27.6.11

difficile integrazione e pregiudizi il caso di SAMA ALAA che non trova lavoro perchè non vuole togliersi il velo

da repubblica online  



LA LETTERA
Nessuno mi dà un lavoro
solo perché porto il velo

Ho 25 anni, sono laureata e mi sento milanese: ma ho scoperto che in questa città  è impossibile trovare qualcuno che mi assuma

di SAMA ALAA
Caro direttore, 
mi chiamo Sama, sono nata in Egitto ma mi sento 'milanese' perché abito in questa città da quando avevo 16 anni, qui ci sono i miei affetti, il mio futuro. Eppure, in questa città che sento mia, per me, ragazza di 25 anni, laureata in Scienze Politiche alla Statale, è impossibile trovare lavoro. Quando sono fuori casa, indosso il velo islamico, lo 'hijab', un fazzoletto annodato al collo che lascia completamente scoperto il mio volto. È una tradizione che ho portato dal mio Paese e che fa parte della mia fede religiosa. Nessuno me lo impone, è una scelta personale che la mia famiglia rispetta, avendomi trasmesso i valori della libertà, del rispetto e dell’onestà. Eppure, proprio per il velo islamico che indosso, superare un colloquio di lavoro è un’impresa ardua.
Come molti miei coetanei passo molto tempo a leggere le inserzioni sui giornali e a navigare in Internet per trovare opportunità di lavoro. Ho fatto decine e decine di telefonate e molto spesso ho poi concordato appuntamenti con chi offriva stages per praticanti. Ma ogni volta, dopo un iniziale interesse manifestato al telefono da parte dei miei interlocutori per il mio curriculum, ho dovuto confrontarmi con la freddezza e l’imbarazzo palpabile di chi si trovava di fronte una ragazza velata, come me.
La settimana scorsa ho sostenuto un colloquio per un progetto formativo del Comune di Milano presso la sede di via Bergognone del settore 'Risorse umane'. Avevo letto sul sito del Comune che c’era possibilità di partecipare a un tirocinio chiamato 'Dote Comune' realizzato per giovani fra 18 e 30 anni. In sostanza, il Comune offre a 12 persone la possibilità di partecipare a un tirocinio, presso alcuni sportelli pubblici, con un impegno settimanale di 20 ore e un rimborso spese forfetario di 300 euro mensili. Come altri ragazzi mi sono presentata per il colloquio, dopo aver spiegato i miei titoli di studio. Ma a differenza di altre mie amiche che hanno fatto lo stesso colloquio, ho subito percepito che il mio velo sarebbe stato d’ostacolo.
La funzionaria che ho incontrato mi ha fatto diverse domande per farmi spiegare i motivi per cui lo porto e mi ha spiegato che lavorando in un ufficio pubblico, lo 'hijab' avrebbe potuto essere un problema. Le stesse osservazioni che mi erano state fatte in un precedente colloquio per un posto da mediatrice culturale. Le stesse frasi che tante altre volte ho dovuto ascoltare, presentandomi per un colloquio di lavoro in negozi e uffici privati. Inutile dire che pochi giorni fa ho verificato di non aver ottenuto quel posto da tirocinante presso il Comune.
Non saprò mai se il motivo sia stato il velo che porto, ufficialmente non mi è stato detto niente in proposito, anche se lo scetticismo di chi mi ha fatto il colloquio era più che evidente. Un’idea sulle ragioni per cui non sono stata selezionata, quindi, me la sono fatta, dopo l’interrogatorio che ho subito sul velo islamico che porto. Ora io mi domando: è questa la sorte scontata per chi, come me, vivendo a Milano, pur venendo dall’Egitto ed essendo di fede musulmana, non si sente straniera? Sono cresciuta nella vostra cultura anche se indosso il velo: quanto a lungo dovrò restare disoccupata? Dovrò rinunciare a un mio modo di sentire e di essere per poter sperare di essere considerata come tutti gli altri giovani laureati milanesi?

ecco cosa ne penso io pazienza  s perderò amici mussulmani  , ma lo  mtto in conto  èil prezzo da pagare  se di  vuole  esseri liberi  .
Carissima Sama
Tu non devi rinunciare al tuo credo, dovresti però semplicemente essere più disponibile ad accettare anche i costumi del nostro popolo.
Ritengo che avere fede, in unentità trascendente, sia un fatto esclusivamente personale ed intimo per cui ti chiedo: è così necessario esteriorizzarla ? Se non porti il velo fuori casa disattendi qualche precetto oppure è solo una convenzione di costume ? Sei laureata in scienze politiche, allora ricorri alla mediazione per risolvere la questio: presentati ai colloqui con l'abito che vuoi, oggi è di moda tutto, ma eprova    a non portare il velo , qui  da noi purtroppo ( anche se al  sud  fino a  50\60  si usa  tantissimo  e oggi le suore lo usano )  vedrai che sarai valutata per le tue capacità e, per taluni impieghi, anche per la tua presenza fisica. (vesti modelli italiani) Non vergognarti di quello che sei ma nemmeno di voler essere una italiana
Ora il mio non e' il discorso del lecito o del non lecito. Il discorso e' che come  si viene  discriminati  ,  tu  perchè (  imposto o spontaneo  ?  )  poria il velo, tanti altri ragazzi sono discriminati per altre cose, tipo orecchini vari, barba, abbigliamento, etc etc etc. Quindi non mi sembra il caso di farla tanto lunga. Se hai bisogno di lavorare metti da parte anche la religione e vdi la vita  in senso laico . 
Ma se per te la religione e' piu' importante del lavoro ed e' una cosa a cui non vuoi rinunciare, e' una scelta condivisibilee comprensibile , ma non per questo si deve dare la colpa agli altri e fare del vittimismo  o lanciare le  solite   accuse  del razzismo apriori   senza sapere  se è effettivamente ( allora  si  che ha  ragion ad essere discriminata  )  per il velo  o  perchè  i tuoi requisiti  non andavano  Del resto sei in un paese dove fino a 10 anni fa i musulmani si vedevano solo in televisione. Non si puo' certo pensare che tutte le persone siano pronte ad aver a che fare con persone che hanno usanze diverse dalle proprie.
 Auguri 

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