24.4.23

Don Pozzi, il partigiano di Dio che mise in salvo gli ebrei

 stavo cercando storie    da   raccontare  anziché  riportare  i  soliti pipponi   non  basta  quando    ce ne  saranno    nella  settimana  della memoria  ed ho trovato  questa  

https://www.avvenire.it/agora/pagine/ del   11 febbraio 2023 

Il parroco di Clivio, insieme al maresciallo della Finanza Cortile e alla signora Molinari organizzarono una rete clandestina per far espatriare i perseguitati. Un libro ricorda la vicenda di eroismo
La rete da cui passavano gli ebrei a Clivio

La rete da cui passavano gli ebrei a Clivio - Archivio Comune di Clivio

Don Gilberto Pozzi

Don Gilberto Pozzi - Archivio Comune di Clivio

«Questa è una storia di finanzieri, di sacerdoti, di gente comune e di fuggiaschi. Una storia di perseguitati, di spie, di delatori, ma anche un racconto di grande solidarietà. Quell’autunno del 1943, a Clivio, accaddero molte cose: pedinamenti, rapporti segreti, arresti e scelte determinanti nell’Italia divisa in due dopo l’8 settembre ». Già l’incipit del volume di Gerardo Severino e Vincenzo GrientiIl partigiano di Dio. Don Gilberto Pozzi, lo Schindler di Clivio (San Paolo, pagine 187, euro18, 00), mette sul piatto tutti i protagonisti, i luoghi, i tempi e i pericoli della vicenda che vide una rete di benefattori (nel senso letterale del termine) mettere in salvo chi era in pericolo: migliaia di perseguitati dal nazifascismo, tra i quali moltissimi ebrei. I sacerdoti protagonisti sono tanti. Oltre alla figura eroica del parroco di Clivio, alla quale il volume è dedicato, sono ricordati anche gli altri “prevosti” della Valceresio, al confine tra Italia e Svizzera, che si spesero per il bene in tempi di male assoluto: don Gioacchino Brambilla di Viggiù e don Giovanni Bolgeri di Saltrio. «Il prete in un paese è come una scintilla, può accendere un paese. Se il prete se ne fa promotore, i buoni propositi diventano un’opera», ricorda nella prefazione l’arcivescovo di Milano Mario Delpini.

Il libro sottolinea a più riprese il contributo dei cattolici nella lotta al nazifascismo, con laici e sacerdoti, alla don Pozzi , i quali «svolsero diversi ruoli nella Resistenza. Furono fonte d’ispirazione per i giovani saliti in montagna fino a diventare essi stessi comandanti di formazioni partigiane», scrivono gli autori ricordando i casi di don Antonio Milesi nella Bergamasca, don Vittorio Bonomelli nel Bresciano, Arndt Paul Richard Lauritzen, frate di origine nordica che prese il nome di battaglia di “Paolo il Danese”, e don Domenico Orlandini, fondatore delle Fiamme Verdi reggiane. A far nascere l’Italia democratica essenziale fu poi il contributo, spesso trascurato dalla storiografia, degli Internati militari in Germania (Imi) e della cosiddetta “resistenza con le stellette” nei vari corpi armati. Don Pozzi, nato a Busto Arsizio nel 1878, era divenuto parroco della località del Varesotto nei primi del Novecento e vi restò fino alla morte, avvenuta nel 1963. Da subito si era messo a fianco della gente, soprattutto dei più poveri e delle famiglie colpite dai lutti nella Grande Guerra. Si era anche adoperato per le madri svizzere che, per colpa di politiche economiche restrittive della Confederazione, furono costrette ad abbandonare i figli minori appena al di là della frontiera, in territorio italiano. Aveva anche organizzato opere sociali ed educative, venendo così in contrasto con i socialisti e gli anarchici del luogo, molto radicati, che lo vedevano come un pericoloso concorrente nella conquista della gioventù. Dopo il 1938 don Pozzi si era apertamente schierato contro le leggi razziali, finendo nel mirino dei fascisti. E agì per seguire la sua coscienza e il Vangelo. Nel 1943 il sacerdote fu, dunque, tra i promotori della cellula di Clivio dell’organizzazione Oscar, acronimo che stava per “Opera scoutistica (aggettivo poi sostituito per prudenza con soccorso) cattolica aiuto ai rifugiati”. La rete clandestina era strettamente legata al celebre gruppo scout delle Aquile Randagie, del quale fecero parte personalità come don Giovanni Barbareschi e numerosi altri sacerdoti, nonché il “ribelle per amore” Teresio Olivelli. Il sodalizio ebbe il sostegno dell’arcivescovo di Milano Ildefonso Schuster e del vescovo di Lugano Angelo Giuseppe Jelmini. Grazie ad esso si realizzarono oltre 2mila espatri clandestini. Don Pozzi, sempre nel mirino, fini nel carcere milanese di San Vittore, dopo essere stato catturato dalla Guardia nazionale repubblicana e la sua casa perquisita dalla famigerata legione armata “Ettore Muti”. Sarebbe finito in un lager, se non fosse stato scarcerato per intercessione di Schuster.

Il maresciallo della Finanza Luigi Cortile

Il maresciallo della Finanza Luigi Cortile - Archivio Comune di Clivio

Sorte che invece non fu risparmiata al maresciallo delle Fiamme Gialle Luigi Cortile morto nel 1945 nel campo di concentramento austriaco di Mauthausen-Melk a soli 47 anni. A questa figura, che si prodigò con don Pozzi nell’aiuto agli ebrei, il colonnello Severino, direttore del Museo storico della Guardia di Finanza, ha già dedicato il libro Il buon doganiere di Clivio. Nell’opera di resistenza, infatti, si impegnarono molti dei finanzieri operanti vicino alla frontiera elvetica, terra di traffici, spesso non puliti, e “spalloni”. Protagonista degli atti di quotidiano eroismo fu anche la gente comune, rappresentata da Nellina Molinari e Giuseppina Panzica. Quest’ultima aveva messo a disposizione dei fuggitivi la sua casa di Ponte Chiasso e per questo è finita Ravensbrück, campo al quale è fortunatamente sopravvissuta. Vicenda che sempre Severino ha ricostruito in un altro volume insieme a Grienti, che è un giornalista di Tv2000 esperto di storia e collaboratore di “Avvenire”. Cortile e Mo-linari, che è morta nel 1987, lasciando una silenziosa quanto preziosa memoria, sono stati riconosciuti lo scorso anno dallo Yad Vashem come Giusti tra le nazioni. A testimoniare per loro due famiglie ebree che hanno aiutato: i Colonna e i Ghedali. Ma sono molti altri i nuclei familiari e i singoli ebrei ricordati nel volume. A scampare in Svizzera grazie a questa cellula fu anche Giorgio Sacerdoti, allora bambino, oggi presidente della Fondazione Centro di documentazione ebraica contemporanea e autore della presentazione al volume.

La signora Nellina Molinari

La signora Nellina Molinari - Archivio Comune di Clivio

Che, dopo l’8 settembre, il tempo per passare il confine fosse poco, i “contrabbandieri del bene”, come li definiscono gli autori, lo avevano capito subito. Già dal 12 settembre i tedeschi erano arrivati a Varese, avevano intensificato i presidi territoriali e imposto la legge marziale. Allora in quel fatidico giorno si creò la fila per raggiungere il territorio elvetico. Passarono 15 ufficiali, 642 tra sottufficiali e soldati, armi, cavalli e muli del 3° Reggimento Savoia Cavalleria. Passarono politici invisi al fascismo come Edoardo Clerici, del partito popolare, e Pietro Malvestiti del Movimento guelfo d’azione, ricercati in quanto firmatari del manifesto antifascista del 26 luglio. E passarono ebrei, come l’imprenditore tedesco Luigi Wolff che si era rifugiato a Varese per sfuggire alle persecuzioni hitleriane. Purtroppo, invece, poco tempo dopo, l’8 dicembre del 1943, a causa dei respingimenti attuati in Svizzera e ai controlli più intensi al confine, nei pressi di Arzo venne respinta da finanzieri “zelanti”, altra faccia di quelli eroici, la famiglia Segre. Proprio quella dell’attuale senatrice a vita Liliana, allora tredicenne, poi scampata al lager e infaticabile testimone della memoria dello sterminio. «Senza di lei – ricordano gli autori – molti giovani non avrebbero iniziato a interessarsi della Shoah e del mondo dei campi di concentramento, verso cui uomini come don Gilberto Pozzi e il maresciallo Cortile cercavano di evitare la destinazione, spesso senza ritorno, di poveri innocenti ». Testimonianze coraggiose di attenzione all’altro in quanto essere umano, al di là di ogni inutile specificazione, che libri come questo aiutano a tenere vive. © RIPRODUZIONE RISERVATA Il parroco Pozzi, il finanziere Cortile, la signora Molinari e molti altri nel 1943 si spesero, tra mille pericoli, per gli espatri clandestini in Svizzera. Un libro ricostruisce questa vicenda di umanità e resistenza al male La chiesa parrocchiale di Clivio / WikiCommons Nella foto grande: il tratto del reticolato di confine da cui passavano gli ebrei in fuga verso la Svizzera In basso, da sinistra a destra: don Gilberto Pozzi, Nellina Molinari e il maresciallo Luigi Cortile / Archivio Comune di Clivio



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