chi lo ha detto che i giornali gratuiti , specie quelli delle catene di supermercati (acqua & sapone , siano spazzatura o giornalacci da quattro soldi come li definisce il mio vecchio .... ehm ... mio padre ? ecco un articolo interessante , dal n di luglio 2012 di io acqua e sapone ( che spero crei commenti e discussioni non solo sulla mia bacheca di facebook ) mensile ha anche un sito online www.ioacquaesapone.it
“Spesso il male di vivere ho incontrato: era il rivo strozzato che gorgoglia, era l'incartocciarsi della foglia riarsa, era il cavallo stramazzato”. Il maestro Eugenio Montale da lassù mi scuserà se non rispetto la punteggiatura e gli a capo, se tronco una parte del suo “Male di vivere”. Ma con le poesie imparate a memoria è così: la memoria è solo tua, quel che ci metti dentro lo rubi e, come in certe antiche tradizioni legali, l’uso di anni lo fa diventar tuo. Confesso, questo del poeta delle Cinque Terre è una dei pochi stralci di poesia che mi sia rimasto incollato alla mente, uno dei pochi ricordi scolastici non sovrascritto da altri ricordi. Ripescarlo in uno scaffale dei ricordi, che riesce a restare miracolosamente al riparo dalle ingiurie del tempo, è un piacere vago ma deciso, come quando assaggi una pietanza che da anni non ti ricapitava sul palato e immediatamente ti senti riportare indietro a un passato indefinito, perché spesso è difficile associare un sapore a un momento preciso della vita. Certi gusti hanno un generico sapore di infanzia e tanto basta a spiegare perché siano così piacevoli.
è per questo che ho sempre pensato che i miei figli dovrebbero imparare poesie, filastrocche e canzoni a scuola. è una pratica che ha avuto una fortuna ondivaga nella nostra didattica. Per i nostri genitori era assolutamente normale mandare a memoria intere pagine. Già per la mia generazione era meno comune. Poi ci sono stati varie fasi di revival e altre di rifiuto. Nelle scorse settimane un politico inglese, il segretario all’istruzione Michael Gove, ha risollevato il tema, annunciando che la pratica di imparare poesie sarebbe stata rilanciata nella scuola pubblica elementare. Lo ha riportato il sito di un quotidiano inglese, il Guardian, e l’articolo ha registrato centinaia di commenti, con qualche entusiasta e centinaia di contrari, alcuni dei quali hanno “postato” commenti vicini all’ingiuria. Il sondaggio lanciato dal sito ha riportato una netta maggioranza di contrari: 58% a 42 contro l’imparare a memoria.
Perché tante reazioni violente? Sono figlie della visione iperprotettiva che nutriamo verso i nostri figli. “Costringerli” a imparare a memoria ci appare come una violenza inaccettabile, come se le teste dei nostri figli potessero essere “violate”, ficcandoci dentro a forza delle parole. “E se non ci riescono?”, ci chiediamo noi mamme terrorizzate dal fatto che i nostri pargoli possano sperimentare un qualunque fallimento o addirittura una difficoltà che possa turbarli.
C’è da dire che negli ultimi anni lo spazio della didattica è stato molto influenzato dalle neuroscienze, per cui una parte dei metodi di insegnamento sono figli di studi scientifici tesi a ottimizzare l’apprendimento, come se fosse una ginnastica per tonificare al meglio i muscoli in vista della prova costume: bisogna pompare e lucidare i neuroni, prepararli alla competizione e, siccome è una cosa faticosa, bisogna farlo con metodi efficaci e veloci. Un tipo di studio che mi ricorda il fiorire di diete che promettono di dimagrire senza sforzo.
Francamente penso che una filastrocca, una canzone o una poesia non possano essere paragonati ai chili di troppo. Mi ha colpito molto uno dei (pochi) commenti positivi lasciati dai lettori sul sito del Guardian: chi l’ha scritto ha “recitato” sulla tastiera del computer una poesia di William Blake imparata nella notte dei tempi della scuola e poi ha commentato: “L’ho imparata tra i banchi. Ed è rimasta con me tutta la vita”. Davvero bisogna chiedere a uno scienziato se è giusto imparare a memoria il testo di “Yellow submarine” o “Il cielo in una stanza”? Forse, se gli insegnanti riescono a fare in modo che i nostri figli imparino un testo per il piacere di farlo, tutto il dibattito svanirà tra una rima e l’altra. “Bene non seppi, fuori del prodigio che schiude la divina Indifferenza: era la statua nella sonnolenza del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato”. Grazie, maestro Montale.