 Il 7 dicembre Milano, la città in cui ha lavorato per vent'anni, le tributerà l'Ambrogino d'oro per il suo impegno a difesa delle donne e dei soggetti deboli. A chi dedica questo riconoscimento?
"A Roberta Priore, uccisa a Milano nel 2019 dal suo compagno, che si è poi suicidato in carcere. Quattro giorni prima le volanti erano entrate per la prima volta a casa, due giorni dopo c'era stato un altro allarme e avevamo preparato l'ammonimento. Quando abbiamo telefonato per comunicarlo, Roberta Priore era appena stata uccisa. Fa male, certo, ma ai miei ragazzi ho detto che la strada era quella giusta, che noi c'eravamo. Ecco perché dobbiamo arrivare ancora prima".


Alcune  di voi diranno che sta  sclerando   .  Invece purtroppo   è  necessario     ed  è  da  qui   oltre  che    con  l'introduzione  o  rafforzamento     nelle  scuole  , negli oratori  ,  centri  d'aggregazione  ,  dopo  scuola ,     con  l'educazione sentimentale  . Ovvero  ad  insegnare  alle donne    ad  non essere preda  o   a  gli uomini a non essere  cacciatori  .  

  da  01/02/2020
Curare il maschile per combattere il femminicidio – Di G. Maiolo, psicoanalista


I maschi devono riconoscere a livello individuale e collettivo quella dimensione profonda di violenza che appartiene al loro essere maschile
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La barbarie del femminicidio sembra inarrestabile, soprattutto se stiamo alle cronache che ci segnalano delitti e tragedie che sembrano uscire dal Medioevo.
I fatti terribili degli ultimi giorni sono la dimostrazione spaventosa che perdura ancora quella piaga sociale che chiamiamo violenza di genere e domestica e che trova l’espressione massima nel femminicidio.
I dati ufficiali dell’Istat relativi al 2018 ci consegnano la fotografia inaccettabile di un paese ancora incapace di contenere il proliferare degli abusi, delle prepotenze e delle violenze dei maschi sulle donne.
Essi segnalano tragicamente che il femminicidio nell’85% delle volte avviene in famiglia per mano di un uomo che spesso è marito o compagno della vittima.
E non è mai per via di un raptus improvviso di quel maschio o del suo stato di stress che compromette la capacità di autocontrollo.
L’assassinio di una donna è sempre il culmine tragico e intenzionale di una violenza che pre-esiste nel rapporto di coppia.
È l’azione mortifera di un persistente accanimento morboso sul femminile che in ogni caso accompagna quella relazione disturbata, costituta per lungo tempo da abuso fisico e psicologico, stalking e persecuzione.
Diviene, allora, assolutamente necessario e urgente tentare il possibile per sospendere questa impressionante «mattanza» e cercare una cura preventiva di quel maschile realmente disturbato che è possibile trovare dentro le esistenze «corazzate» di quei maschi incapaci di contenere e gestire i sentimenti perversi del male.
Sappiamo da tempo che urge rivedere il progetto educativo dei figli e soprattutto dei giovani maschi, i quali in questo momento di assoluta «liquidità» di valori e carenza di esempi educativi, stanno crescendo fragili e incapaci di gestire emozioni e relazioni, privi di competenza empatica e attenzione ai vissuti degli altri.
Perché, e anche questo è risaputo, conta molto la carenza o la mancanza di empatia nelle tragedie più turpi e nei crimini più efferati.
Allo stesso tempo però, dovremmo pensare, e con non poca inquietudine, alla dimensione personale e forse strutturale del maschile che contiene un denso e stratificato grumo di violenza, nascosto nel tessuto profondo della psiche, certamente difficile da scovare, ma la cui pulsionalità distruttiva ogni uomo è chiamato a rintracciare.
Non si tratta di giustificare l’oscuro Mr. Hyde che alberga nell’ombra della coscienza.
È piuttosto il punto da cui i maschi possono e devono partire per sviluppare la forza di integrare gli opposti e imparare a gestire quel flusso di energie negative che abitano le parti inconsce e sfuggenti di ognuno di noi.
Perché, a vedere questa ecatombe di donne uccise con tanta malvagità dai maschi, può non bastare più la difesa comune degli uomini che sono realmente rispettosi delle donne.
Credo sia necessario invece che i maschi, a livello individuale e collettivo, lavorino intensamente per il riconoscimento di quella dimensione profonda di violenza che appartiene al loro maschile la quale, se è vero che non contagia ogni maschio, continua però a impedire l’adeguato contenimento di un «morbo» spaventoso quanto devastante.

Giuseppe Maiolo
Psicoanalista - Università di Trento
www.officina-benessere.it

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